giovedì 29 marzo 2018
Machiavelli & Cesare torture Savanarola | Borgia 2x04
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La tortura. Modalità, statuto giuridico, applicabilità
LA TORTURA
MODALITA'. STATUTO GIURIDICO, APPLICABILITA'
<<La tortura è quell'insieme di procedimenti tesi a forzare, con ogni tipo di coercizione fisica o morale, la contraria volontà di un imputato o di altro soggetto processuale, così da consenntire al giudice, attraverso la confessione o la deposizione, estorte in tal modo, di giungere all'accertamento della verità>>. La tortura era praticata sia nel mondo greco sia in quello romano, come si è detto, e risorge a partire dl secolo XIII sia nelle leggi dei grandi Stati nazionali, come la Sicilia di Federico II, la Francia di Luigi IX e la Castiglia di Alfonso X, sia nelle norme di quasi tutti i comuni italiani.
E' presente nelle Decretali della Chiesa: nonostante fosse stato osteggiato per un millennio, l'istituto della tortura viene accettato, anche se con ambiguità e ripensamenti, già nell'opera di Graziano che, dopo aver enunciato, sulla base di una decretale pseudoisidoriana il principio generale <<quod...confessio crociatibus extorquenda non sit>> ammette la tortura degli accustori di un vescovo, dei testimoni di bassa condizione e degli schiavi.
Con il sorgere dei movimenti ereticali dei Catari e degli Albigesi la Chiesa rompe la tradizione di tolleranza che aveva caratterizzato il periodo precedente e inizia ad adottare la tortura nei processi contro le eresie.
Ad extirpanda (1252) di Innocenzo IV, con la quale si stabilisce che i sospettati di eresia devono essere sottoposti a tortura, per opera di magistrati civili. Il passo successivo consiste nell'introduzione nei tribunali stessi dell'Inquisizione, le cui procedure in questo genere di cause sono definitvamente fissate e canonizzate nella decretale di Clemente V Multorum querela.
La tortura viene applicata normalmente nei delitti più gravi, e le regole che informano le singole legislazioni nello stabilire le cause criminali che ammettono il ricorso alla tortura, le modalità e la misura di questa, variano da luogo a luogo a seconda del momento storico. La tortura viene usata acnhe in cause civili o pecuniarie, come ad esempio il fallimento o l'usura.
Il fondamento dei presupposti legali della tortura è nel principio del diritto romano, secondo il quale non si deve incominciare il processo con i tormenti, per cui la torturabilità dell'imputato dipende da un lato dall'accertata esistenza della commissione del delitto, e dall'altro dall'incertezza sulla colpevolezza della persona.
Nel processo d'inquisizione come si è strutturato in Italia, e come si evince dalla lettura della manualistica sull'argomento, l'imputato può essere sottoposto a tortura solo dopo un procedimento preliminare composto da diverse fasi: raccolta degli indizi e delle testimonianze a carico del sospettato, interrogatorio, riesame dei testi, pubblicazione dei verbali che raccoglievano gli indizi, fissazione di un termine entro il quale comparire per discolparsi. Nel caso in cui l'imputato non riesce a <<purgare>>gli indizi, il giudice può ordinare la tortura. Al giudice spetta l'interrogatorio dell'imputato e con lui assistono alla tortura il cancelliere, che redige il verbale, e diversi medici fiscali. L'esecuzione manuale della tortura è affidata a un carnefice di prefessione. Le specie di tormenti vengono graduate a seconda della gravità dell'accusa, della condizione dei soggetti, della loro resistenza, della quantità degli indizi.
La confessione estorta con la tortura però deve essere ratificata <<in piano>>, dopo un certo lasso di tempo, solitamente ventiquattr'ore, in un luogo lontano dai tormenti; solo la ratificazione ha l'effetto giuridico di far considerare spontanea la confessione precedente, mentre la revoca non prova nulla, e serve unicamente come occasione per ripetere la tortura. Se anche nelle successive ripetizioni il torturato, rifiuta di ratificare, deve essere assolto per insufficienza di prove, mentre colui che, resistendo ai tormenti, persiste a negare ogni attribuzione, si guadagna l'assoluzione piena. L'applicazione di queste norme non è er niente rigorosa, come spesso rimangono vane raccomandazioni quelle dei giuristi che prescrivono che il reo debba soffrire il meno possibile. Si sarebbe dovuto tenere digiuno il soggeto, prima della tortura, per un minimo di cinque-sei ore, sottoporvelo al mattino presto e per un periodo di tempo limitato.
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domenica 25 marzo 2018
La tortura. Lo spettacolo della tortura
LA TORTURA
LO SPETTACOLO DELLA TORTURA
Nel Seicento e Settecento la tortura giudiziaria è diventata una parte fondamentale del processo, è stata codificata e, ritualizzata. Nelle principali città europee, si possono vedere agli angoli delle strade le funi lasciate in mostra: servono per la pena della corda, che solitamente viene data pubblicamente. Già da tempo i roghi, le impiccagioni, le esecuzioni spettacolari sono un fenomeno riscontrabile in ogni città, poiché sono ritenute una visione edificante e un ottimo deterrente al delinquere. Ma accanto a queste macabre rappresentazioni, alla quali spesso i popolani portano i figli, la tortura continua a farla da padrona nelle segrete delle carceri. Accusato, carnefice, medici, inquisitori, giudici eccetera sono personaggi del teatro del dolore, ognuno con una parte fissa, un copione da rispettare. Tra questi personaggi spicca la figura del giudice, che deve essere super partes, ma deve avere anche un notevole stomaco per assistere alle torture senza coinvolgimento emotivo. E' difficile per noi comprendere come sia possibile assistere allo spettacolo terrificante dell'altrui sofferenza senza farsi prendere dalla pietà, o dall'orrore, fosse anche dallo schifo. Nelle torture pubbliche e nelle esecuzioni di piazza pare che l'orrore sia quasi necessario, cercato.
Nei primi anni del Settecento, Padre Labat, Provveditore del Sant'Uffizio, annota nel suo diario che lo svolgimento di una seduta di tortura giudiziaria, che avviene nelle carceri pontificie di Civitavecchia, alla presenza di un pubblico numeroso.
Come prima cosa i medici e i chirurghi devono visitare l'imputato per accertare <<che non vi siano rotture, lacerazioni o qualche disposizione ad averne>>.
La visita medica avviene in una stanzetta posta accanto alla camera di tortura, e serve sì ad accertare le condiizioni fisiche dell'imputato, ma anche come studio degli effetti fisici e fisiologici della tortura sul corpo umano.
Una volta stabilita l'idoneità alla sopportazione dei tormenti l'imputato viene portato nella stanza della tortura e lì viene lasciato solo: si tratta della territio, una sorta di intiimidazione prodotta dalla visione degli strumenti di tortura, che spesso induce alla confessione spontanea senza bisogno di essere sottoposti ai supplizi.
Dopo la territio, se non si è ottenuta una confessione spontanea, entrano il giudice, gl assessori, il cancelliere, i medici e chirurghi. A questo punto l'imputato viene interrogato: non riuscirà a evitare i tormenti, poiché sarebbe comunque torturato anche in caso di piena confessione <<cosa che le leggi ordinano per essere più sicure della verità>>.
Alla fine dell'interrogatorio l'imputato viene spogliato degli abiti e lasciato con le sole braghe di fronte ai suoi torturatori. Il carnefice come prima cosa cerca di rilassargli le articolazioni delle spalle perché rimangano intatte anche dopo la torsione delle braccia all'indietro. Poco al di sopra dei polsi vengono strette le corde che verranno poi passate attraverso una carrucola fissata al soffitto. Il carnefice solleva il condannato fino a un'altezza stabiilita di volta in volta e molto lentamente lo lascia andare, mentre i suoi collaboratori fissano l'estremità della corda al muro. <<E allora>>, scrive Labat, <<il criminale sente dolori che è impossibile esprimere perché il peso del suo corpo fa slogare le spalle e rovesciare le braccia al di sopra della testa in un modo infinitamente doloroso>>.
Se, l'imputato sviene, gli si bagna la faccia. Il tormento della corda può durare anche un'ora, ma viene interrotto se, a giudizio dedi medici, l'imputato non può più sopportarlo. Il prigioniero viene adagiato su un letto e fatto riposare. Se non ha confessato, la tortura viene ripetuta il giorno dopo.
Ma vi sono altri metodi per rendere pubblico lo spettacolo della tortura. Si tratta di quei supplizi erroneamente definiti minori, che sono lesivi soprattutto della dignità della persona più che del suo fisico. La gogna: veniva comminata per reati minori, ad esempio le frodi alimentari, il porto d'armi senza licenza, l'accattonaggio, il meretricio nei pressi delle chiese, lo sporcare la pubblica piazza, il tentativo di corruzione dei pubblici ufficiali, il turbamento della quiete pubblica, la rissa, la falsa testimonianza eccetera.
Il condannatoo veniva imprigionato con le mani e i piedi in due tavole di legno che avevano appositi fiori, e veniva lasciato al ludibrio del popolino. La stessa cosa avveniva alle donne litigiose , a coloro che mentivano al marito o che rubavano dalla dispensa: venivano imprigionate in maschere d'infamia e in una piccola gogna portatile chiamata il violone delle comari.
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La Tortura. La tortura nel Medioevo. La tortura nel basso Medioevo
LA TORTURA
LA TORTURA NEL MEDIOEVO
La tortura nel basso Medioevo
Tra il XII e il XIII secolo si assiste a un fenomeno che è stato definito dagli studiosi <<rinascimento giudiziario>>, che avviene con il decadimento della società feudale. Decade il sistema delle ordalie, minato dalla crescente autorità imperiale o regia, e dagli studi di giurisprudenza delle prime università che recuperarono il diritto romano, e avversate dalla Chiesa che, nel IV Concilio Laterano (1218), le condannò aspramente, mettendole al bando.
La giustizia non è più amministrata dai signori feudali, ma diviene cosa pubblica, lo stato riprende in mano l'amministrazione della giustizia e <<riscopre>> lo statuto della tortura, grazie alla rinascita degli studi di diritto romano. L'unicersità di Bologna e altre minori cercarono un nuovo diritto penale e un nuovo diritto processuale, che venne ben presto assimilato in tutta Europa. La base era il diritto giustinianeo, che piire ammetteva, seppure in maniera minore del diritto <<laico>>, l'uso della tortura.
Nel suo primo millennio la Chiesa osteggiò la tortura. Si limitò a consigliare ai singoli la clemenza, e la considerò un male necessario per raggiungere la verità. Questa visione moderata cambiò radicalmente quando si affacciarono alla storia le prime grandi eresie, e nel caso di processi a maghi e streghe.
Bernardo da Pavia scrive nel 1191 il Breviario e nel 1234 Gregorio IX compila le Decretali: ciò che accomuna questi testi è sia il fatto che ambedue pprevedono l'uso della tortura, sia che questi scritti siano stati la base per molte rielaborazioni, che ebbero come tema portante l'uso della tortura.
In questi testi la legislazione canonica è ancora molto legata al diritto romano, mentre la grande svolta si avrà con la messa a punto di strumenti di lotta all'eresia, che culminano con l'istituzione dell'Inquisizione dell'eretica pravità.
Per quanto riguarda invece il giudizio comune, non si trovano che sporadici accenni all'uso della tortura fino al Duecento. Nel nostro paese mancavano una unità politica,e, di conseguenza una legislativa, e si assiste a una commistione e a una sopravvivenza contemporaneamente dello statuto della tortura e dell'ordalia.
La prima fonte che parla di tortura in modo certo e netto è il Liber iuris civilis urbis, Veronae, del 1228. In questo scritto, è detto che il podestà deve ricorrere a tormenti per ricercare la verità nelle questioni controverse e difficili da risolvere.
Nel 1231 Federico II di Svevia promulga le Constitutiones Augustales, valide per il regno di Sicilia, che prevedono l'uso della tortura per persone libere di bassa condizione sociale accusate di omicidio.
La tortura, viene ripescata dal diritto romano e sottoposta a norme giuridiche più precise, riguardanti le condizioni per la tortura dei testimoni, per la ropetizione dei tormenti, il potere della varie figure pubbliche (podestà, capitani del popolo, eccetera), le pene comminate a coloro che sono trovati a torturare illegalmente, gli effetti giurdidici della tortura eccetera.
Nel Duecento il sistema della tortura trova un suo equilibrio e una stabilità senza precedenti: prima di qesto secolo i vari giuristi che ne avevano trattato se ne erano occupati come di sfuggita. nell'ambito di ben più vaste argomentazioni, mentre cominciano a comparire studi monografici su singoli rami del diritto.
Verso la fine del Duecento compare per la prima volta una trattazione accurata dei principi del diritto penale, e in particolare dello statuto della tortura, un trattato, sena titolo, conosciuto comunemente come Ttractatus de tormentis.
Il testo è stato scritto probabilmente a Bologna, tra il 1263 e il 1286. Inizia con i criteri che devono guidare il giudice nel comminare la tortura, il primo dei quali è un richiamo alla pietà. Seguono poi altri punti: il concetto della tortura, i soggetti passivi, il grado dei tormenti, la successione di più soggetti, i casi in cui deve venire applicata, i presupposti, gli effetti giuridici.
Tra il 1489 e il 1597 fu stampato in un centinaio di edizioni, ed entrò a fare parte del Tractatus de maleficiis di Alberto Gandino da Crema. Nel tempo seguirono i commenti e le glosse di molti pregevoli giuristi, tra i quali spicca Bartolo di Sassoferrato (1314-57).
All'alba del Trecento si profila una prima notevole spaccatura tra l'Italia del centro-nord e del Sud: nel Meridione di formò una legislazione abbastanza unitaria, che prese avvio dal testo di federico II e che si consolidò nei capitoli e nei decreti dei sovrani angioini, da Carlo I a Carlo II, a Roberto, poi nelle prammatiche dei vicerè spagnoli. Al Nord invece restarono in vigore, gli statuti comunali, che furono poi inglobati nelle varie signorie e si fusero con i vari codici promulgati dai sovrani, quali ad esempio quelli degli Stati sabaudi ed estensi.
Su tutti questi scritti vi è l'ombra di Bartolo, che trattò la tortura in molti suoi scritti, e in particolare nei commentari In digestum novum. Dal Trecento al Settecento Bartolo resta un punto di riferimento fondamentale. Antonio Canaro, ravennate, nel 1433-34 scrisse De quaestionibus et tormentis, una sistematica esposizione di tutto ciò che attiene alla tortura nel diritto romano e nel successivo. Francesco Bruni di San Severino Marche scrisse, nel 1493 il De indiciis et tortura, approfondendo sia il concetto di indizio, sia il modo per appurare la verità tramite i tormenti. Paolo Grillando di Castiglion Fiorentino scrisse il De queastionibus et tortura nel 1536.
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