LA TORTURA
La tortura secondo i manuali inquisitoriali
Il castigo come espiazione dei peccati
Comune alla storia della Chiesa fin dal tempo dei flagellanti, la punizione corporale parte da un disprezzo della corporeità che ha radici molto antiche. Occorre mortificare la carne, vivere sul proprio corpo la passione di Cristo, <<stracciare>> questa veste esteriore che si distrugge e marcisce, per giungere <<assottigliati>>, purificati, quasi spiritualizzati in cielo.
Anche la tortura viene considerata un mezzo per salvare l'anima, che avviene solo dopo la confessione, il pentimento, l'abiura, elementi che non danno adito a salvazione fisica.
Il Mereu:<<Qui la tortura è trasformata in un solvente miracoloso e salvifico che, aiutandoci a guardare in noi stessi, ci libera dal peccato. In questo senso l'opera della Chiesa diviene "benigna" la sua crudeltà si trasforma in "mansuetuudine!, e l'opera dell'inqiìuisitoria meritoria e benevola. La tortura è tramutata così in uno strumento pio, e da mezzo primitivo e infantile d'indagine diventa un tabù miracoloso che basta provare per essere salvi.
Per il Masini, per sottoporre una persona a tortura dovevano esserci gli indizi, che però sono talmente arbitrari: <<...dire indizio è comme dire sospetto, e tutti gli aggettivi che sono attribuiti al termine base hanno un significato solo se li riferiamo al lemma portante. Un indizio è "bastevole", "chiaro", "sufficiente", solo quando risulta tale all'inquisitore. Non c'è altra possibilità di confronto o di verifica. E' solo lui che decide>>.
L'inquisitore può decidere il numero degli interrogatori, la loro frequenza e durata, il tipo di tortura e di incarcerazione. Trattando poi in dettaglio il problema della tortura, il Masini come prima cosa nota che l'inquisitore deve essere chiaro e preciso, deve andare diritto al suo scopo - ottenere la confessione - senza perdersi in giri di parole: <<Se dunque il Reo negherà d'aver bestemmiato ereticalmente o percosso le sacre immagiini, e dovrà per ciò essere torturato, si farà venire al luogo dell'esamina, e datoglisi il solito giuramento di dir la verità si esaminerà con modo, e forma divina da quella con la quale altre volte avanti la tortura è stato esaminato; atteso che non dovranno i giudici con lunghe circuizioni di parole e interrogazioni pigliate di lontano con esso lui procedere, ma discender solitamente al negozio del quale si tratta nella forma appuunto che segue...>>
Il Masinii scrive con la massima precisione la diverse modalità. Lo schema è codificato, secondo la famigerata <<griglia>> che non permette al condannato una libera confessione, ma solo di rispondere negativamente o affermativamente a domande già prefissate. Secondo il Masinni è necessario seguire lo schema seguente:
- data dell'interrogatorio
- presenti all'interrogatorio: vescovo o vicario episcopale.
- generalità del torturato
- giuramento di dire la verità
- esortazione degli inquisitori a dire la verità
- minaccia della tortura
- tortura
Nel corso dell rigoroso esame <<...procureranno i Giudci che il Notaro scriva non solamente tutte le risposte del Reo, ma anco tutti i ragionamenti e moti che farà e tutte le parole che egli proferirà né tormetnti, anzi tutti i sospiri, tutte le grida, tutti i lamenti, e le lacrime che manderà>>.
Un esempio di <<tartufismo>> giuridico viene evidenziato dal Mereu: <<E i dottori di nuovo l avviseranno perché dica la verità e non acconsenta d'esser ancora tenuto sotto i tormenti>>.
Masini: <<E se il reo avvenga con animo di non dir la verità, rispondesse: <<Mettetemi giù che voglio dir ogni cosa" - il che si avrà a notare nel processo - dovranno i Giudici istare che comincii a dire la verità; e poi sarà messo giù. E se pure andrà replicando che lo depongano, che la dirà, ancorché similmente non avesse animodi dirla, si potrà far deporre e preoseguire in questo modo: - Allora i Signori, data la promessa suddetta e solo per l'effetto suddetto ecc., con l'intenzione tuttavia ecc. ordinarono che il Costituto fosse piano piano liberato dalla tortura e fatto sedere in uno scanno di legno. Fu messo giù e fatto accomodare su uno scanno di legno. Chiestogli di dire, la verità promessa, rispose ecc. - E' ammonito di recedere da tali sotterfugi e di dire la verità promessa, perché altrimenti si continuerà con i tormenti e sarà tirato su con la corda, rispose ecc.
<<E persistendo egli ad ogni modo nella negtiva, si terminerà l'esamina così: E poiché non si poteva ottenere niente altro da lui, i Signori ordinarono che il Costituto fosse piano piano deposto dalla fune, slegato e rivestito, e che gli fossero liberate le braccia, e poi che fosse ricondotto in cella, essendo stato alzato nella tortura per mezz'ora, calcolata con la clessidra...>>
L'imputato deve iniziare la sua confessione, se vuole che la tortura cessi.
A proposito dell'espressione <<bracchia reaptari>>, il Mereu traduce con <<gli fossero rimesse a posto le braccia>>, che rende maggiormente l'idea della disarticolazione dovuta alla sospensione.
La tortura viene effettuata a più riprese. Nel paragrafo intitolato modo di ripetere o continuare i tormenti il Masini scrive: <<Conviene anche talvolta, e per l'atrocità del delitto, e per la gravità degli indizi e per altri importanti sospetti, ripetere o continuare la tortura; e perciò dovranno in tal caso i Giudici nel fine della prima esamina rigorosa far aggiungere dal Notaro quella clausula: con l'animo tuttavia ecc., che appunto significa in essi Giudici animo di continuare detta tortura. E oltre a ciò avvertiranno che lo stile del Santo Officio è di ripeterla il giorno che immediatamente segue appresso la prima tortura e di non passare ordinariamente la metà dell'ora, cos' nell'una come nell'altra...>>.
La confessione non è una garanzia per il torturando: <<...La tortura all'imputato veniva inflitta per tre ragioni:
- per conoscere il fatto;
- per approfondire di più la conoscenza del fatto (<<pro ulteriore veritate>>);
- per conoscere l'intenzione con cui quel fatto era stato compiuto <<super intentione>>.
L'imputato è torturato per conoscere la realtà dei fatti.
Il Masini scrive a proposito, il paragrafo intitolato Modo di esaminare il Reo né tormenti per ulteriore verità e circa l'intenzione.
<<Se il reo avani la tortura avrà confessato parte dei delitti appostigli, e d'altri resterà convinto e indiziato rispettivamente, avendo già, quanto alle cose confessate e provste, negata la mala credenza, dovranno darglisi i tormenti sopra le cose delle quali resta indiziato e anco sopra l'intenzione, o credenza, intorno all'altre già provate e confessate; e in simil caso converrà che i Giudici facciano la protesta che non gli si dà la tortura, se non per ulteriore verità e cerca l'intenzione, senza alcun pegiudizio per ulteriore verità e circa l'intenzione, senza alcun pregiudizio delle cose da lui già confessate e delle quali è convinto, e tal protesta non è solamente utile, ma anco necessaria...>>.
Se l'imputato ritratta le cose che ha confessatoo sotto tortura, il notaio non deve scrivere la ritrattazione come se fosse seguita a un interrogatorio dei giudici. Ciò che è stato verbalizzato ed è dato per acquisito prima della tortura non può più subire variazioni: <<...se il Reo, ancorchhé confesso e pienamente convinto, senza detta protesta negasse in tortura il fatto, come pure talvolta occorre, e in detta sua negativa persistesse, dovrebbe andarsene assoluto.>>
L'imputato deve ratifcare dopo ventiquattro ore la confessione fatta sotto tortura.
Nel paragrafo Mododi ricevere dal reo la ratificazione delle cose da lui confessate nei tormenti il Masini scrive: <<Ma se egli ricuuserà di ratificarla, anzi si sforzerà di rivocarla, dovrà di nuovoe esser posto alla tortura, acciò ritorni alla già fatta confessione , ancorché altri indizi non soopravvenissero, essendo bastevole ikk nuovo indizio creato dall'antecedente confessione in tortura>>.
La tortura, sia minacciata sia effettuata era una componente quasi indispensabile dei processi inquisitoriali; la sua presenzaera considerata normale, anzi di grande utilità. Dovranno trascorrere secoli, nascere nuove terie politiche, scoppiare rivluzioni prima che si giunga alla definitiva abolizione della tortura, e i macabbri strumenti divengono oggetti da collezione.
A nulla sono valse le proteste dei personaggi del mondo della cultura, da Gian Luigi Vives (1492-1540) alle opere di J. Schaller: Paradoxon de tortura in Chrristiana republica non exercenda (1657); A. Nicolas: Si la torture est un moyen seur a vérifier les crimes secrets (1682); J. Graefe: Tribunnal reformatum (1624) e C. Tomasio: De tortura ex forsi Christianorum proscribenda (1705). Si è dovuto attendere l'avvento dell'Illuminismo, la condanna di Montesquieu in L'esprit de loix, l'opera di Beccaria Dei delitti e delle pene fino alle Osservazioni sulla tortura del Verri per ottenere una prima abolizione, a opera di Federico II di Prussia, con due distinti provvedimenti legislativi datati 1740 e 1754.
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