LA TORTURA
LA DONNA, IL CORPO, LA STREGA
L'ideale monastico del disprezzo del mondo
Tommaso d'Acquino
Il corpo come avversario della perfezione, la condanna della fisicità in se stessa, sono frutto della interpretazione spiritualistica dei Vangeli tipica della concezione monastica. La società violenta il continuo stato di guerra e rapina, la precarietà della vita portarono molte persone di alto rango, nobili, condottieri, intellettuali e pensatori, a voltare le spalle al mondo per chiudersi nella pace meditativa dei monasteri raggiungendo così la perfezione dello spirito, impossibile ai laici.
L'ideale monastico del disprezzo della carne ebbe culmine nel X secolo, e solo dopo il Mille la Chiesa, per allargare e diffondere la portata del messaggio cristiano, iniziò ad accettare parzialmente la corporeità dell'uomo, senza però considerarla nei suoi complessi rapporti con la natura, quindi con la parte animale dell'uomo stesso, che dovrebbe essere solo spirito per avvicinarsi al soprannaturale.
Inizia in questo periodo l'emarginazione della donna come essere che, alla natura è misteriosamente e profondamente legato. La natura viene vista come nemica della perfezione, un prodotto teso a ingannare l'uomo tramite i sensi. La mente razionale riesce a controllare gli impulsi della carne, ma non quando subentra il sonno. Durante la notte, Satana sii fa forza della mancanza di controllo e produce fantasie morbose, sogni, polluzioni notturne.
Il monaco Cassiano, vissuto nel V secolo, nella XXII dissertazione delle Colationes parla dei movimenti involontari della carne come di una sconfitta personale, la perfezione per un monaco, è il controllo totale e la soppressioni di quelle funzioni naturali che non sono indispensabili a mantenere in vita il corpo: <<Si deve far si che certi pensieri dell'anima e le passioni della carne siano repressi>>.
La concezione di ciò che attiene alla sfera genitale come di qualcosa di sporco raggiunge la sua massima teorizzazione nell'opera di Oddone di Cluny: <<Quanto orrore avesse nellle brutture della carne possiamo comprenderlo dal fatto che subiva con grande rammarico le illusioni notturne. Ogni volta che nel sonno era sorpreso da questa disgrazia del genere umano, un servo che dormiva vicino a lui gli portava in luogo adatto la biancheria sempre pronta perché si cambiasse. Mentre il servo entrava, non voleva essere visto nudo, e quello chiudeva subito la porta e se ne andava. Il santo dunque, non ttollerava che il suo corpo fosse sporcato, al punto che l'unica macchia che lo segnava nel sonno egli la lavava con l'acqua e soprattutto oon le lacrime. Questo suo comportamento sembrava insensato, ma soltanto a coloro la cui mente era offuscata dai vizi.
Vito Fumagalli: <<Il racconto di Oddone rivela l'errore per tutto ciò che è prodotto dai movimenti sessuali. La tensione spiritualistica dell'ideale monastico e, sull'altra sponda, una società la cui esistenza era segnata da rozza fisicità, spiegano un atteggiamento di repressione severa nei confronti del sesso, verso qualsiasi intenso piacere del corpo. La carne è troppo viva e prepotente, offusca lo spirito, ipedisce, con i suoi scatti improvvisi, la vita spirituale dell'uomo: quindi va repressa, domata, purificata. Geraldo vedeva crescere il suo spirito e assottigliarsi il corpo. Questo era per Oddone uno spesso involucro dell'anima, prigioniera come il feto lo è del grembo materno. E il suo conte assisteva con gli anni alla fine progressiva del corpo, vinto dallo spirto. La carne, si faceva sempre più sola: nessuna comprensione o giustificazione, nessuna possibilità di correggersi o sublimarsi senza annullare se stessa>>.
Jacopone da Todi mostra, una morbosità che è decisamente al di fuori dello spirito francescano, che vedeva il mondo naturale buono e bello, essendo il prodotto, la creatura di un dio d'amore: <<Dove sono gli occhi ora purificati? Si sono gettati fuori dal loro luogo. I vermi li hanno mangiati. Ho perso gli occhi con i quali peccavo, camminando per la strada, nel guardare la gente, nel far segni a essa. Il corpo ha divorato l'alma e brucia! Dov'è ora il tuo naso che ti serviva per odorare? Quale ferita l'ha fatto cadere? Non ti sei potuto salvare dai vermi: la tua supperbia si è molto abbassata. Questo mio naso che avevo per odorare è caduto con molto fetore... è caduta la carne, sono rimaste le ossa... ora guardami, o uomo che vivi; mentre sei nel mondo non essere folle; pensa pazzo, che presto sarai in grande dolore>>.
Per tutto il Medioevo il problema della regolamentazione in termini di tempo, durata, quantità di rapporti sessuali ha avuto una grande importanza. Ai periodi citati da Agostino vanno aggiunti la Quaresima, venti giorni prima di Natale e Pentecoste, durante le mestruazioni e le gravidanze, i puerperi e l'allattamento.
Il consiglio che Gregorio di Tours, dà ai mariti: <<E' già abbastanza se indulgete nel vostro piacere negli altri giorni, lasciate intatto questo giorno (la domenica) per la lode a Dio, altrimenti vi nasceranno figli storpi o epilettici o malati di lebbra>>.
Chi non si sottopone a queste regole incorre nelle penitenze ecclesiastiche; grande diffusione ebbero i libri penitenziali di Burcardo di Worms o di Teodoro vescovo di Canterbury. In questi testi le penitenze per un rapporto orale sono di sette anni, per un rapporto anale quindici anni, per un assassinio premeditato sette anni.
La lezionne di Agostinoo è ripresa dai teologi della prima Scolastica, i quali pensano che lo scopo del matrimonio, non sia la procreazione, quanto evitare la fornicazione e l'adulterio. Le persone sposate sono malate: <<La malattia consiste in ciò, che non riescono ad astenersi dal rapporto sessuale>>.
Nel caso in cui un uomo desideri l'unione la donna deve acconsentire a qualunque costo, purché il marito non pecchi, mentre se è la donna a chiedere l'espletamento del dovere coniugale, Oddone, cancelliere dell'università di Parigi, sostiene che il marito non la deve soddisfare ma bastonare.
In un matrimonio cristiano è indispensabile il controllo del corpo: Guglielmo di Auxerre sostiene che <<se un uomo giusto ha rapporti con la propria moglie e il piacere che quindi si produce in lui in nessun modo gli piace, allora questo rapporto è senza peccato>>.
Mentre Piero Cantatore (XII secolo) insegna: <<rifletti sul fatto che la donna più bella ha avuto origine da una goccia di seme maleodorante, poi pensa al punto centrale, come essa sia un recipiente pieno di sconcezza, e la sua fine, quando sarà un pasto per i vermi>>.
Secondo Alberto Magno un piacere continuo e frequente induce alla precoce vecchiaia e alla morte: <<I cani amano gli odori forti e corrono dietro ai cadaveri, e il corpo di un uomo che a molti rapporti si avvicina allo stato di cadavere per l'abbondante seme guastato>>.
Tommaso d'Acquino ha saputo fondere il disprezzo per la donna che deriva da Agostino alle tesi di Aristotele che sancisce l'inferiorità della femmina, destinata unicamente alla procreazione. Le donne devono essere sempre subordinate all'uomo, che non è solo marito ma gubernator. Quelle però che <<fanno voto di verginità o di vedovanza, e sono così spose di Cristo, vengono innalzate alla dignità degli uomini, per cui vengono liberate dalla subordinanza degli uomini e vengono unite direttamente a Cristo, già Aristotele nell'Ethica Nicomachea, sosteneva che il piacere sessuale impedisce l'attività mentale, Tommaso nella Summa Theologiae riprende il maestro, sostenendo che <<il piacere sessuale frena del tutto l'uso della ragione>>.
Il fatto che l'attività erotica porta a una ulteriore preferenza per la vita celibataria, la quale, porta anche una ragione più libera. Il matrimonio è il luogo di trasmissione del peccato originale, portato dal piacere.
L'avversione alla sessualità diviene necessariamente avversione nei confronti delle donne: esse sono non solo il ricettacolo del seme maschile, ma uomini mancati.
L'opera di Tommaso riprende il tema delle posizioni sessuali lecite e illecite, il problema dell'adulterio, la contraccezione, dell'incontinenza. Il bersaglio principale è e rimane il piacere.
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