L'INQUISIZIONE IN ITALIA
I dissidennti nella cristianità occidentale
durante il secolo XI
Alcuni sporadici e limitati casi di dissenso religioso nella cristianità occidentale si manifestarono nella prima metà del secolo XI soprattutto in Francia, ma anche in Italia e Germania, secondo le laconiche e non sempre attendibili fonti a disposizione, tutte cronache scritte da ecclesiastici. Si trattò sempre di individui e gruppi isolati, senza nessun contatto tra loro, e con una permanenza molto breve, compresa la ventina d'anni della pataria milanese, che coprì il periodo più esteso.
Le prime contestazioni dottrinali
Le esperienze religiose e le rivendicazioni dottrinali e pratiche furono le più disparate: Leutardo di Vertus nella Champagne verso il 1000 spezzò il crocifisso: leggeva e commentava la Bibbia, predicava contro l'obbligo di dare le decime al clero. Gli eretici dualisti di Acquitania verso il 1018 <<negavano il battesimo, la croce e tutta la santa dottrina: con l'intenzione di mostrarsi come monaci si astenevano dal cibo e simulavano la castità, ma fra loro esercitavano ogni lussuriaed erano messaggeri dell'anticristo, e fecero deviare molti dalla retta fede>>. Alcuni canonici d'Orléans nel 1022 negarono la Trinità, l'incarnazione di Cristo, la maternità divina di Maria, rifiutarono tutti i sacramenti e probabilmente i cibi di carne. Ad Arras nel 1025 alcuni predicatori eretici, negavano l'utilità dei sacramenti, accettavano solo il vangelo, ritenevano di essere salvi non per grazia di Cristo ma per i meriti delle proprie azioni, si proponevano di evitare la concupiscenza e di sostenersi con il proprio lavoro. I dissidenti di Chalons-sur-Marne fra il 1406 e il 1408 rifiutarono il matrimonio, i cibi di carne, l'uccisione di qualsiasi animale, e ritenevano di poter conferire lo Spririto Santo attraverso l'imposizione delle mani. Ci fù anche un acomunità interamente eretica, dalla contessa ai contadini, a Monforte in Piemonte, dove verso il 1028 i dissidenti leggevano la Bibbia interpretandola spiritualmente, pregavano giorno e notte e la loro morale tendeva al distacco dalla materia in vari modi, comprese la ricerca di una morte violenta, da vivere come martirio.
Nel passato gli storici interpretarono alcuni di questi elementi come segni anticipaori delle dottrine dualistiche catare.
Il movimento patarino
Una collocazione a parte merita la pataria un movimento riformatore a base popolare sorto in confronto col clero concubinario e simoniaco, iniziato dal diacono Arialdo e dal nobile Erlembaldo e in pieno svolgimento dal 1056 al 1075 circa soprattutto a Milano in Lombardia. All'inizio il movimento era perfettamente inserito nell'ortodossia e anzi i patarini appoggiavano e realizzavano a modo loro la riforma della Chiesa e del clero che sostenevano i pontefici per combattere la compravendita dei benefici ecclesiastici: osteggiavano in vari modi il clero ritenuto corrotto, boicottanado liturgia e sacramenti e istruivano veri e propri processi fatti da laici nei confronti di preti ritenuti indegni. Il movimento nacque a Milano, si diffuse in altre città dell'Italia settentrionale, e non si fermò neppure di fronte a diversi tentativi fatti da speciali legati papali inviati a mediare tra patarini e clero per ripristinare l'ordine. Il rigorismo patarino si rivelò incompatibile con le esigenze del governo ecclesiastico. Il movimento si sfaldò dopo vent'anni di operosità e solamente una minoranza intransigente ne continuò gli ideali.
La cultura ecclesiastica di fronte ai dissidenti
Le cronache e le lettere che parlano dei dissidenti sono in genere fonti profondamente distorte perché gli ecclesiastici che le compilarono erano interessati a mostrare il pericolo corso dall'ortodossia e dal buon ordine sociale, piuttosto che a comprendere dall'interno quelle esperienze religiose diverse e le loro motivazioni più profonde. Vilgardo di Ravenna verso il 1000 predicava <<molte cose contrarie alla fede>>, e degli eretici di Goslar, dei quali si ricorda semplicemente che nel 1051 disobbedirono a un vescovo che aveva ordinato loro di uccidere un pollo. Altre volte vengono attribuite ai dissidenti dottrine che gli storici ritengono inverosimili: gli eretici di Acquitania sono definiti manichei e così pure quelli di Chalons-sur-Marne; i patarini vengono definiti donatisti. Queste affermazioni teologiche storicamente inesatte dipendono dalla mentalità degli ecclesiastici medievali, secondo la quale i nuovi errori si dovevano spiegare in base agli antichi, non erano altro che il risorgere delle antiche eresie e l'identificazione con una di queste serviva a rafforzare il peso della condanna.
Linee comuni e senso profondo degli episodi di dissenso
Gli autori dei testi che ci tramandano le poche e frammentarie notizie sui dissidenti erano così legati all'ortodossia, e ovviamente, lontani dalle aspettative ed esigenze dello storico di oggi; da dare l'idea che le nuove esperienze religiose fossero solo opposizione e negazione di quelle tradizionali. E'invece possibile non solo individuare in quanta congerie di gruppi eterodossi con dottrine e sviluppi pratici diversi, alcune linee generali che li inquadrino nella cristianità occidentale, ma anche capire indirettamente il senso profondo e i valori positivi delle nuove esperienze. Nella crisi che coinvolgeva la Chiesa e le suee strutture, all'interno delle quali la pratica religiosa era più esteriore che interiore, questi tentativi spesso disarticolati riguardavano i problemi legati alla salvezza individuale. Il preesistente modello statico della società, basato sulla distinzione tra oratores, bellatores e laboratores (oranti, guerrieri e lavoratori), non soddisfaceva più soprattutto i comuni fedeli, che cominciavano a partecipare più attivamente alla vita politica delle città. Questo evangelismo spontaneo, abbastanza diffusom rivelava e produceva a sua volta <<un rapporto diretto e individuale con Dio, interiorizzato e purificato da una scelta squisitamente spiritualistica, diffidente o contraria a tuto ciò che è materialità e carnalità>>.
I trattamenti riservati ai dissidenti
I dissidenti vennero accusati di negare la vera fede che stava a fondamento della cristianità occidentale, anche quando essi non ne avevano coscienza dottrinale e pensavano di mettere semplicemente in pratica la lettera del Vangelo. Vennero qualificati in alcuni casi come persone deidite ai vizi più turpi e a nefandi delitti, come se fossero i nemici più temibili della società. Queste idee religiose diverse attrassero un certo numero di seguaci, anche se mai in quantità notevoli. Gli atteggiamenti nei loro confronti della stragrande maggioranza dei fedeli, rimasti invece rispettosi delle gerarchie furono vari e oscillarono da tentativi di conersione alla eliminazione violenta. Leutardo fu sottoposto dal vescovo a un contraddittorio, venne abbandonato dai suoi seguaci e si gettò in un pozzo. I canonici di Orléans, furono arrestati dal duca di Normandia e dal re di Francia, portati di fronte a un gruppo di vescovi e signori locali per un confronto, scomunicati e degradati perché coerenti con le proprie idee, infine bruciati vivi. I predicatori analfabeti di Arras furono arrestati dal vescovo e condotti davanti a un sinodo diocesano, persuasi del loro errore e lasciati liberi dopo una professione di fede ortodossa, mentre al contrario gli eretici di Goslar furono fatti impiccare dall'imperatore. Nel corso dei canonici di Orléans si può osservare molto bene, come il loro processo per eresia entrasse nel gioco di potere che da tempo opponeva il re Roberto il Pio al conte Eudone di Blois, alleato del duca di Normandia per il controllo, tra l'altro dell'episcopato di Orléans. Il re vi aveva nominato un proprio candidato, ma il conte Eudone con il processo contro i canonici obbedienti al nuovo vescovo, riuscì a farlo deporre e a sostituirlo col suo candidato.
Le autorità ecclesiastiche avevano spesso dei dubbi sull'opportunità di condannare a morte gli eretici, come il vescovo di Chalons-sur-Marne, che chiese consiglio a Vasone, vescovo di Liegi. Quest'ultimo rispose in modo tollerante, invitandolo a sperare nella conversione dei devianti e ricordando che <<per errore e per furore erano stati uccisi talvolta molti cattolici>>. Un'analoga esitazione di un vescovo nei confronti della condanna a morte ci fu anche nel caso della comunità di Monforte: i vassalli del vescovo di Milano forzarono invece la situazione, e imposero ai dissidenti già arrestati la scelta tra la croce e il rogo. La maggior parte preferì il rogo. Per controllare il movimento patarino, venne ucciso il nobile Erlembaldo, personalità in vista, ma in generale le autorità ecclesiastiche non ricorsero alla soppressione violenta.
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