mercoledì 19 aprile 2017

Rinascimento. Presentazione

IL RINASCIMENTO

Presentazione


Cappella Sistina. Roma


Le strategie narrative che sono state utilizzate nei secoli - fin dalla metà del Quattrocento, con Ghiberti e con Leon Battista Alberti e i suoi trattati sull'architettura, la pittura, la scultura; e ancora nella seconda metà del Cinquecento con giorgio Vasari e le sue vite; con Dante, Petrarca e Boccaccio agli inizi del Trecento - prpongono una visione incentrata su un territorio denso di memorie, la penisola italiana, e su un altro che ne è potenzialmente carico, l'occidente romanizzato, l'Occidente dell'Impero. Perché quindi l'idea di <<rinascita>>, che comporta cneh quella di un periodo intermedio in cui la qualità e l'equilibrio di un'età passata sono andati perduti. 
Proprio quando in Occidente la <<rinascita>> tocca uno dei suoi momenti più alti nel XV secolo, nell'altra metà dell'antico Impero, quando il territorio e la città fondata da Costantino cadono nelle mani degli Ottomani, l'idea di un <<medioevo>>, e dunque di una nuova cultura che sostituisce la precedente, viene a identificarsi proprio con la grandiosa civiltàù di Bisanzio, che nel mito delle sue rinascite - quella giustinianea del VI secolo, quella macedona fra il IX e l'XI, e ancora quella comnena - aveva cpstruito la struttura del suo stesso sistema  di gestione del mondo a oriente. 
L'Occidente e l'idea di rinascita, sono uno strumento interpretativo del passato non semplicemente all'epoca di Petrarca o Boccaccio, o anche di Dante, nel Quattrocento o nel Cinquecento, uno schema narrativo utilizzato soprattutto a livello di storiografia politica, e che da qui passa alla storia della cultura in generale. Si parla di rinascita del IX secolo, nell'ambito della civiltà carolingia, si parla di rinascita legata alla civiltà imperiale, nell' XI secolo avanzato e all'inizio del XII; si parla ancora di rinascita, connessa alla nozione di impero, fino al tempo di Federico II, e dunque alla metà del XIII secolo. Gli storicie dell'arte le hanno chiamate <<rinascenze>>; hanno distinto le più antiche, considerate elitarie, dall'ultima intesa come allargata a ceti più vasti. Si tratta, di convenzioni, perché proprio nella teoria dell'arte cui ho fatto riferimento considera il rapporto col passato e l'innovazione che muove consapevolmente dai modelli dell'antichità romana come elementi caratterizzanti di ogni rinascita comunque rivolta a un sistema sempre più allargato di intellettuali. Dante ha piena consapevolezza dell'arte egualmente legata all'antico - ma quello di Bisanzio, di Cimabue e dell'innovazione di Giotto. I contemporanei leggono Giotto come rivoluzionario, unifica la lingua pittorica italiana operando nella Penisola da nord a sud e suggerendo un rapporto con l'antichità, con il mondo romano, che va persino a riprendere la tecnica del marmorino, della polvere di marmo mescolata al legante, e la colora per rappresentare a Padova, agli Scrovegni, le pareti in pietra degli edifici che evocano Roma. Coscienza della distanza dal Medioevo e presenza dell'idea di una rivoluzione nella proassi degli umanisti, a cominciare dal Petrarca, consapevolezza teorica della distanza del tempo medievale. Ricerca della parentela con l'antico da parte di coloro, come Ghiberti, che teorizzano la rinascita dopo ottocento anni di tempi oscuri. Si guardi a quella che poteva essere la prospettiva del racconto a Costantinopoli, conquistata dall'islam nel 1453, e si rifletta sull'altra idea che caratterizza il mondo della civiltà di Bisanzio nei territori dell'antica Russia proprio in questo periodo: in quelle terre non si percepisce alcuna frattura, si avverte una profonda continuità con la civiltà di Bisanzio, o di quello che ne rimane alla periferia dell'antico Impero. 


Firenze 

Lo schema <<Rinascimento contrapposto a Medioevo>> funziona nel XIV e nel XV secolo. Chiunque avesse visitato una qualsiasi città del Settentrione, avrebbe visitato un sistema urbano per molti versi coincidente: un enorme cattedrale dominare, dentro le mura della città, lo spazio urbano, le case, i canali, gli opifici, le strade,le piazze dense di insediamenti e di servizi fortemente caratterizzati, dai mercati alle fontane ai lavatoi. Siamo dunque sempre di fronte a un forte arricchimento, ma anche alla continuità, rispetto al sistema urbano medievale. Mercati e fiere, luoghi di incontro e di scambi, sistemi di gestione e di amministrazione, non presentano alcun genere di frattura rispetto ai periodi immediatamente precedenti della creaziome delle grandi cattedrali e delle strutture amministrative urbane del Duecento. Anche nella grandiosa esperienza architettonica del mondo gotico esistono, momenti di citazione, di ripresa dell'antico, e alcuni grandi maestri; la ripresa dalle sculture antiche è evidente, nella cattedrale di Reims, come lo è a Noumburg oppure a Freberg o anche a Chartres nei grandiosi portali dei transetti. Ma questo classicismo attorno al 1200 significa globale riorganizzazione del sapere, delle architetture, dell'insegnamento,  del rapporo tra filosofia scolastica e strutture architettate, nuove esperienze di religiosità e invenzione di immagini, riscoperta di Aristotele e einvenzione naturalistica delle forme dopo secoli di platonismo idealizzate. Così la chiave che accomuna la cività europea è costituita dalla chanson de geste e dai romazi cavallereschi, e la vita di corte si organizza proprio attorno alla chevalerie e alla poesia cortese d'amore. La grande lingua che unifica l'Occidente, che unifica l'Europa cristiana, è quella gotica: è la lingua che origina dai primi anni del XII secolo fra Saint - Denis e Chartre e poi si collega alla prima fase di Notre Dame a Pargi; è la lingua inventata dalla Corona di Francia e da Suger per unificare l'immagine stessa dell'Impero e per proporre, attraverso la nuova architettura per punti le vetrate come fonti anche simboliche di luce, l'immagine stessa della Grazia divina, la luce di Dio che penetra il mondo, simboleggiato appunto nella chiesa e nelle sue rinnovate strutture. 


San Zeno. Verona

Tutto questo ci porta ad affermare che la rinascita intesa come sistema unitario in Occidente non esiste, è il mondo gotico che unifica l'Europa, quantomeno fino ai primi decenni, e in certi casi fino alla fine, del XVI secolo. Rinascimento è un modo di raccontare il rapporto con il passato. Per Rinascimento si intendono esperienze differenti: solo in un secondo momento, quando prevarranno i modelli culturali dell'area toscoromana e in genere delle coerti italiane, esso verrà identificato in contrapposizione al non - rinascimento, al mondo gotico, appunto. Per decenni nel corso del XV secolo, questa consapevolezza resta di pochi e viene fortemente combattuta dagli artisti e dai loro committenti nelle diverse coerti d'Europa. 
Rinascimento è un racconto che comincia in età differenti nei diversi territori dell'Occidente cristiano; anche prendendo in considerazione il Rinascimento nelle coerti italiane, è evidente che esistono in esse tempi diversi di quelle rinascite; dunque nell'insieme le corti italiane e le loro culture appaiono distanti, anche se non del tutto staccate, dalle esperienze degli Stati o dalle città autonome europee. Eliminata la tesi di un Rinascimento unitario e contemporaneo, si è distino un Rinascimento settentrionale da uno meridionale, quello appunto italiano. 
Se analizziamo la concezione prospettica di Brunelleschi e quindi di Masaccio e dei suoi allievi, Filippo Lippi e il Beato Angelico, scopriamo che la loro idea di spazio è quella neoplatonica di uno spazio omogeneo, letto con una sola prospettiva mentre l'invenzione spaziale dei fiamminghi muove da una concezione diversa, aristotelica, con lo spazo viso in diverse prospettive e analizzato in modo minuto attraverso la descrizione di ogni particolare. 


Drposizione. Raffaello

Come stabilire i limiti del Rinascimento una volta convenuto che la lingua gotica domina le coerti d'Europa, da quella di Digione in Borgogna a quella di Parigi; dalla Germania alle Fiandre? L'ulteriore spiegazione del complesso fenomeno vede la riascita situarsi in singoli luoghi: una rinascita legata ad alcune capitali, una rinascita meridionale, in Italia, spesso isolata rispetto al contesto europeo, che vede il prevalere della civiltà dei fiamminghi la cui cultura, attraverso la Spagna e l'Italia da Napoli alla Sicilia, si diffonde largamente sulle rive del Mediterraneo occidentale. Il testo di Peter Burke, dopo Eugenio Garin, ne legge le componenti umanistiche in modo acuto: edizione e commento dei testi classici, ma anche riscoperta di quelli trecenteschi, da Petrarca a Boccaccio; composizioni letterarie modellate sull'antico dalla poesia alla storiografia; edizione e traduzione dei testi greci mediati dalla cultura araba. Tutto questo costituisce un capitolo rilevante della cultura umanistica, in particolare di quella quattrocentesca, e la programmazione da parte dei Medici, a Firenze e poi, come pontefici, a Roma, di una rinascita della cultura appare determinante per l'identificazione fra rinascita e l'immagine del papato. Fin dalla metà del Quattrocento, al tempo di papa Niccolò V e degli affreschi della Cappella Nicolina in Vaticano, e ancora del dialogo fra quel papa e Leon Battista Alberti incaricato di organizzare la pianta dell'antica Roma e di restaurarne gli edifici antichi, compresi quelli paleocristiani, si è stabilizzata l'idea che rapporto con il passato, siano anche e soprattutto imitazione e dunque, secondo uno dei canoni della retorica ciceroniana, anche rinnovata creazione. 
La dimensione del rinascimento nelle corti italiane, da Firenze a Ferrara, da Urbino a Rimini, da Milano a Roma a Venezia, è compressa cogliendo il rapportofra le nuove e le aniche architetture; Alberti ricorda che l'inseriiment del nuovo edificio nel contesto della città deve rispettare l'andamento delle strde medievali, che sono ricurve per spezzare il vento, e questo andamento, viario è utile anche per far scoprire progressivamente gli elementi delle nuove strutture. Alberti dunque ridisegna la Mantova dei Gonzaga utilizzando un collabooratore, Luca Fancelli; prima nella Ferrara degli Estensi, quindi nella Rimini dei Malatesta; opera con edifici di enorme significato nella Firenze di Cosimo dè Medici. La strada si lega al palazzo, oppure alla chiesa, e la dimensione delle nuove architetture anche nelle altezze è rivoluzionaria: esse svettano sempre sulla città medievale. 
Per capire come sia cambiata la concezione dello spazio della città, prima con Brunelleschi e quindi con Alberti, dobbiamo analizzare le tarsie, di scuola fiorentina oppure settentrionale; è quì che si legge questa idea di nuovo ordine degli spazi, di gerarchia delle forme, che caratterizza ormai la cultura dell'avanzato XV secolo. Rapporti proporzionali, riduzione dello spazio della città a geometrie, uso della sezione aurea: ecco alcuni dei motivi che passano dalla prigettazione architettonica alle tarsie di Giuliano da Majano e di Lenindara e alla pittura di Piero della Francesca e dei suoi seguaci. 


Giorgio Vasari

Questo Rinascimento medievale, non è solo riforma della città, riorganizzazione della città gotica in una nuova struttura dominata dal palazzo pubblico e dalla chiesa o dalle chiese, ma è anche presenza di immagini simboliche. Donatello e lo stesso Alberti teorizzano l'importanza dei monumenti, come testimonia ancora oggi la statua equestre del Gattamelata a Padova, dove Donatello opera per un decennio (1443 - 53) realizzando nella bssilica del Santo l'altare maggiore, con la sua architettura fortemente albertiana del fastigio di pietre sotto il quale si muovono, come su una scena teatrale, i diversi personaggi, le bronzee sculture che tanto insegneranno al Mantegna dell'altare di San Zeno a Verona. Rivoluzione del ritratto, desunto da modelli, realistici di età repubblicana e fatto riemergere nelle immagine auliche dei signori. Pisanello, costruisce ritratti dei committenti nelle sue medaglie, ma insieme dipinge nella migliore tradizione internazionale, come del resto Masolino, che pure, nella cappella Brancacci a Firenze, aveva dipinto a fianco di Masaccio, sullo stesso ponteggio, dividendosi col compagno le pareti della sala. 
Lo schema di lettura, quello che propone un'indagine sul nostro Rinascimento attraverso un sistema di poli, è certo produttivo, a patto però di seguire la fitta tramitazione di artefici, architetti, scultori, pittori, simile a quella degli intellettuali che si spostano da una corte all'altra, oppure si scambiano codici con preziose trascrizioni di manoscritti antichi che man mano si diffondono e pesano nella cultura occidentale. 
Anche la scrittura è prova di una complessa volontà di riorganizzare, ma anche di semplificare, la tradizione gotica precedente. Nella stampa il disegno dei caratteri riformati, in Italia riprenderà lo schema della minuscola carolina integrato, per o tituli, con le capitali romane. 
Un altro elemento significativo è il diverso utilizzo degli strumenti della memorizzazione e dal diverso funzionamento dell'officina degli artefici. Nella tradizione medievale la bottega prendeva in genere in crico un intero edificio e lo realizzava completamente; dopo avere proposto al committente un modello; dell'officina facevano parte l'architetto e gli scultori, i pittori, gli orefici e tutti gli altri tecnici della pietra, del legno, dei metalli. Nell'età rinascimentale la distinzione tra le diverse Artes, rispecchia la specializzazione crescente che caratterizza la nuova cultura. I commentatori dei testi e gli storici, i narratori delle vite degli uomini illustri, che vengoono anche dipinti dagli artisti e miniati nei codici, i naratori di storie locali, coloro che scrivono libri per l'educazione del principe, sono il più delle volte persone diverse, e tuttavia i vari temi e le varie scritture finiscono per identificare funzioni distinte che si collocano nel sistema di corte o in quello della committenza pubblica cittadina. Nell'ambito delle arti figurative, la progettazione architettonica diventa sempre più rilevante; la pittura, la tarsia, la scultura, tutto il sistema di quelle che Vasari chiamerà poi <<le arti del disegno>>, sono legate una progettazione che sempre piùdiventa importante e che prevede esecutori settoriali e, eventualmente, un autore, un singolo artista che proponga un disegno enro cui è racchiusa l'<<idea>> platonica che altri potrà eseguire. L'officina medievale si trasforma, si differenzia e si specializza, mentre la città cambia completamente volto. 
Nell'età rinascimentale, si modifcano profondamente quelle esistenti se ne ridisegnano le prospettive, i punti di vista, i luoghi funzionali. In questo la città rinascimentale italiana è un'invenzione, importante almeno come l'edizione di testi romani antichi, o come l'evocazione delle iconografie degli imperatori sulle medaglie o delle loro immagini a cavallo nei monumenti bronzei o in quelli di marmo. L'idea di una città da ridisegnare attraverso la costruzione di acquedotti e lavtoi e quindi di fontane pubbliche di una città in cui le piazze divengano luoghi della riunione davanti ai palazzi ricostruiti, di una città dove la dimensione dei percorsi deve essere ripensata in un'ottica di visione unitaria, quindi secondo una prospettiva che conveniamo oggi chiamare unicentrica, fa delle città rinscimentali italiane, o almeno di alcune loro parti, dei veri e propri spazi misurati, proporzionati, su scala umana, dove i rapporti sono immediatamente leggibili.
A Venezia Durer viene due volte e la sua arte si modifica in un rapporto con Mantegna e la sua scuola, più ancora anche con Giovanni Bellini; e Leonardo va a Venezia e introduce un modello di ricerca neoplatonica che modificherà l'esperienza di Giorgione e del giovane Tiziano; e nel 1506 si scopre a Roma il Laoconte, e Raffaello nella sua Deposizione (1507) e poi Michelngelo nella volta della Sistina (1508 - 12) cambieranno, sulla base di quel modello tardo - ellenistico, il modo di rappresentare la retorica delle posizioni: arte allora diventerà messa in scena, come appunto nella Deposizione, oppure sospesa enunciazione di rapporti plastici e simbolici, come nella volta della Sistina. Stava per emergere con sempre maggior peso l'arte di corte del papato di Roma, che porterà la rivoluzione nelle corti di Francia e dell'Impero, e anche in quelle germaniche, prima della dissoluzione determinata dalla crescita di chiese nazionali e sctenata dalle enormi spese per la costruzione della nuova basilica di San Pietro. Dissoluzione dell'unità del mondo cattolico che vuol dire rifiuto di un'arte imperiale cristiana: rifiuto costruito certamente da Martin Lutero ma anche da Erasmo; rifiuto di un sistema di racconto e di immaginiche aveva cancellato ormai, nelle corti la tradizione della chevalerie e che, in Italia era diventata raffigurazione di una Chiesa rivestita dal potere di conferire la corona imperiale. 
Il sacco di Roma (1527) determina na crisi totale di questo sistema di dominio costruito dai papi della penisola italiana; gli artisti che operavano a corte vanno ovunque, e mentre Giulio Romano, a capo della bottega di Raffaello, era già nel 1526 a Mantova a Palazzo Te, altri come Parmigianino, vanno a Parma, Rosso e Primaticcio a Fointembleu, altri ancora a Napoli e altrove. L'Europa dei grandi regni nazionali (Francia, Inghilterra), e ancora dell'Impero, si viene a confrontare con una penisola italiana i cui stati hanno una dimensione diversa, destinati rapidamente a soccombere, anche economicamente, allo strapotere degli altri sistemi. La fusione di modelli determinata, dopo il sacco di Roma, dalla diaspora degli artisti, contribuisce certamente a cercare altri riconoscimenti di corte nelle diverse capitali dell'Occidente, ma si tratterà sempre di rinascimenti elitari, senza quella riforma, anche a livello urbano, che aveva caratterizzato il felicissimo XV secolo delle corti italiane, dai Montefeltro agli Este, dai Medici ai Malatesta, dagli Sforzi alla Repubblica di Venezia, che era poi un'oligarchia illuminata. 

"Nel corso della storia dell'umanità ci sono stati tanti rinascimenti, penso che nella nostra epoca sia in atto un rinascimento molto importante, globale".

Madame Vrath


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