giovedì 28 settembre 2017

L'inquisizione in Italia. Le discussioni cristologiche e trinitarie e i concili ecumenici in Oriente

Le discussioni cristologiche e trinitarie e i concili ecumenici in Oriente



Con la svolta costntiniana i cristiani entrarono a pieno titolo nella vita pubblica organizzata e si chiuse così il periodo delle persecuzioni e della clandestinità. Le poche strutture comunitarie esistenti in Asia occidentale, Europa e Africa settentrionale si consolidarono. Nei secoli seguenti il cristianesimo si misurò al suo interno con dottrine che riguardavano soprattutto la duplice natura di Cristo, le relazioni della natura umana di Cristo, con la divinità ee la concezione di Dio come Trinità, mentre sul piano esterno sul piano esterno cominciò a espandersi, uscendo dalla ristretta area raggiuunta per i primi tre secoli. I dissidi sulle questioni di fede venivano superati con le discussioni teologiche e le definizioni dei singoli a livello locale e dei concili ecumenici a livello generale. Per lungo tempo l'imperatore continuò a convocare i concili ecumenici, ai quali partecipavano principalmente i vescovi orientali, come in quello di Costantinopoli (381). Questo Concilio definì la natura pienamente divina dello Spirito Santo, messa in dubbio da una parte minoritaria dei vescovi, i nestoriani, che tuttavia non si lasciano convincere. L'imperatore promulgò le decisioni dottrinali e disciplinari del concilio come legge imperiale mediante un editto, continuando le sue funzioni tradizionali. Anche dopo il concilio di Efeso (431) l'imperatore Teodosio II emanò una legge dello Stato che condannava i nestoriani. 
Altre volte furono le discussioni fra teologi a imprimere una svolta definitiva: alle questioni, come nel caso del pelagianesimo, una dottrina diffusa a Roma, poi in Africa e in Palestina da Pelagio, che si proponeva di promuovere una vita cristiana più profonda, come reazione al manicheismo, che squalificava l'apporto umano alla salvezza. Pelagio riteneva che l'uomo poesse evitare il peccato e raggiungere la giustificazione di fronte a Dio con le sue opere buone, sull'esempio di Cristo, del quale sminuiva però l'idea redentrice. Alle sue idee si oppose Agostino, vescovo di Ippona, che si era già opposto al manicheismo. Agostino riteneva che il peccato originale di Adamo venisse trasmesso a tutto il genere umano e che la giustificazone dell'uomo fosse puro dono di Dio, concesso secondo la gratuita predestinazione. E ci furono sinodi che intervennero a favore dell'una o dell'altra parte, prroponendo sfumature dottrinali per rispondere alle diverse esigenze. Le concezioni di Pelagio furono condannate a più riiprese da sinodi africani, papi, decreti imperiali e per ultimo dal secondo concilio d'Orange (529). 
Agostino fu figura centrale del cristianesimo per la sua posizione nei confornti dell'eresia. Egli sostenne per quasi tutta la vita che l'eretico andava convinto e convertito ma nella vecchiaia approvò l'azione violenta delle autorità civili contro i donatisti nell'Africa settentrionale, giustificandola con l'insegnamento di Gesù Cristo. Egli citò la parabola evangelica negli invitati alla grande cena, nella quale il padrone di casa, dopo il rifiuto sdegnoso dei suoi invitati dice al servo di condurre dentro <<poveri, storpi, ciechi e zoppi>> e poi, anche le persone trovate per strada. Il senso generale della parabola è che tutti gli uomini vengono salvati gratuitamente, anche i più diseredati e impreparati, mentre Agostino lo trasforma nel dovere di costringere con la forza quelli che non intendono stare nell'ortodossia. Solo nel basso medioevo al contrario ebbe una certa fortuna e fornì un fondamento biblico indiscutibile per usare la forza e la coercizione nei confronti degli eretici, tanto che le parabole <<compelle intrare>> divennero una bandiera spesso sventolata dagli inquisitori. 
Le formule adottate nei consigli ecumenici per risolvere i problemi posti dalle due nature di Cristo e dall'unicità e dalla sua persona erano poco chiare e non avviarono laa ripresa delle discussioni teologiche attraverso lettere, libri, sinodi. Un nuovo concilio venne allora riunito a Calcedonia nel 451, convocato dall'imperatore, ma presieduto per la prima volta fin dall'inizio e ufficialmente dai legati papali. Il concilio definì l'unione ipostatica delle due nature di Cristo, completando così la dottrina cristologica, dei concili precedenti e opponendo ai monofisti, che davano maggiore importanza alla natura divina di Cristo. 
Nonostante le definizioni del concilio di Calcedonia, i vescovi, monaci e fedeli monofisti, non si arresero e anzi in un sinodo tenuto ad Alessandria scomunicarono a loro volta il vescovo di Roma e i patriarchi di Costantinopoli e di Gerusalemme, tanto che si rinforzò in Oriente l'opposizione alle dottrine calcedonesi. Seguirono vari tentativi di riconciliazione, gli stessi imperatori appoggiarono ora l'una ora l'altra corrente dottrinale e neppure un altro concilio, convocato questa volta congiuntamente da impeatore e papa a Costantinopoli (553), e compposto in grandissima parte da vesovi orientali, riuscì a ottenere la riunificazione dei cristiani. Da allora i monofisti d'Egitto (copti), dell'Etiopia, della Siria (giacobiti), della Persia e dell'Armenia si costituiscono in chiese autonome su base nazionale, mentre i cristiani ortodossi in queste regioni furono chiamati malechiti, cioè imperiali. 
Esito ugualmente negativo ebbe il secondo concilio ecumenico di Costantinopoli (680-681), convocato sempre dall'imperatore, nel quale si manifestò pienamente la preminenza del vescovo di Roma in campo dottrinale, perché la dottrina delle due volontà di Cristo fu definita secondo i termini di un documento inviato appositamente al papa. L'imperatore d'Oriente continuò a imporre la supremazia in campo disciplinare, come dimostra un sinodo tenutosi nella sala imperiale della cupola a Costantinopoli, nel 691-692, in cui tra l'altro si sostenne la supremazia della Chiesa di Costantinopoli su quella di Roma. Il papa non approvò questo sinodo. 

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