martedì 31 gennaio 2017

La produzione industriale, la produzione tessile.



La produzione industriale

Per quanto riguarda il settore della produzione <<industriale>>, l'area d'interesse più importante è quella tessile: è qui che, nel corso del se. XIV, i grandi, vecchi centri manifestano cadute e tracolli.

La produzione tessile

Nella zona che oggi possiamo identificare a grandi linee con il Belgio s'era venuta costituendo, durante il sec. XIII una rete fittissima di centri, dediti alla fabbricazione di panni di lana.
La reputazione dei tessuti di Ypres, di Douai, d'Arras, e di cento altri centri, si diffonde in tutto l'Occidente europeo. Situazione solida, affermata. Eppure, dai primi del sec. XIV è possibile trovare i primi segni di cedimento di questa produzione urbana. Ancora nei secc. XIV – XV si trova un po' dappertutto menzione dei <<classici>> panni fiamminghi, ma nell'insieme, la decadenza appare manifesta. La produzione fiorentina raggiunge le 100,000 pezze ai primi del Trecento; passa a 70,000 – 80,000 verso il 1336 – 1338, a 30,000 nel 1373 e a 19,000 nel 1383. A Brescia, l'industria della lana raggiunge il suo apice a mezzo Trecento; lo stesso può dirsi per Pisa, Venezia, Verona. Provins, la cui produzione era strettamente legata alle fortune delle fiere di Champagne, è lì per dimostrarlo insieme ad altri esempi. Nell'Artois, ad Arras e a Saint – Omer si scorgono netti segni della contrazione. 
Il caso inglese. Da poche migliaia di pezze esportate a mezzo sec. XIV, si passa a ca. 40,000 pezze durante l'ultima decade dello steso secolo; un ristagno su quest'ultimo livello durerà fin verso il 1470, e di lì ricomincerà un'ascensione continua, che porterà le esportazioni a ca. 140,000 pezze nel 1546 -1547.
Precedentemente si è parlato di tracollo delle attività tessili dei centri <<urbani>>. Gli esempi di successo, che ora potremmo presentare, sono invece di tipo essenzialmente <<rurale>>. Sui mercati di Kaliningrad e di Cracovia, tra la fine del XIV e gli inizi del XV si trovano moltissimi tessuti provenienti dalle Fiandre e dal Brabante; ma l'origine di questi panni è di piccoli villaggi a carattere essenzialmente rurale, che ora, profittando delle difficoltà dei grandi centri, si sono lanciati in quest'attività. Con successo può dirsi, se troviamo i loro prodotti, oltre che a Kaliningrad e Cracovia, in Castiglia e in Catalogna. In Francia – nella zona di Rouen, per esempio o di Coen o nel Languedoc -, come in Italia o in Spagna o in Germania, le testimonianze relative non mancano. L'Europa, sembra, gettarsi a pieno nella produzione di questo tipo di tessuti: nell' Hainaut, nella regione di Nivelles e nella zona di Cambrai e Valenciennes. Sono essenzialmente dei villaggi rurali che s'occupano di produrre tessuti di lino; solo in seguito, nel sec. XVI, anche le città si daranno a questa branca di fabbricazione ( in specie Bruxelles e Malines). Nella Germania meridionale e in Svizzera: Augusta, Ulma, Costanza, San Gallo – che fanno (soprattutto nel sec. XV) di Venezia il loro principale centro d'approvvigionamento di materia prima – s'affermano su scala internazionale nella fabbricazione e nello smercio dei tessuti di cotone.
La produzione di fustagni in Italia ha vecchie tradizioni, dal sec. XIII li ritroviamo in Egitto, nella Fancia meridionale, a Costantinopoli; nel sec. XIII, la loro presenza è attestata in Europa centrale e in Inghilterra. Questa supremazia italiana è facilmente spiegabile: il cotone è prodotto in Sicilia, in Calabria, e, inoltre, le piazze italiane (in particolare Venezia) possono procurarselo facilmente sui mercati egiziani, mediorentali e nordafricani. L'attività produttiva italiana si dispiegherà durante tutto il sec. XV, alla fine di questo le conseguenze della concorrenza della produzione della Germania meridionale cominceranno a farsi avvertire sui mercati italiani. 
Questi casi di riuscita pongono un grave problema: in qual modo spiegare come, è possibile l'affermarsi di taluni settori particolari. Vien fatto di rispondere: proprio perché le vecchie strutture sono cigolanti, proprio perché degl'imprenditori di <<stile>> vecchio non sanno adattarsi alle situazioni nuove, è possibile l'affermarsi, in seguito, di gruppi che sanno orientare la produzione verso bisogni nuovi. 
La produzione classica dei vecchi centri urbani era, in massima parte, destinata al consumo d'una clientela scelta, aristocratica. Certo i sovrani, la grande aristocrazia, che conserveranno le loro fortune, continueranno a essere consumatori di quei beni d'altissima qualità. Filippo il Bello che, in guerra contro i Fiamminghi, continua a importare, per il suo uso personale e quello della sua corte, i panni da loro prodotti, non sostituibili – sul piano della qualità – dalla produzione francese. Ma, nell'insieme, la domanda dei prodotti d'alto valore unitario si riduce progressivamente nel corso del sec. XIV, quel contrarsi di valori delle affittanze agrarie, di cui abbiamo parlato precedentemente si traduce, per i proprietari di terre, in una riduzione di acquisti di prodotti di lusso. Tutto il sistema corporativo era fondato sul criterio della qualità: da quella della materia prima ai coloranti, alla lavorazione, alla rifinitura, il lavoro, i controlli, la sorveglianza. Sarebbe stata necessaria una straordinaria rivoluzione mentale, per spingere i produttori cittadini, a cambiare, ad adattarsi. L'unica cosa che seppero fare, fu organizzare squadre punitive – composte da operai urbani – che giravano per le campagne per frantumare gli attrezzi tessili dei contadini: è quanto fecero, gli artigiani di Gand contro i loro colleghi concorrenti del contado. 
Nelle campagne, si trattava d'iniziare ex novo un'attività. Nelle campagne, i contadini avevano preparato i tessuti per il loro proprio consumo; da due scoli e più i contadini partecipavano all'industria tessile contadina filando la lana e tessendola. Ma s'era pur sempre trattato d'una fabbricazione estremamente grossolana o solo d'una parte del ciclo completo di produzione.  Ora la loro attività si porta su d'un ciclo di produzione completo, e su tessuti di più alta qualità.
Nulla è più rivelatore dell'esempio della Svevia, Boemia, Renania e Franconia, in cui la produzione di media qualità, a base essenzialmente rurale, s'ispirava al pannum pulchurum, di qualità alta. Ben più grande, è la novità su d'un altro piano. Nel passato, allorquando i contadini partecipavano alla fabbricazione urbana limitatamente alle prime fasi della produzione, era consegnata loro dal mercante imprenditore cittadino il quale, assolveva una funzione, più che <<industriale>>, <<commerciale>>. Ora il contadino – artigiano, acquista direttamente, la materia prima, la trasforma e la rivende al mercante. Tale manifattura di panni di media qualità, manifesta assai bene la rottura dell'ordine corporativo; l'affermarsi di possibilità nuove per taluni contadini, indubbiamente pochi rispetto alla massa di accedere in modo diretto non solo al mondo della produzione, ma anche a quello della distribuzione. La <<crisi>> appare ben illuminata nei suoi aspetti negativi, ma, anche, in quel ch'essa ha di positivo. Che il vecchio sistema dell'industria tessile urbana fosse in crisi, non vi è dubbio, ma, proprio approfittando della riduzione di potere delle corporazioni taluni imprenditori urbani instaurano un procedimento nuovo. L'operatore <<industriale>> del Duecento e Trecento era stato, essenzialmente un mercante:  dopo aver investito il denaro in materie prime, egli le passava a provetti artigiani che, le trasformavano in prodotto finito. L'intervento del mercante – imprenditore in queste fasi di trasformazione era pressoché nullo: egli non faceva che portare la lana dalla casa d'un artigiano che compiva le prime operazioni a quella d'un altro che compiva le successive. Ora il mercante – imprenditore comincia a riunire nella propria casa quegli stessi artigiani che compiono sotto un solo tetto, tutte le operazioni.

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