LA TORTURA
LA TORTURA NEL MEDIOEVO
La tortura nel basso Medioevo
Tra il XII e il XIII secolo si assiste a un fenomeno che è stato definito dagli studiosi <<rinascimento giudiziario>>, che avviene con il decadimento della società feudale. Decade il sistema delle ordalie, minato dalla crescente autorità imperiale o regia, e dagli studi di giurisprudenza delle prime università che recuperarono il diritto romano, e avversate dalla Chiesa che, nel IV Concilio Laterano (1218), le condannò aspramente, mettendole al bando.
La giustizia non è più amministrata dai signori feudali, ma diviene cosa pubblica, lo stato riprende in mano l'amministrazione della giustizia e <<riscopre>> lo statuto della tortura, grazie alla rinascita degli studi di diritto romano. L'unicersità di Bologna e altre minori cercarono un nuovo diritto penale e un nuovo diritto processuale, che venne ben presto assimilato in tutta Europa. La base era il diritto giustinianeo, che piire ammetteva, seppure in maniera minore del diritto <<laico>>, l'uso della tortura.
Nel suo primo millennio la Chiesa osteggiò la tortura. Si limitò a consigliare ai singoli la clemenza, e la considerò un male necessario per raggiungere la verità. Questa visione moderata cambiò radicalmente quando si affacciarono alla storia le prime grandi eresie, e nel caso di processi a maghi e streghe.
Bernardo da Pavia scrive nel 1191 il Breviario e nel 1234 Gregorio IX compila le Decretali: ciò che accomuna questi testi è sia il fatto che ambedue pprevedono l'uso della tortura, sia che questi scritti siano stati la base per molte rielaborazioni, che ebbero come tema portante l'uso della tortura.
In questi testi la legislazione canonica è ancora molto legata al diritto romano, mentre la grande svolta si avrà con la messa a punto di strumenti di lotta all'eresia, che culminano con l'istituzione dell'Inquisizione dell'eretica pravità.
Per quanto riguarda invece il giudizio comune, non si trovano che sporadici accenni all'uso della tortura fino al Duecento. Nel nostro paese mancavano una unità politica,e, di conseguenza una legislativa, e si assiste a una commistione e a una sopravvivenza contemporaneamente dello statuto della tortura e dell'ordalia.
La prima fonte che parla di tortura in modo certo e netto è il Liber iuris civilis urbis, Veronae, del 1228. In questo scritto, è detto che il podestà deve ricorrere a tormenti per ricercare la verità nelle questioni controverse e difficili da risolvere.
Nel 1231 Federico II di Svevia promulga le Constitutiones Augustales, valide per il regno di Sicilia, che prevedono l'uso della tortura per persone libere di bassa condizione sociale accusate di omicidio.
La tortura, viene ripescata dal diritto romano e sottoposta a norme giuridiche più precise, riguardanti le condizioni per la tortura dei testimoni, per la ropetizione dei tormenti, il potere della varie figure pubbliche (podestà, capitani del popolo, eccetera), le pene comminate a coloro che sono trovati a torturare illegalmente, gli effetti giurdidici della tortura eccetera.
Nel Duecento il sistema della tortura trova un suo equilibrio e una stabilità senza precedenti: prima di qesto secolo i vari giuristi che ne avevano trattato se ne erano occupati come di sfuggita. nell'ambito di ben più vaste argomentazioni, mentre cominciano a comparire studi monografici su singoli rami del diritto.
Verso la fine del Duecento compare per la prima volta una trattazione accurata dei principi del diritto penale, e in particolare dello statuto della tortura, un trattato, sena titolo, conosciuto comunemente come Ttractatus de tormentis.
Il testo è stato scritto probabilmente a Bologna, tra il 1263 e il 1286. Inizia con i criteri che devono guidare il giudice nel comminare la tortura, il primo dei quali è un richiamo alla pietà. Seguono poi altri punti: il concetto della tortura, i soggetti passivi, il grado dei tormenti, la successione di più soggetti, i casi in cui deve venire applicata, i presupposti, gli effetti giuridici.
Tra il 1489 e il 1597 fu stampato in un centinaio di edizioni, ed entrò a fare parte del Tractatus de maleficiis di Alberto Gandino da Crema. Nel tempo seguirono i commenti e le glosse di molti pregevoli giuristi, tra i quali spicca Bartolo di Sassoferrato (1314-57).
All'alba del Trecento si profila una prima notevole spaccatura tra l'Italia del centro-nord e del Sud: nel Meridione di formò una legislazione abbastanza unitaria, che prese avvio dal testo di federico II e che si consolidò nei capitoli e nei decreti dei sovrani angioini, da Carlo I a Carlo II, a Roberto, poi nelle prammatiche dei vicerè spagnoli. Al Nord invece restarono in vigore, gli statuti comunali, che furono poi inglobati nelle varie signorie e si fusero con i vari codici promulgati dai sovrani, quali ad esempio quelli degli Stati sabaudi ed estensi.
Su tutti questi scritti vi è l'ombra di Bartolo, che trattò la tortura in molti suoi scritti, e in particolare nei commentari In digestum novum. Dal Trecento al Settecento Bartolo resta un punto di riferimento fondamentale. Antonio Canaro, ravennate, nel 1433-34 scrisse De quaestionibus et tormentis, una sistematica esposizione di tutto ciò che attiene alla tortura nel diritto romano e nel successivo. Francesco Bruni di San Severino Marche scrisse, nel 1493 il De indiciis et tortura, approfondendo sia il concetto di indizio, sia il modo per appurare la verità tramite i tormenti. Paolo Grillando di Castiglion Fiorentino scrisse il De queastionibus et tortura nel 1536.
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