lunedì 19 settembre 2016

I nuovi tipi di colture. La crisi economica del trecento

LA CRISI ECONOMICA DEL TRECENTO

I NUOVI TIPI DI COLTURE


La preparazione delle botti nel mese di agosto. XV sec.


Compaiono ora, un pò dappertutto, delle culture (unitariamente limitate) di piante industriali, o piante da foraggio, o vigna. Lo vediamo in Fiandra, in Germania, in Francia, in Svizzera. Si tratta di coltivazioni che domandano un sistema più intenso di rotazioni, di apportare cure molto minute al suolo e alle piante. Questi cambiamenti sono ovviamente dettati dalla tendenza sempre più calante dei prezzi del giorno, che spingeva a trovare delle culture più redditizzie. Queste nuove culture s'affermano sopratutto tra contadini che si sono completamente affrancati da ogni vincolo di dipendenza verso il signore. Inoltre, una buona parte di esse offrono l'occasione al contadino d'inseerirsi in un ciclo produttivo, distinto da quello strettamente agricolo. Quelle culture di piante industriali crearono a loro volta ulteriori condizioni per un vorticoso aggravamento di quelle. Infatti i rifugiarsi di braccia nell'attività di trasformazione connessa a quelle piante sottrasse ulteriori forze di lavoro alla grande proprietà feudale, complicandone la condizione.

Le conseguenze economiche: il calo dei prezzi

Lungo tutto l'arco del sec. XIV, i prezzi dei cereali calano. Ma questo movimento discendente, in se stesso, sarebbe ancora il meno, (per così dire), se su di esso non s'inserissero, frequentemente, crescite di prezzi eccezionalmente alte. Lì, in quelle crescite, s'annida uno degli elementi più disgregatori che si possa immaginare: infatti piccoli e medi produttori che, sul periodo lungo, non riescono a realizzare normalmente forti guadagni a causa della tendenza al ribasso, non ricavano guadagni nemmeno nei momenti di rialzi dei prezzi, perché, proprio in quegli anni, il cattivo raccolto consente loro, a malapena, di che mettere da canto le sementi per la prossima stagione agricola e provvedere al sostentamento loro e delle loro famiglie.

La riduzione dei canoni di locazione

La riduzione dei tassi di locazione: in Normandia a Beaufour, il rapporto delle censives era di 142 livres nel 1397; nel 1428 era sceso a 112, a 52 nel 1347 e a 10 nel 1444. Un arpento di vigna ad Argenteuil tra il 1300 e il 1320, era possibile affittarlo tra 12 e 25 soldi parisis; a metà del sec. XVI, è affittato tra 5 e 12 soldi e in più otto pinte di vino valutabili in 8 deniers (meno d'un soldo). In Inghilterra, nella grande proprietà Bigod di Forncett, un acro di terra è affittato per 10 3/4 deniers verso il 1370; a 8 deniers nella prima metà e a 7 nella seconda metà del sec. XV. In Svezia, per le terre del duomo di Uppsala, nel 1376 non si trovano affittuari ad alcun prezzo, per quanto basso esso sia. In Norvegia, già a metà del sec. XIV, compaiono le prime riduzioni di canoni: il movimento non si arresterà e proseguirà fino al sec. XV. Nelle Fiandre, le terre dell'abazia di Saint - Pierre di Gand, nella seconda metà del sec. XIV, vedono i loro frutti ridursi del 50 - 70%.
La distruzione della campagna tardo medievale in Europa non fa altro che attstare situazioni di fatto: riduzioni di superfici coltivate; estensione e, talora, creazione ex novo, di culture di piante industriali; allargamento dell'allevamento di animali; riduzione di fitti e valore delle terre; riduzione della produttività unitaria. Alte furono le conseguenze e i mutamenti di reciproci rapporti fra gli uomini (i contadni, i proprietari) che si determinarono nel corso della crisi.

Il mercato del lavoro in agricoltura

Il movimento dei salari agricoli: dappertutto in Europa, questi sono all'insegna dell'aumento, almeno a partire dal 1350, ma anche prima: va notato che il movimento dei salari dei braccianti agricoli aumenta più fortemente di quello dei lavoratori specializzati. Parallelamente a questo aumento, di salari si ha un movimento discendente di prezzi, del grano in particolare. Da un canto, la rovina del vecchiio sistema spinge masse d'uomini verso le città; dall'altro, resta pur fermo che, in particolari momenti di punta dei lavori agricoli, occorre un buon nuero di braccianti. E' questo secondo aspetto, quindi, che serve a spiegare il perchédi questi forti aumenti salariali. Ma, ciò detto, non cambia che quegli aumenti salariali non possano essere interpretati come l'indice d'una età d'oro dei lavoratori, perché questi, in realtà sono molto spesso senza lavoro.

Grandi masse di vagabondi senza reddito

Il primo effetto di quelle riduzioni di superfici coltivte, di quelle conversioni da terre destinate alla cerealicoltura in terre destinate all'allevamento di bestiame, fu una straordinaria espulsione di contadini dal suolo. Le enclasures (recinzioni di terre comuni) in inghilterra modificano completamente il paesaggio agrario del paese: un atto del parlamento del 1489 dice che lì dove duecento persone prima lavoravano la terra, ora non si vedono che <<uno o due pastori>>. Questi contadini, espulsi dalla terraa, costituiranno quelle legioni di vagabondi che caraterizzeranno, ormai, il paesaggio dell'Europa. Queste masse di vagabondi saranno, durante taluni momenti dell'anno, dei braccianti agricoli, oppure andranno a costituire le file del proletariato (o del sottoproletariato) urbano. Da vagabondi a banditi, il passo è breve: è contro di essi che alcune ccittà si uniscono in lega per combatterli, espellerli, respingerli: in Westfalia, di queste leghe ne ritroviamo nel 1356, 1370, 1372, 1385, 1437, 1451, 1452. E' un mondo miserabile, instabile; per la dieta imperiale del 1397 a Francoforte, si radunano non meno di seicento saltimbanchi (ai quali s'aggiungono ottocento prostitute); ancora prostitute, saltimbanchi, commedianti, pifferai, tutto un mondo socialmente marginato, ritroviamo in gran numero (per migliaia, addirittura) a Costanza e a Basilea, attirati dai concili che vi erano stati convocati.

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sabato 17 settembre 2016

Il regresso dell'agricoltura. La crisi economica del Trecento

LA CRISI ECONOMICA DEL TRECENTO

IL REGRESSO DELL'AGRICOLTURA


Agricoltura nel medioevo


In una società quale quella dell'Europa dei secc. XIV-XV, in cui la percentuale di popolazione immpegnata nell'agricoltura costituiva grosso modo tra l'80 e il 90% della popolazione totale, non v'è dubbio che come settore da prendere in considerazione e da valutare <<primo>>da ogni punto di vista è quello agricolo.

L'abbandono dei suoli coltivati

Ci sembra che il grande fenomeno dell'abbandono di suoli coltivati, che si manifestò in tutta l'Europa dei secc. XIV - XV, possa essere considerato in primo luogo. In seguito, avremo da occuparci di questo stesso problema sotto l'aspetto demografico, per quel che riguarda il grande movimento migratorio di contadini verso le città. In Germania, verso il 1300, è possibile recensire ca 170.000 località; esse, alla fine del sec. XIV, sarenno ridotte a 130.00. Questo fatto, importante da un punto di vista demografico, ha avuto conseguenze importanti anche sul piano della produzione: la marca del Brandeburgo, nel 1375, è <<una terra incolta e deserta>>. Le terre di taluni villaggi abbandonati, sono trasformate in pascoli, ma anche queste terre di pascolo, malgrado le poche cure ch'esse richiedono, si trasformano rapidamente in foreste. L'invasione di suolo da parte delle foreste costituisce un fatto importante in Germania.

L'arretramento della cerealicoltura di fronte ai boschi

Altra prova del retrocedere delle coture cerealicole di fronte all'avanzata di betulle, faggi, carpini, nocciuoli, sterpaglie, può essere ricavata dall'esame dei differenti tipi di pollini rinvenuti nelle torbiere di Roter Moor. La rappresentazione geografica che è possibile dare di quel fenomeno costituisce, a nostro avviso, uno dei più straordinari documenti dis toria dell'agricoltura. Ma la Germania ha perso, nel corso del sec. XIV, anche altre terre: secondo una stima aprossimativa, è possibile dire che, sulle coste tedesche del mare del Nord, fino all'attuale frontiera germano - olandese, furono perduti, conquistati dal mare ca 2000 km quadrati. Certo, la Mandranke (come è chiamata la grande tempesta del 1362) ha sconvolto numerose dighe, oltre che ingoiato la città di Rungholt.

L'<<offensiva>> delle foreste in Provenza

In Provenza, il periodo 1350-1450 è caratterizzato da <<un'offensiva della foresta di leccio o di rovere, querceti bianchi o verdi>>, nel mentre, in parecchi territori di quella regione, la presenza di greggi troppo numerosi in rapporto alle possibilità reali creeranno enormi fenomeni d'evasione: le cui consegienze sono rilevabili ancor oggi. Nel Borderlais, a mezzo sec. XV, delle landes ricoprono terre dove, prima si producevano grano e vino per una popolazione ora in fuga o morta. <<Nelle Prealpi, nel Périgord, nel Sénonais, la foresta ha invaso campi e vigne>>. queste trasformazioni del paesaggio agrario sono talmente profonde che il segno del lavoro dell'uomo vi scompare quasi completamente, a tal punto che, quando a volte si hanno dei fenomeni di ripopolamento, nessuno era in grado di stabilire dove fossero situati gli antichi possedimenti, come avvenne di fatto nelle terre dei monaci di Vaux - de - Cernaux.

L'Italia e la Spagna

In Italia, non è difficile trovare segni assai simili: dalla Lunigiana alla Maremma pontificia, i centri di cultura cerearicola scompaiono nel corso del sec. XIV; in Sicilia; nelle valli di Simeto, Dittaino, Dirillo, Maroglio, Gela, Salso, la cerealicoltura cede il campo al pascolo; nè diverso panorama si offre ad altre latitudini.
Qui è il trionfo di Meseta, della grande Meseta, che raggruppa, in un corpo mostruoso, le precedenti piccole mesetas. Dalla fine del sec. XIII, dei mercanti genovesi, stabilit in Andalusia, convincono i nobili, grandi detentori di terre, che importare ovini dall'Africa del nord per acclimatarli in Spagna può costituire un buon affare. L'operazione riesce completamente: il commercio della lana diventa rapidamente la colonna vertebrale dell'economia castigliana. Il numero delle pecore passa da un milione di teste nel sec. XIV a 2.700.000 nel 1467. La agricoltura si immobilizza.

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La crisi economica del Trecento

La crisi economica del Trecento


In ogni declino, in ogni crisi è dato cogliere non solo i segni negativi del fenomeno in atto, ma anche i germi - di segno positivo - di quel che sarà l'avvenire. Da ciò la difficoltà che è insita in ogni esposizione dei caratteri d'un periodo che, appunto è un <<autunno>>. E' qusta una regola alla quale non sfugge l'epoca di cui stiamo per trattare. un'epoca che giunge - grosso modo - fino alla fine del sec. XV e il cui inizio va ritrovato già ai primi del sec. XIV.
La preoccupazione centrale degli storici, è stata quella di cogliere la causa del fenomeno. E non si è trascurata alcuna ipotesi: declino della popolazione, quasi che i movimenti demografici obbedissero a misteriose regole di ascesa e discesa; brusco arresto della fertilità dei terreni, come se la fertilità fosse un fatto solo naturale e non già anche il frutto del rapporto che s'instaura tra l'uomo e la terra; brusco cambiamento del clima e produzione agricola nel tempo lungo è ancora ben lungi dall'essere chiaramente dimostrato.

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La scoperta di nuovi mondi. Tra medioevo ed età moderna il quadro storico

Tra medioevo ed età moderna il quadro storico

La scoperta di nuovi mondi


La modernità si segnala nelle scoperte e nelle conquiste geografiche, divenute un fattore di periodizzazione saldamente inserito nella tradizione storiografica europea. A partire dal quattrocento gli europei posero le premesse per attivare relazioni progressivamente sempre più intense con l'Asia e con l'Africa, e per europeizzare due nuovi continenti, l'America e l'Oceania.

Le ragioni che spingono alle esplorazioni

Il movimento di scoperta fu indotto dall'obiettivo di stabilire un raccordo commerciale diretto con l'Oriente. Un secondo motivo essenziale per capire i viaggi di scoperta fu la ricerca dell'oro: in un'economia in espansione, come era quella europea del Quattrocento, la disponibilità di moneta pregiata rappresentava la condizione per infondere potenza e gloria in un Stato o in una città, in un principe o in un uomo d'affari. L'Europa non disponeva di risorse auree sufficienti di qui la spinta ad avventurarsi verso paesi lontani che si sospettava potessero fornire il prezioso metallo. Non va sottovalutato, infine, l'impulso evangelizzatore che si era forgiato nel corso delle crociate e della riconquista al cattolicesimo dei territori musulmani nella penisola iberica.

Le grandi esplorazioni marittime

Il regno del Portogallo aprì la strada all'avventura atlantica che ebbe una svolta decisiva nel 1498, quando le navi di Vasco de Gama, doppiato il capo di Buona Speranza, potevano finalmente solcare l'oceano Indiano per poi attraccare al porto di Calicut sulla costa occidentale dell'India. Fu il viaggio intrapreso da Cristoforo Colombo nel 1492 per conto della monarchia spagnola ad aprire prospettive inattese, grazie all'incontro fortuito con un continente sconosciuto, a cui sarebbero seguite la sua successiva identificazione come mondo nuovo e la sua presa di possesso attraverso l'espansione coloniale. Tutta la vicenda dell'originaria conoscenza dell'America, percorre le rotte oceaniche sulla scia lanciata dai quattro viaggi di Colombo, dalla spedizione di Giovanni Caboto, veneziano al servizio dell'Inghilterra, che raggiunse l'isola di Terranova a nord nel 1497 e scoprì le coste del Canada e della Nuova Scozia, alle spedizioni di Ojeda e Vespucci, e infine segue la ricerca di un passaggio a nord-ovest fra i due oceani, che impiegò tra gli altri i Caboto, Giovanni da Verrazzano, Jacques Cartier, Martin Frobisher e John Davis, finendo con inserire le corone inglesi e francesi nella corsa alle terre d'oltre oceano. Di particolare importanza risultò la spedizione spagnola capeggiata dal portoghese Magellano e conclusa da Elcano nel 1522, che portò a termine la prima circumnavigazione del globo, trovando nell'emisfero australe la rotta di comunicazione tra Atlantico e Pacifico.

Un profondo mutamento nella storia del mondo

Da una parte si apriva una storia di sopraffazioni in cui una civiltà impose le regole dell'incontro con le culture diverse, dall'altra, ci fu la scoperta della diversità americana e la sua immissione nella cultura europea, che aprì dibattiti accesi sul diritto di conquista, sulla classificazione dei nativi, sui caratteri di quelle società americane rapidamente destrutturate dalla conquista bianca. Un'immensa letteratura elaborò il mito del buon selvaggio, affrontò le questioni della razza e della differenza etnica, ponendo a confronto  mondi diversi che il movimento  di scoperta e di conquista coloniale aveva fatto incontrare.

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giovedì 15 settembre 2016

Tra medioevo ed età moderna, il quadro storico. L'invenzione della stampa: tra continuità e rivoluzione


Il cassone dei tre duchi. sec. XV

Tra medioevo ed età moderna. Il quadro storico

L'invenzione della stampa: tra continuità e rivoluzione

Le categorie della periodizzazione tra Medioevo ed età moderna legate alla storia del libro avevano tradizionalmente rafforzato le ragioni della continuità tra le due epoche mostrando la lenta evoluzione tecnica e la complicità tra i mestieri del libro mantenutosi anche dopo l'invenzione dei caratteri mobili della stampa da parte del tedesco Johan Gutenberg. L'invenzione della stampa, un fattore di trasformazione che entrò con impatto dirompente nei circuiti intellettuali e politici in cui si preparava la nuova civiltà Europea tra Umanesimo, Rinascimento, riforma protestante e nascita degli Stati moderni.

La Bibbia di Gutenberg il primo libro a stampa

Usato dal laboratorio di Gutenberg a Magonza tra la fine del 1454 e l'inizio del 1455, il primo esemplare di libro stampato fu la Bibbia cosiddetta <<a 42 linee>> su due colonne, in latino, a caratteri gotici, detta anche <<Mazzarina>>. Quel libro annunciava un nuovo modo di produrre oggetti fatti di parole e di immagini che, grazie alla tecnica di Gutenberg, divennero in breve tempo il veicolo della fruizione culturale in strati sociali sempre più ampi e al tempo stesso lo strumento per un più libero confronto di idee.

I primi libri: più status symbol che oggetti di fruizione

Fino al sec. XV il libro era considerato un bene da conservare e da esibire, più che da utilizzare e godere, un oggetto che faceva mostra delle raccolte dei sovrani bilbliofili, tra i quali primeggiava il re d'Ungheria Mattia Corvino (1458-1490), la cui splendida biblioteca conservava i più raffinati esemplari della calligrafia e della decorazione, ma anche dell'arte della legatura. L'arte della stampa secondo il metodo Gutenberg fu all'inizio una rivoluzione inavvertita, ma in pochi anni guadagnò terreno così da conseguire una rapida accelerazione, che portò al consolidamento di una tecnica che sarebbe rimasta invariata almeno fino ai primi decenni del sec XIX creando un sistema di mestieri e  ambienti di lavoro standardizzati.
Dalle stamperie operanti all'inizio del Cinquecento nel centro-sud della Germania, nel centro-nord dell'Italia e in Francia, fossero usciti tra i dieci e i venti milioni di esemplari di libri a stampa.

Aldo Manuzio

L'Italia divenne un punto di forza dell'industria tipografica, a partire dal suo esponente più celebre, il veneziano Aldo Manuzio, la cui vicenda editoriale esemplifica la straordinaria e precoce diffusione delle botteghe tipografiche. Il libro uscì rapidamente dal mondo dei conventi e delle autorità ecclesiastiche, per entrare nelle forme di consumo dei mercanti, dei banchieri, degli artigiani, delle scuole e delle università, ovunque incentivando un più libero dibattito.

Le nuove fasce di mercato

L'uso del volgare in luogo del latino e l'uso delle illustrazioni accostarono al libro nuove fasce di lettori. Il nuovo mezzo costituì uno straordinario strumento di propaganda e di divulgazione come avvertirono i riformatori religiosi tedeschi, primo fra tutti Lutero, che se ne servì per la diffusione delle sue idee e per la loro propagazione in ambienti popolari e in aree di maggior resistenza.

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mercoledì 14 settembre 2016

L'orazione sulla dignità dell'uomo di Pico della Mirandola

L'orazione sulla dignità dell'uomo di Pico della Mirandola


Giovanni Pico della Mirandola


Nell'immaginario del Medioevo cristiano, l'uomo, nella sua imperezione e nella sua costitutiva debolezza, determinata dal peccato originale, può trovare riscatto esclusivamente in grazia della misericordia divina.

Nella visione del mondo propugnata dall'Umanesimo, all'uomo è restituita la libertà e quella dignità che consiste nel fatto che egli solo, fra tutte le creature divine, ha la possibilità di scegliere il proprio destino. Tutti i maggiori intellettuali italiani del Quattrocento condividono questo ideale. Tra gli altri, il filosofo Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494) lo espresse nella sua Oratio de hominis dignitate (1486), considerato il <<manifesto del Rinascimento>> per la sua esaltazione della creatura umana.
<<Stabilì finalmente l'ottimo artefice che a colui, cui nulla poteva dare di proprio, fosse comune tutto ciò che aveva assegnato singolarmente agli altri, l'uomo, postolo nel cuore del mondo, così gli parlò : <<Non ti ho dato, o Adamo, un posto determinato, un aspetto tuo proprio, alcuna prerogativa tua, perché tutto secondo il tuo voto e il tuo consiglio ottenga e coservi. La natura determinata degli altri è contenuta entro leggi da me pescritte. Tu te la determinerai, secondo il tuo arbitrio alla cui potestà ti consegni. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai rigenerarti, secondo il tuo volere, nelle cose superiori che sono le divine. I bruti nel nascere seco recano, come dice Lucilio, dal seno materno tutto ciò che avranno. Gli spiriti supremi o dall'inizio o poco dopo furono ciò che saranno nei secoli dei secoli. Nell'uomo nascente il padre ripose semi d'ogni specie e dermi d'ogni vita. E, secondo che ciascuno li avrà coltivati, quelli cresceranno e daranno i loro frutti>>.

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Tra medioevo ed età moderna il quadro storico. Umanesimo e rinascimento

UMANESIMO E RINASCIMENTO


Lorenzo il magnifico


Dal Medioevo all'età moderna

Il passaggio dal Medioevo all'età moderna è stato in un certo senso sfumato. Alcuni hanno indagato quel passaggio carico di fondamentali riferimenti per la civiltà europea leggendo in chiave di dissolvenza lenta e laboriosa, nella quale le permanenze avrebbero resistito tenacemente, mettendo in ombra i fattori della discontinuità, altri hanno sottolineato le distanze, evidenziando lo stacco netto consumatosi a loro avviso tra i sec. XIV - XV, uno stacco di civiltà, di modi di produrre, di sistemi politici, cioè a dire di contenuti essenzziali dell'esperienza umana. Per i primi, il Medioevo si protese fino al Cinquecento e oltre, mentre per i secondi va tenuto all'incirca nei limiti temporali classici, la seconda metà del Quattrocento, collegandoli a eventi simbolici, quali la caduta di Costantinopoli in mano turca ( nel 1453) o la <<scoperta>> dell'America da parte di Colombo (nel 1492).
Tra il tramonto del Medioevo e l'alba dell'età moderna si incuneano alcune categorie storiografiche che per loro natura definiscono adeguatamente sia le eredità del tempo trascorso sia le avvisaglie della nuova identità europea.

Il concetto di umanesimo

Una di queste avvisaglie è l'Umanesimo, termine che indica l'atteggimaento culturale di un periodo in cui si avverte fortemente la differenza del proprio tempo rispetto al passato, percepito negativaamente, insieme con la volontà di costruire un patrimonio culturale nuovo. Movimento culturale che, sorto in Italia e propagatosi a tutta l'Europa latina, propugnava un rinnovamento della cultura basato su una maggior conoscenza del mondo classico greco - latino, l'Umanesimo portava modelli culturali critici verso la società che poneva Dio al centro del proprio sistema, dominata dal pensiero teologico, in cui la religione rispondeva a un disegno teocratico di lunga tradizione; e lo faceva riscoprendo la lezione della filologia, dagli studi classici, del pensiero precristiano o non - cristiano. Tali riferimenti divenivano le basi su cui fondare una propria civiltà, secolare, laica, razionale. La riscoperta filologia del passato poteva avere esiti molto distanti l'uno dall'altro, ossia sfocaire in radicali atteggiamenti critici verso la Chiesa esplorando tutte le idee della cultura pagana oppure confluire in un umanesimo cristiano, che tentava di conciliare ragione e fedee accettava comunque di piegare la ragione al magistero ultimo della Chiesa.

La nuova dignità dell'uomo

La storia dell'Umanesimo, fa risalire le sue origini al tempo di Petrarca e Boccaccio, e unisce la generazione di Poggio Bracciolini, Flavio Biondo, Leonardo Bruni e quella di Pico della Mirandola e di Poliziano vissuti nella seconda metà del Quattrocento e partecipa dell'ascesa dei Medici a Firenze. Nel contesto della cultura umanistica germogliavano istanze di rinnovamento religioso che trovarono un esponente in Erardo da Rotterdam: i suoi rafforzati studi sulla cultura antica si legavano con la proposta di riformare i costumi della Chiesa, al fine di ricercare un cristianesimo depurato dalla mediazione teologica e riportato a un nucleo di purezza evangelica.

L'umanesimo civile

<<Umanesimo civile>>, una forma di cultura radicata  nelle esperienze politiche dei comuni italiani fra la fine del Trecento e l'inzio del Quattrocento che identificava nuovi modelli di vita politica ispirati alle più alte espressioni della civiltà urbana, a Venezia e a Firenze. L'enfasi data dalla filiazione della cultura umana dagli spazi urbani più sviluppati in campo non sol economico  ma anche civile e politico aprì un orizzonte di analisi che si spostava dall'Italia all'Europa, in particolare in Inghilterra, dove i modelli repubblicani  praticati o elaborati in alcune città - stato, ancora esemplarmente Firenze, venivano riletti e utilizzati in cchiave di libertà civili da propugnare per frenare l'assolutismo monarchico.


Ludovico il moro


Il rapporto tra Umanesimo e Rinascimento

Si affrontava anche il rapporto tra Umanesimo e Rinascimento: quest'ultima categoria, ha ormai una sua storia consolidata in cui contano certamente gli aspetti legati alla rinascita delle scienze e delle arti, ma ancor più le valenze ccomplessive di unaa cultura letta in termini di civiltà. La fioritura delle arti, la raffinatezza della vita intellettuale, le rinnovate concezioni dell'uomo e della sua vicenda storica che connotano il Rinascimento propongono all'Europa una diversa identità che poggia sulla fiducia della ragione umana capace di risalire alle fonti antiche della coscienza e di individuare attraverso queste nuovi percorsi filosofici e politici nei qual si afferma la preminenza dell'uomo, misura e referente della storia. Gli ideali del Rinascimento, trovano accoglienza nelle raffinate corti degli stati signorili, nei centri mercantili della Francia, per poi diffondersi a Parigi e nelle libere città del sud della Germania, nella ricca Borgogna dei Valois, nelle università inglesi ai temp di Enrico VIII. L'humus rinascimentale circola ancora nell'Europa cinquecentesca; tanto nelle corti dei nascenti Stati moderni quanto nelle citàà dello sviluppo borghese e mercantile.

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