LA TORTURA
La tortura secondo i manuali inquisitoriali
Il sacro arsenale
L'opera di frà Eliseo Masini, pubblicata per la prima volta a Genova nel 1665, consta di dieci parti o capitoli.
La prima, Dell'autorità, dignità e officio dell'Inquisitore, e delle persone contro alle quali procede il Santo Officio, si apre con la definizione della carica di inquisitore: colui che, immediatamente delegato dal papa, ovvero in possesso di una patente che gli permette di svolgere l'attività inquisitoria. possiede una dignità e un'autorità molto grandi.
Il Masini esemplifica questo concetto enumerando molti inquisitori, nel corso della storia, partendo da Dio stesso, chhe punì Adamo ed Eva, Israele ed altri idolatri, citando Salomone, il patriarca Giacobbe, Saul che cacciò maghi e indovini, giungendo fino a Cristo, Pietro Apostolo, il predicatore Domenico, Pietro da Verona, infine Pio V.
L'inquisitore può procedere contro ogni tipo di persona, popolani o potenti, nobili, secolari o ecclesiastici, vivi o morti, per il mantenimento della fede cattolica e <<l'accrescimento della gloria di Dio>>, confiscando i beni, annotazione che Masini mette al primo posto, prima di continuare la sua enumerazione con <<privazioni d'onore e dignità>> e pene definite temporali.
E' in potere dell'inquisitore, oltre che condannare o assolvere, far incarcerare, scomunicare e torturare. In particolare egli deve far leggere l'Editto Generale del Sant'Uffizio.
Paragonando l'eresia alla peste, Masini sottolinea l'importanza della denuncia: chi non rispetta questo editto cade in peccato mortale; ha 12 giorni di tempo per porvi rimedio e sarà scomunicato ipso facto. I delatori dovevano incontrare parecchio biasimo, se il Masini si preoccupa di sottolineare che essi non devono temere il disprezzo o la nomea di <<spie del Santo Officio>>, poiché la ricompensa che avranno in Cielo sarà grande. Egli nota anche che tutto deve essere il più segreto possibile.
L'inquisitore, riceve un <<premio>> già in terra, senza attendere di giungere in cielo, ed è l'indulgenza plenaria che gli è comunicata <<per ciascun atto perfetto>> ad esso compiuto in difesa della fede. Anche gli altri ufficiali del tribunale, i notai, i fiscali, i consultori e i vicari godono di simili indulgenze plenarie; indulgenze di tre anni ricevono invece coloro che denunciano eretici, sospetti o diffamati d'eresia, coloro che aiutano gli inquisitori e li difendono.
L'inquisitore deve mettere da parte ogni interesse personale e privato, poiché, nell'espletamento delle sue funzioni, egli difende, vendica e conserva <<l'onore e la riputaione dell'istesso Dio>>.
L'inquisitore deve procedere contro diversi tipi di persone: i colpevooli d'eresia, coloro che predicano, scrivono, insegnano cose contro le Scritture, gli articoli di fede, i sacramenti e i riti, i decreti dei concili e le determinazioni dei papi, l'autorità del pontefice, le tradizioni apostoliche, il purgatorio e le indulgenze; i convertiti ad altre religioni e coloro ce sostengono che la sola fede salva; i sospetti d'eresia, cioè coloro che, sebbene non le usino, conoscono pratiche stregoniche che abusano di ostie, olio santo, calamite eccetera; coloro che leggono libri posit all'Indice, che sporcano o rompono immagini sacre, che rispettano i dettami alimentari e la precettistica cattolica sulle festività; coloro che non si confessano e non vanno a messa; gli adulteri e i concubinari, i mentitori; persino chi è stato diffamato come eretico dalla vox populi, i complici degli eretici, coloro i quali difendono e aiutano gli eretici stessi, alloggiandoli o nascondendoli, parlando o scrivendo ai carcerati, mandando loro oggetti, denaro, lettere; coloro che distruggono prove o incartamenti processuali; infine chi non depone contro gli eretici in tribunale, i maghi, le streghe e simili, cioè coloro che hanno stretto un patto col diavolo, che tengono demoni prigionieri in anelli, specchi, ampolle e altri oggetti, che partecipano al sabba, che compiono sacrifici al demonio, che lo adorano e l'invocano per avere poteri o per conoscere il futuro; coloro che recitano preghiere <<per farsi amare d'amore disonesto>>; chi porta con sé talismani, e compie malefici per impedire l'atto matrimoniale e altri sortilegi; i bestemmiatori che proferiscono bestemmie ereticali, che contengono cioè articoli di fede, che negano a Dio i giusti titoli e lo insultano, che non riconoscono la verginità di Maria o la santità dei santi; e che rinnegano i sacramenti; gli oppositori del Sant'Uffizio: coloro cioè che offendono gli ufficiali, notai, cancellieri eccetera e ai delatori, percuotendoli o minacciandoli; coloro che levano gli editti dai luoghi nei quali sono stati affissi e che rubano oggetti apprtenenti al tribunale; gli ebrei e gli infedeli, i primi sono punibili nel caso invochino o consultino deboli, bestemmino la santità di Cristo o la verginità di Maria, unducano un cristiano a convertirsi o impediscano a un infedele la conversione, conservino il Talmud e altri libri giudaici proibiti, tengano serve o nutrici cristiane.
La seconda parte Del modo di formare i processi ed esaminare Testimoni e Rei. Appena l'inquisitore viene a conoscenza dell'esistenza di uno dei delitti enumerati nella parte precedente deve istituire un processo scritto. Il processo può avvenire in seguito a una denuncia; in questo caso non è affatto necessario che il denunciante provi quallo che denuncia, egli deve solo giurare sul Vangelo di non dire il falso. I dati anagrafici del delatore sono scritti.
Si distingue se è testimone del delitto de vesu o de auditu. Se vi sono altri testimoni che possano confermare la sua deposizione, gli si chiede di precisare il più possibile luogo, ora e circostanze del delitto, dati anagrafici e descrizione fisica del reo. Si chiede al denunciante se sia stato spinto da odio nei confronti dell'accusato, se vi siano state, anche in passato, rivalità e liti, e se si confessi regolarmente e si comunichi almeno una volta all'anno. Il denunciante è tenuto a rispettare il segreto su ciò che ha fatto.
Un secondo modo di istruire un processo è per via inquisitoriale: quando cioè non c'è nessuna delazione, ma <<corre forma e pubblica voce>>. L'inquisitore può chiamare a testimoniare chiunque.
Quuando il processo è istruito, l'inquisitore deve iniziare a interrogare i testimoni, che vengono citati e registrati, dando loro un tempo per rispondere alla citazione. E' possibile che l'inquisitore vada personalmente a casa di testi potenti o donne nobili. Al testimone viene sempre chiesto se egli sa il perché sia stato convocato e il perché. In caso di rsiposte evasive il testimone è ammonito a dire la verità, specificando che in caso di falsa testimonianza è prevista la scomunica.
L'inquisitore deve anche osservare ed esaminare il corpo del delitto, qualora ne esista uno, registrando per iscritto.
Nel caso in cui il reo sia imprigionato, l'inquisitore lo interroga circa il motivo della sua carcerazione, se egli lo conosca o menno, si informa delle voci che corrono sul suo conto e sulla sua pubblica reputazione, lo informa che vi sono testimonianze contro di lui, sena però specificare le persone, lo ammonisce, lo si interroga se abbia qualche nemico che potrebbe denunciarlo per interesse. Nel corso dell'interrogatorio vengono annotate le risposte, i movimenti, le reazioni fisiche quali pallore o rossore. titubanza contraddizioni, imbrogli di parole.
Se il reo confessa e fa i nomi dei complici, lo si rimanda in carcere in attesa di un nuovo interrogatorio e si provvede alla citazione dei complici, se confessa un delitto di eresia, lo si interroga sulle attuali credenze, se sia pentito o meno. Se vi sono dei complici, essi si possono mettere a confronto in un semplice interrogatorio o si fa assistere uno alla tortura dell'altro. E' possibile anche porre a confronto il reo con testimoni che non sono complici, e nel caso sussistono dei pericoli per i testimoni, essi possono essere mascherati o riconoscere il reo guardando attraverso fessure, in modo da non essere scoperti e riconosciuti.
La terza parte, Come abbiano ad esaminarsi gl'Eretici formali, si apre con l'interrogatorio di coloro che, denunciati, sono stati trovati in possesso di libri proibiti, o che, nella loro casa, avevano manoscritti ereticali redatti di loro pugno. Si può procedere a una perizia calligrafica, o su manoscritti trovati in casa del reo o facendogli scrivere alcune cose per confrontarle con i reperti. Nel caso di libri, l'inquisitore chiede dove sono stati presi, quando, per quanto tempo sono stati conservati e se qualcun altro li abbia letti, eamina le credenze del sospettato in materia di fede e precettistica religiosa.
La quarta parte Del modo di formare il processo ripetitovo e deifinitivo: una volta esaminati tutti i testimoni, se l'imputato continua a negare le accuse l'inquisitore gli accorda la facoltà di parlare con un avvocato difensore nominato dallo stesso Sant'Uffizio. Il procuratore fiscale trae, dalle testimonianze, una lista di capi d'accusa, copia della quale sarà esaminata dall'avvocato difensore, che può provvedere a citare altri testimoni e a controinterrogare gli accusatori. Anche l'accusa in un secondo tempo interrogherà i testimoni citati a difesa dell'imputato.
Nella quinta parte, Modo di formare le citazioni, Precetti, Decreti, securtà e altre cose simili il Masini continua a esemplificare praticamente come deve essere condotto il processo e come deve essere redatto il verbale.
La sesta parte Del modo di interrogare i rei nella tortura. Nel caso in cui un indiziato non sia riuscito a trovare elementi a sua discolpa, è necessario sotttoporlo alla tortura, per appurare la verità. Masini premette a questa delicata trattazione che non si deve esporre alla tortura una persona contro la quale non vi siano indizi. L'indiziato viene interrogato nuovamente ma con una prassi maggiormente negativa, e viene ammonito che <<non gli resta alcuna possibilità di negare>>. Nel caso in cui l'imputato si ostini a non confessare, i giudici lo invitano a cominciare a dire la verità, poi sarà deposto. Quando l'imputato avrà confessato il fatto compiuto, l'inquisitore procederà a torturarlo sull'intenzione. Masini specifica che è necessario avvertire il reo che <<non gli si dà la tortura, se non per ulteriore verità e circa l'intenzione>>. Ogni confessione che l'imputato fa viene seguita da una nuova tortuta circa il fatto se credesse o no in quello che faceva, i complici e altre eresie nelle quali avrebbe potuto credere.
Nel caso in cui l'imputato, per difetti fisici o <<per evidente minorità di anni>> non possa reggere il supplizio della corda, si può procedere all tortura con altri tipi di tormenti, quali ad esempio quello del fuoco, o quello delle stanghette, o delle cannette, delle bacchette. Il primo consiste nello spalmare i piedi dell'imputto di lardo, di imprigionarglieli in ceppi e di avvicinare un barciere con <<un bel fuocherello ardente>>; nel caso egli voglia confessare s'interrompe il supplizio. Il secondo, detto della stanghetta, consiste nel far prostrare a terra l'imputato denudandogli il tallone, che viene imprigionato tra due tasselli si legno concavi, che vengono compressi girando una stanghetta; il principio è quello della garrota, il risultato è la rottura dell'osso e la conseguente storpiatura del piede. Simile è il tormento dei sibilli o delle cannette, tasselli che si introducono tra le dita delle mani. Esiste una tortura <<concessa>> ai minori: la bacchetta, una sorta di fustigazione, che il Masini pervede per <<i fanciulli, che però trapassino il nono ano della loro età>>.
Nel caso in cui un imputato accusi qualche difetto fisico non visibile o non conosciuto dai giudici, l'inquisitore ha la facoltà di chiamare un medico o un chirurgo che visiti il reo e rilasci una certificazione sulla torturabilità o meno e in che modo possa egli sopportare la tortura.
Masini nota come sia <<stile>> del Sant'Uffizio torturare ogni giorno l'imputato, per non più di mezz'ora. Se il reo confessa nei tormenti, deve poi ratificare quanto detto il giorno successivo. Non si chiede di ripetere all'imputato cosa egli abbia confermato, ma si chiede solamente di confessare quello che il notaio ha scritto, e che viene riletto.
Non è possibile uscire dalla griglia processuale così bendefinita dall'inquisitore, che prevede alle domande solo una risposta, affermativa o negativa. L'imputato non è mai libero di esporre i fatti, deve solo confessare se è vero che ha fatto questo o quest'altro, se ha detto qesto, se ha visto quello eccetera.
Al vanto delle benignità del Sant'Uffizio il Masini nota che la tortura è ad arbitrio dell'inquisitore, a seconda della causa, della gravità degli indizi, delle condizioni della persona, inoltre non sono permessi gli <<isquassi>> con la corda, pesi o bastoni ai piedi, inoltre non è consentito torturare i rei con fame, sete e inedia.
Anche per i testimoni è prevista la tortura, nel caso essi siano <<contrari, vaciillanti>>, vaghi eccetera, ma detta tortura deve essere <<assai leggiera e moderata>>.
Del modo di procedere contro i Poligami e alle Streghe nel Santo Tribunale.
Per quanto riguarda il primo delitto è necessario avere innanzitutto certezza del matrimonio, consultando i registri matrimoniali delle parrocchie o testimoni, e consatatare la sopravvivenza del primo coniuge. Questo sia per il primo sia per il secondo matrimonio, poi vengono convocati i coniugi e incarcerato il poligamo. Ovviamente è prevista la tortura per chi non confessa.
Per quanto riguarda le streghe, Masini premette che la materia è difficile e <<intrigata>>. L'inquisitore non deve incarcerare né torturare la strega, se prima non ha le prove delitto, cioè il maleficio; nel caso si tratti della morte di qualcunodevono essere interrogati i medici che lo hanno curato, la sola denuncia dei parenti del maleficiato o dello stesso non basta, così come è insufficiente la malafama; è necessario perquisire la casa della strega, annotando anche se possegga cose che tornano a suo favore quali immagini di santi, corone della Vergine, acqua santa, palme benedette eccetera, e non devono essere ammessi i parenti del maleficiato alla perquisizione, perché potrebbero inficiare le prove con falsi reperti; nel caso vengano trovati unguenti, polveri, grasso e cose simili, devono essere esaminati da esperti, per ecludere che servano ad altre cose; non sono da considerarsi i grovigli di lana o penne trovati in materassi o cuscini a casa del maleficiato, né aghi; infine non si deve condannare per stregoneria chi confessa di aver fatto sortilegi a scopo amatorio o per vincere malefici.
E' necessario che le streghe in attesa di giudizio siano tenute separate le una dalle altre e non parlino con nessuno, né fra di loro, né con i carcerieri, non si devono radere loro i capelli e non si deve tener conto del fatto che non piangano sotto tortura: questo era uno ddegli indizi, che secondo Sprenger e Institor, permettevano di identificare una strega.
Del modo di terminare i processi del Santo Officio, Masini tratta del modo di formulare le sentenze. Nel caso in cui l'imputato sia innocente viene assolto e liberato. Nel caso in cui manchino le prove o siano insufficienti le testimonianze, è prevista la <<purgazione canonica>>: nel caso di sospetto lieve deve essere prodotta una discolpa canonica di almeno quattro persone o dello stesso ordine, o monaci o canonici, mentre per il sospetto grave le persone devono essere sette. I testimoni purgatori dovranno ascoltare il giuramento d'innocenza del sospettato e rettificarlo in privato all'inquisitore. Nel caso di proposizioni eretiche l'imputato è tenuto a ritrattarle. L'inquisitore commina digiuni e simili penitenze che sono registrate dal notaio.
Nel caso in ci l'imputato sia colpevole ma non nell'intenzione si procede all'abiura e alla sospensione della scomunica.
Nel caso in cui l'imputato sia colpevole, ma pentito, o colpevole o impenitente lo si consegna al braccio secolare. Ciò avviene anche in contumacia.
Nel caso si tratti di persone defunte, si condanna la loro memoria, si dissotterrano i resti, si bruciano sulla pubblica piazza e se ne disperdono le ceneri; parimenti anche eventuali statue del reo vengoono - dal braccio secolare - bruciate o distrutte.
La nona parte riguarda il Modo di formar le Patenti per gli Ufficiali, dar loro il giuramento di fedeltà, propor le cause nella Congregazione e assolvere i rei dalla scomunica del Santo Officio. Pur credendo che agli inquisitori non manchino <<forme bellissime per farne ai loro ufficiali graziosissime patenti>>, il Masini ne presuppone alcune standard er i procuratori fiscali, i consultori, i notai, il vicario generale, i vicari foranei, gli avvocati dei rei, gli ufficiali generici, i sua sponte comparenti.
La decima parte contiene avvertimenti utili e necessari ai Giudici della Santa Inquisizione, in numero di trecento fra i quali è interessante notare, ai fini della nostra ricerca, i seguenti:
I-Il testimone che, sotto tortura, depone su un delitto commesso da un altro è indizio sufficiente alla cattura dell'altro.
III-I complici di un eretico non devono essere sottoposti a tortura, poiché, per terrore di quella, potrebbero non deporre. A volte invece si tormentano i compici per i delitti altrui e <<per togliere l'infamia>>.
XXXI-Si possono far abiurare i maschi dai quattrodici anni in su e le femmine dai dodici.
XLIV-Nel torturare gli imputati il giudice deve procedere con moderazione, e avere sempre sottomano la clessidra per non perdere la cognizione del tempo; inoltre non può troturare nessuno, se non dopo nove o dieci ore dall'ultimo pasto dell'imputato.
LXXIII-Non deve meravigliare se, dopo la cercerazione e la tortura, nel caso di rilascio, l'imputato debba ugualmente pagare le spese del processo e della sua carcerazione. Se il reo è giustiziato, la famiglia deve provvedere inoltre alla <<parcella>> del boia e alle spese per il rogo, il patibolo eccetera.
CXXXV-La confessione estorta con la tortura va ratificata in piano. Similmente quella ottenuta per paura della tortura.
CXXV-I testimoni, sia maschi sia femmine,non possono avere meno di quattordici anni,
CXXVI-Quando si sottopone qualcuno alla tortura, bisogna iniziare dai più sospetti, dalle femmine, poiché la donna è <<più timida e incostante>> e, nel caso fossero tutti maschi, dal minore e più debole.
CXXXV-Nel caso di tortura a un testimone che nega di avere visto, non gliela si dà a proprio carico, ma a carico di altri, come se si stesse torturando il reo. Ugualmente nel caso di persona confessa, che testimonia contro altri complici.
CXXXIX-La deposizione di un complice contro un altro, avutasi sotto tortura, deve essere ratificata in piano.
CXLI-Se una strega depone sotto tortura contro un'altra, dicendo di averla riconosciuta nel sabba, la deposizione non dà luogo a indizio né a tortura della seconda, per la illusoreità del sabba stesso.
CXLV-Se con la tortura un imputato ha purgato i sospetti che erano contro di lui, nonviene assolto, ma semplicemente lasciato andare.
CLII-Un solo testimone se depone circa un fatto e non solo un indizio, può dare luogo alla tortura.
CCXXVIII-L'inquisitore non può torturare un imputato per eresia senza il vescovo, né il vescovo senza l'inquisitore. Nel caso invece avvenga ciò, la confessione estorta sotto tortura è nulla, anche se ratificata in piano.
CCXLIX-Si dice avere confessato sotto tortura anche di colui che, giunto sul luogo dei spupplizi, per paura, abbia confessato senza essere fisicamente torturato.
CCL-Nel caso un imputato sostenga che, nonstante la tortura, non confesserà niente, perché innoocente, egli deve essere comunque torturato.
CCLII-Nel caso in cui l'imputato comfermi sotto tortura, poi dica di avere sbagliato, può revocare la confessione e rettificarla.
CCLIII-Se un accusato spontaneamente si offre alla tortura per provare la sua innocenza, il giudice non può torturarlo: <<Se alcuno incolpato di delitto, non però indiziato a tortura, spontaneamente s'offerisce ai tormenti, dicendo "io non ho commesso questo delitto e m'offro di voler star saldo alla tortura: datemi la corda" può il Giudice esporlo ai tormenti giacché il Reo così vuole? Non può in modo alcuno. Prima, perché un uomo, per libero che sia, non è però padrone delle sue membra>>.
CCLIV-La tortura alla quale so sottopongono accusati e testimoni per accertare l'esistenza di un delitto, non essendo una pena, non arreca infamia.
CCLVII-Se un imputato nomina sotto tortura un complice, questo può essere sottoposto alla tortura.
CCLX-La confusione ottenuta con la minaccia dei tormenti è valida, in quanto la paura della tortura non è sufficiente a muovere una confessione.
CCLXI-Alla tortura non deve essere presente l'avvocato difensore.
CCLXXI-Un testimone infame, quantunque possa deporre, non dà indiizio sufficiente per poter torturare.
CCLXXII-Se contro l'imputato ci sono indizi dubbiosi il giudice deve sottoporlo a tortura.
CCLXXXI-Quando il delitto è noto, non c'è bisogno di tortura.
CCLXXXV-Se un accusato torturato e poi rilasciato, dopo un certo lasso di tempo sarà richiamato dl giudice e comparirà spontaneamente confessando che la precedente volta ha confessato solo per i supplizi, la sua confessione verrà ritenuta spontanea.
CCLXXXVI-Tutte le attenuanti che possono impedire la tortura nei delitti normali non sussistono per il delitto di lesa maestà, cioè eresia.
A qualsiasi persona del XVI, XVII secolo la tortura doveva parere assolutamente normale. Autorizzata da Papa innocenzo VI, nella bolla Ad extirpanda del 15 maggio 1252, pur con l'aggiunta <<citra membri diminutionem et mortis periculum>>, la tortura era giudicata indispensabile da molti canonisti e inquisitori, Bernardo Gui, che nella sua Practica dice espressamente che i rei <<detinendos per annos plurimos ux vexatio del intellectum>>, cioè sono da tenere in carcere pe molti anni, affnché il tormento illumini loro l'intelletto. Questi <<uomini di Dio>>, considervano la tortura come semplicemente una parte del processo, necessaria, calcolata, con scemi e modalità già prefissate e canoniche, una pratica burocratica e nulla più. Il fine della tortura è la confessione di qualcosa che è già stato fissato nelle griglie del verbale, un'occasione già confezionata alla quale il torturato dever sipondere solamente sì o no.
Esiste una precisa regolamentazione burocratica della tortura, che consiste nella bolla Multorum querela di Clemente IV.
- L'inquisitore deve accrdarsi con il vescovo per poter sottoporre a tortura un indiziato.
- Ambedue, vescovo e inquisitore, devono assistere alla tortura dell'indiziato.
- In caso di disaccordo o per personalità importanti, religiosi, letterati, nobili, ricchi, doveva essere informato il Supremo Tribunale della Santa Inquisizione a Roma.
- Era facoltà del torturato inoltrare appello, che però poteva essere bloccato dall'inquisitore, se questi era in accordo con il vescovo.
Se si escludono queste poche formalità, possiamo però notare che l'innquisitore poteva ordinare la tortura solamente in base a un sospetto.
Il sospetto, sia dè levi sia de vehementi, può dare aditoa tortura, basta che ci sia un indizio.
Il Masini scrive nella sesta parte dell'Arsenale, intitolata nel modo d'interrogare i rei nella tortura.
<<Avendo il reo negati i diritti oppostigli e non essendosi essi pienamente provati, s'egli nel germine assegnatogli a far le sue difese, ad ogni modo non avrà purgato gli indizi che congro a lui risultano dal processo, è necessario, venir contro di lui alla rigorosa esamina; essendo stata appunto ritrovata l tortura per supplire al difetto dè testimoni, quando non possano intera prova apportare contro il Reo. Né ciò punto sconviene all'Ecclesiastica mansuetudine e benignità, anzi quando gli indizi sono legittimi, bastevoli, chiari e concludenti in suo genere, può e dee l'Inquisitore in ogni modo senz'alcun biasimo farlo, acciocché i Rei, confessando i loro delitti, si convertano a Dio e per mezzo de castigo salvino l'anime loro. Bene sconverrebbe da davero, anzi sarebbe cosa iniquissima e contro le leggi umane e divine, l'esporre ai tormenti chi che sia non precendendo alcuno legittimo e provato indizio e di nun momento, ancorché il reo persistesse constantissimamente in essa: non dovendosi mai cominciare alla tortura, ma dagli indizi, non per ciò varrebbe tal confessione a convalidarsi.Ma perché in negozio di tanta importanza si può facilmente commettere errore, e in pregiudizio notabile della giustizia, si che i delitti restino impuniti o in danno gravissimo e irreparabile dè Rei, fa di bisogno, che l'Inquisitore proponga prima nella Congregazione dè Consultori del Santo Officio il processo offensivo e difensivo, e col dotto e matur consiglio d'essi si governi e adopri sempre. O pure, ne dia parte al sacro e supremo Tribunale della Santa e Universale Inquisizione Romana e di là n'attenda la risoluzione. E noi, supposto che già con l'assistenza dell'Ordinario di chi verrà da lui deputato. sia preceduta la consulta nella causa di cui si tratta e che secondo le leggi debba il Reo a rigorosa esamina sottoporsi, ovvero dalla Sacra Congrecazione si sia ricevuto l'oracolo di ciò ch'abbia a farsi, andremo spiegando varie forme di detta esamina, secondo la varietà di casi che possono occorrere nel Santo Tribunale>>.
Il Sacro Arsenale: <<Avendo il reo...>>e per reo Masini intende l'imputato, la persona sospettata e sottoposta a tortura, anche se egli non è stato ancora condannato dal tribunale. E' già scontata la sua colpa Commenta Italo Mereu: <<Il presuppost (taciuto) è quello che qualunque persona sia sottoposta a tortura per l'Inquisitore è già un reo che bisogna solo far confessare>>.
Masini era anche particolarmente attento al linguaggio usato: infatti, trattando della tortura egli scrive: <<...è necessario per averne la verità venir contro di lui alla rigorosa esamina, essendo stata appunto ritriovata la tortura per supplire al difetto dè testimoni...>>.
Mereu <<l'equivalenza rigorosa disamina = tortura è quì fissata, e spesso, quando dovrà accennare all'istituto, il Masini preferirà ricorrere a questa espressione, che è analogismo ed è ben ritrovato. Rigorosa disamina è un sintagma dove il rapporto fra torturatore e torturato, fra chi può chiedere e chi deve solo offrire e rispondere, è sfumato in un'immagine scolastica che richiama alla memoria da un lato i maesri severi, ma giusti, e dall'altro allievi impauriti, trepidanti e ansiosi, che sperano solo di finire, e si augurano che le risposte date siano quelle soddisfacenti e placanti che il maestro attende e desidera. Ma c'è anche una sequenza psicologica non comune nell'uso di questa espressione che identifica la tortura con un esame e questo con la tortura. Alla base c'è la violenza, che tutto altera e distorce; quella fisica e quella psicologica, la territio e il dolore sofferto, che vengono unite in un'immagine in cui il rapporto non è più fra uomo e uomo, ma tra uno che può tutto e un altro che deve solo subire>>.
Per il Masini, a parte qualche nota discordante, la tortura è legittima e necessaria, e non è in contrasto con la dottrina dell'amore e della carità peculiare della Chiesa cattolica: <<Nè ciò punto sconviene all'Ecclesiastica mansuetudine e benignità, anzi, quando gl'indizi sono legittimi, bastevoli, chiari e concludenti in suo genere, può e dee l'Inquisitore in ogni modo e senza alcun biasimo farlo, acciocché i rei, confessando i lor delitti, si convertano a Dio, e per mezzo del castigo salvino l'anime loro>>.
https://www.facebook.com/MadameVrath/
https://plus.google.com/u/0/+MadameVrath?tab=wX
https://twitter.com/MadVrath
https://allmadamevrath.tumblr.com/
https://www.reddit.com/user/madamevrath
https://www.linkedin.com/in/madame-vrath-402a3a3b/
https://www.instagram.com/madame.vrath/