giovedì 28 dicembre 2017

Riflessioni. 28/12/2017


Per convivere pacificamente su questo pianeta, gli esseri umani, dovrebbero armonizzarsi con tutte le altre specie animali, semplicemente evitando di sbagliare...siamo gli unici capaci di farlo!



Vivere in armonia con il nostro pianeta = fine di tutte le guerre 

Madame Vrath 

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mercoledì 20 dicembre 2017

L'Inquisizione in Italia. Gli ambigui rapporti con gli ebrei

L'INQUISIZIONE IN ITALIA 

Gli ambigui rapporti con gli ebrei



L'altra grande religione monoteistica del bacino mediterraneo era l'ebraismo. Gli ebrei non avevano un proprio Stato e vivevano sparsi discretamente numerosi in Medioriente, Egitto, Africa del Nord, Spagna, Francia meridionale, Italia e Grecia. In queste aree gli scambi con i vicini cristiani erano continui. Per secoli si ebbero in genere buoni rapporti soprattutto nei campi dell'alta cultura e degli affari. Ci furono eccezionalmente dei singoli cristiani che passarono all'ebraismo e anche alcune conversioni collettive tra i Khazari e le tribù berbere dell'Africa settentrionale, ma più spesso accadeva che fossero gli ebrei a farsi battezzare. Una parziale aggregazione degli ebrei cominciò soltanto nel secolo XI in seguito alla crescente ostilità cristiana per motivi soprattutto religiosi: i cristiani, sollecitavano alla conversione il popolo che - nella credenza comune - non aveva riconosciuto Gesù Cristo come messia e lo aveva messo a morte. La coesistenza, tra le due fedi e una certa fluidità dell'appartenenza religiosa mutarono dunque, in modo analogo a quanto accadde nei rapporti tra cristiani e musulmani, al tempo delle prime crociate. Gli ebrei diventarono i capri espiatori delle tensioni in atto e delle paure conseguenti, soprattutto nella regione del Reno, dove nel 1096 ci furono i pogrom, con saccheggi e massacri, poi in Francia, dove vennero uccisi tra i 2.500 e i 3.000 ebrei dai soldati in partenza per la sesta crociata e in Inghilterra. 

Le disposizioni papali

In seguito a questo mutamento di fondo i papi stabilirono in modo formale le regole di comportamento dei cristiani nei confronti degli ebrei: con la bolla Sicut Iudaeis, pubblicata per la prima volta da Callisto II (1119-1124) e ripresa con poche varianti da successori, tanto da essere chiamata comunemente Consitutio pro Iudaeis, si stabiliva che gli ebrei, con i loro usi religiosi e culturali, dovevano essere tollerati secondo gli antichi privilegi pontifici e non potevano essere costretti al battesimo o uccisi o derubati. La funzione protettrice della bolla venne però controbilanciata dalle disposizioni del concilio Lateranense III (1179), che imponevano per la prima volta agli ebrei la proibizione di possedere schiavi, servi e balie cristiani e di erigere nuove sinagoghe. Con le decisioni del consiglio Lateranense III (1179), gli ebrei furono trasformati in <<perpetui schiavi>> dei cristiani: dovevano indossare abiti diversi o un segno per essere immediatamente identificabili, dovevano rimanere in casa durante gli ultimi tre giorni della settimana santa e non poterono ricoprire incarichi negli uffici pubblici. Gli ebrei convertiti inoltre erano sottoposti a controlli perchè si sospettava che continuassero a seguire segretamente l'antica fede. 

Lo stereotipo negativo dell'ebreo

L'ambiguità dell'atteggiamento verso gli ebrei oscillava tra queste due linee contemporaneamente presenti e in parte contraddittorie: rispetto per una religione monoteista che era stata all'origine del cristianesimo e tentativo di ridurre gli ebrei con forti pressioni all'unica vera religione, quella dei cristiani. In questo periodo si cominciò a cristallizzare lo stereotipo negativo dell'ebreo perfido, immondo, infido, traditore, strumento del diavolo per la rovina dei cristiani. L'accusa di omicidio rituale, secondo la quale gli ebrei avrebbero sgozzato bambini cristiani per impastare con il loro sangue il pane azzimo o per scopi magico-medicinali, furono fatte proprie da documenti pontifici. 

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L'Inquisizione in Italia. Le crociate come guerra santa all'interno e all'esterno dell'Occidente.

L'INQUISIZIONE IN ITALIA 

Le crociate come guerra santa 
all'interno e all'esterno dell'Occidente



La cristianità Occidentale non er uuna società chiusa in se stessa, ma conviveva e si scontrava nel bacino mditerraneo, in un rapporto altalenante con l'Islam, l'altra grande religione monoteista diffusa e dominante in Spagna, nell'Africa settentrionale, in Sicilia e nel Medioriente fino all'Afghanistan e all'India, che portò molte conversioni di cristiani al credo maomettano soprattutto nella penisola iberica. L'Occidente subì l'espansione dell'Islam nei secoli VIII - IX, mentre nei primi secoli dopo il Mille, in seguito alla crescita demografica, al miglioramento della vita materiale e a una rinnovata forza militare si ritenne più forte così che accentuò il conflitto con il mondo musulmano. La liceità della guerra a protezione dei fedeli, teorizzata da Agostino, la guerra come mezzo di socializzazione della cavalleria a difesa dei poveri e della Chiesa, le milizie armate per riportare la pace di Dio tra i conendenti delle lotte nobiliari e cittadine, soprattutto in Francia, crearono un ambiente in cui la violenza armata per motivi religiosi ottenne un imperativo morale. 
Il commercio marittimo nel Mediterraneo dalle mani dei mercanti islamici ed ebrei alle Repubbliche cristiane di Venezia, Pisa, Genova e ai porti di Marsiglia e Barcellona. La cristiantà occidentale condusse delle guerre sante contro l'Islam sia in Europa sia in Medioriente ed è indispensabile vedere almeno in breve questa storia nel suo complesso poiché le crociate vennero poi usate per la conversione dell'Europa nord-orientale dalla Prussia alla Livonia, e per la repressione dell'eresia in Francia. Dall'altra parte anche l'Islam teorizzava la guerra santa contro gli arabi miscredenti, gli ebrei e i cristiani. 

La riconquista dei territori europei sotto il dominio dell'Islam

Dalla mtà del secolo XI alla metà del XIII la Reconquista cristiana dei territori spagnoli sottoposti ai regni arabi ne ottenne la riappropriazione per la maggior parte, lasciando sussistere solo il regno di Granada, e fu ricostruita come una crociata da papa Urbano II (1088-1099), che concesse le stesse indulgenze date a chi partiva per la Terrasanta. Molte moschee furono trasformate in chiese, ma si lasciò ai musulmani una relativa libertà di religione purché fossero politicamente sottomessi. In certe città come Siviglia, presa nel 1248, i musulmani furono spinti ad andarsene, in altri casi furono tollerati, ma emarginati. 
Anche la conquista della Sicilia saracena da parte dei normanni nel 1091  fu vista come una guerra Santa della croce contro l'Islam. Qui la forte immigrazione di abitanti dall'Italia continentale favorì il progressivo allontanamento dei musulmani. 

Le crociate in Palestina

Ma le crociate in senso stretto più note furono quelle che mirarono alla riconquista dei luoghi sacri in Palestina, in particolare Gerusalemme, dopo l'espansione del grande impero dei Selgiudichi turchi verso occidente e la caduta di Gerusalemme nel 1076 e di Antiochia nel 1085. L'imperatore di Costantinopoli cercò di ottenere l'appoggio dei cavalieri occidentali, ma le ragioni che mossero le crociate, furono soprattutto interne alla cristianità occidentale, militare e alla cosiderazione che la guerra, tra cristiani era contraria alla pacificazione voluta da Dio. L'uso delle armi era invece lecito contro i nemici della fede. Papa Urbano II alla fine del sinodo riformatore di Clermont nel 1095 lanciò un appello per la liberazione del Santo Sepolcro che sollevò una vasta ripresa per motivi spirituali e materiali, collegati questi ultimi alle favoleggiate ricchezze dell'Oriente. Nella primavera del 1096 partì una spedizione raccogliticcia e disorganizzata che, dopo il massacro di ebrei in alcune città tedesche, attraverò il mare e venne ben presto annientata. Nell'estate del 1096 si mise in moto la prima crociata vera e propria. Sotto la guida di un legato papale e di diversi signori feudali, vari eserciti si diressero prima a Costantinopoli e poi in Palestina. La crociata combinava la guerra santa conro gli infedeli e il pellegrinaggionei luoghi sacri, che continuò in vario modo per tutto il medioevo. Dopo alcune vittorie militari, la presa di città importanti e la creazione di piccoli Stati feudali (Edessa, Antiochia), con la nomina di un patriara latino ad Antiochia, il 15 luglio 1099 Gerusalemme fu riconquistata e i crociati la elessero a sede di un regno e di un patriarcato latino. Più tardi fu costituita la contea di Tripoli. 
La prima spedizione ufficiale fu l'unica che si concluse con una piena vittoria degli eserciti venuti dall'Europa. Gli stati crociati erano piccole enclaves cristiane in un tterritorio compleatamente musulmano e le necessità militari divennero prioritarie su quelle del pellegrinaggio nei luoghi santi. Furono erette imponenti fortificazioni per resistere agli attacchi e per organizzare l'occupazione e lo sfruttamento delle zone conquistate. Furono inoltre creati gli ordini cavallereschi, che in breve divennero istituzioni ricche e potenti. Le altre sei crociate, fino alla fine del secolo XIII, cercarono in vrio modo di porre riparo alle riconquiste operate dai musulmani, ottenendo però risultati parziali o ripiegando su obiettivi lontani da luoghi sacri. La prima a essere riconquistata dai musulmani fu Edessa (cui seguì la seconda crociata, 1147-1149), poi anche Gerusalemme cadde nelle mani del Saladino, sultano d'Egitto (terza crociata, 1189-1192); la quarta crociata (1202-1204) ripiegò sulla conquista di Zara e di Costantinopoli a favore dei veneziani, con il conseguente indeblimento dell'impero bizantino, che era l'unica forza in grado di contrastare i musulmani. Seguì l'impressionante tragica <<crociata dei fanciulli>> (1212), che non arrivò mai in Medioriente. Solo la quinta crociata (1228-1229) ottenne alla fine, attraverso trattative diplomatiche condotte da Federico II, la restituzione di Gerusalemme, che tuttavia fu ripresa dai musulmani nel 1244. Le ultime due crociate, guidate da Luigi IX di Francia, furono dirette con risultati disastrosi contro l'Egitto (1248-1254) e contro Tunisi (1270). La fase delle guerre per la conquista della Terrasanta si concluse miseramente sul piano militare, ma l'idea di crociata rimase per molto tempo nelle aspirazioni degli alti prelati e dei signori feudali. Nel concilio ecumenico di Lione del 1274 fu nuovaamente deicisa una decima di sei anni per la crociata, ma inutilmente. Nel 1289 cadde Tripoli e nel 1291 Accon, l'ultima roccaforte cristiana in Medioriente. Ancora nel 1313 i re di Francia e Inghilterra presero l'impegno solenne di vestire la croce, ma nessun esercito partì più per liberare il Santo Sepolcro. 

Senso religioso e altre funzioni delle crociate

Se è indubbio che gli interessi militari e mercantili dei nobili europei e di alcune Repubbliche marinare furono un potente incentivo per le crociate, nelle quali trovarono sfogo passioni violente e desiderio di avventura e di nuove ricchezze, è anche vero che furono proposte dal papato per motivi di tipo religioso, connessi alla liberazione dei luoghi sacri e alla lotta contro l'Islam. I crociati venivano benedetti, portavano la croce sul mantello, combattevano e uccidevano il nemico per vincere, e contemporaneamente per ottenere indulgenze e remissione delle proprie colpe. I crociati partivano perché <<Deus lo volt>> e per realizzare l'invito di Cristo: <<Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua>>, interpretando questo passo in modo del tutto aberrante rispetto al suo significato originario. La croce, simbolo del martirio di Cristo, divenne il segno protettivo di chi uccideva gli infedeli. 
Ci furono ordini religiosi veri e propri che coniugarono gli insegnamenti di Gesù con la milizia armata. Gli ordini cavallereschi principali furono i templari (1119), i giovanniti (verso il 1120, chiamati anche ospedalieri, più tardi cavalieri di Rodi, poi di Malta), i teutonici (1198), oltre a parecchi altri ordini minori. Tra i loro scopi rientravaa l'assistenza ai pellegrini, la cura dei malati, la difesa armata contro i musulmani, ed erano di solito organizzati in cavalieri nobili, cappellani e semplici fratelli. 

Le crociate all'interno dell'Europa


Cavalieri teutonici


Templare


Il sistema della crociiata venne usato anche per sottomettere la popolazione pagana dei vendi (o sòrabi, o serbi di Lusazia) sulle rive del mare Baltico (1147-1185), per la guerra santa contro gli eretici albigesi (1208-1229), per costringere i sudditi del vescovo di Brema a pagare le decime (1232-1283), per le campagne militari di vescovi, ordini cavallereschi locali e poi dell'ordine teutonico che cristianizzarono e conquistarono i livoni e gli estoni (1198-1290), poi i prussiani (1230-1283), con grandi difficoltà nei decenni iniziali. Il concilio di Lione decise di indire una crociata contro l'imperatore Federico II, accusato dal papa di perseguitare la Chiesa e di essere amico di principi musulmani. 
Lo spirito originario della lotta della Croce contro la Mezzaluna rispondeva all'esigenza di compattare la società civile e religiosa europea erosa da particolarismi e lotte intestine, attraverso l'identificazione di un nemico esterno grande e temibile, l'Islam, mentre nelle altre campagne crociate la forza fu esercitata contro nemici esterni marginali o contro altri cristiani dissidenti. Il cristianesimo occidentale sotto la guida del papato e con il braccio armato di re, feudatari e ordini cavallereschi, divenne ancor più la religione degli eserciti, come aveva comiciato a fare già in età franca, impegando le armi per lottare contro un'altra civiltà, quella musulmana, ma a un certo punto anche per piegare il dissenso interno alla cristianità, o la semplice disobbedienza, e per convertire e assogettare alcun popoli pagani nell'Europa nord-orientale.

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lunedì 18 dicembre 2017

Azione e reazione



Se è indubbio che gli interessi militari e mercantili dei nobili europei e di alcune Repubbliche marinare furono un potente incentivo per le crociate, nelle quali trovarono sfogo passioni violente e desiderio di avventura e di nuove ricchezze, è anche vero che furono proposte dal papato per motivi di tipo religioso, connessi alla liberazione dei luoghi sacri e alla lotta contro l'Islam.
Da L'Inquisizione in Italia. Di Andrea Del Col

Ecco perché i fondamentalisti islamici ci chiamano "crociati"...ad ogni azione corrisponde una reazione. E dovremmo essere gli "esseri superiori" in cima alla piramide... in cima alla piramide della stupidità, ci sono gli esseri umani, questo è SICURO. 
Madame Vrath 

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sabato 4 novembre 2017

La tortura. La tortura nel Medioevo. La tortura nel Medioevo Germanico

LA TORTURA

LA TORTURA NEL MEDIOEVO

La tortura nel Medioevo Germanico



La storia insegna che l'impero romano cadde sotto la spinta delle invasioni barbariche. Quel grande esempio di Stato accentratore che aveva conquistato il mondo era ora soggetto a popolazioni che all'apparenza sembravano selvagge, ma a ben guardare, lo erano molto meno di coloro che erano stati conquistati. Nelle varie raccolte di leggi barbariche, non si trova l'istituto della tortura. 
Il rozzo diritto dei conquistatori ben presto venne in contrasto con le leggi dei vinti, e questa sovrapposizione di concezioni durerà per buona parte del Medioevo. Le concezioni barbariche avevano come fondamento l'assoluta indipendenza personale dell'individuo, dell'uomo libero, dallo Stato. Si concepiva il delitto come torto personale, il processo come rapporto sociale di ragione prevista; non era nell'interesse della società la repressione dei delitti né la loro ricerca rientrava nelle attribuzioni dello Stato. A maggior ragione, non si poteva riconoscere all'autorità giudiziaria il diritto di sottoporre accusati o testimoni a mezzi d'indagine, come la tortura, afflittivi del corpo>>. 
I principali strumenti di giudizio del diritto barbarico erano l'ordalia e il duello giudiziario. A queste prove erano però ammessi solamente gli uomini liberi, per alcune legislazioni, potevano essere assoggettati a tortura gli schiavi come era successo nella Grecia classica. Anche presso i Germani era tutelato l'interesse del padrone dello schiavo, che aveva diritto a un indennizzo se la sua <<merce>> veniva danneggiata dai tormenti. Queesta disposizione si trova nelle leggi dei Franchi salii, dei Borgognoni, dei Visigoti, dei Bavari e dei Merovingi sia nel testo più antico, sia in quello più tardo di Carlo Magno. 
Nella Lex Baiuvariorum, il cuui testo definitivo è attribuito al duca Odilone (744-48) sono presenti solamente gli accordi economici tra il padrone dello schiavo e chi lo deve torturare. Nella Lex Salica, che si fa risalire a re Clodoveo (481-511) sono descritti anche i tipi di supplizi che possono essere usati: cavalletto e battiture con verga. La Lex Visigothorum: è prevista la tortura degli schiavi, anche di sesso femminile, per reati quali il furto, l'adulterio, l'omicidio e la magia. La tortura degli uomini liberi è subordinata all'esito sfavorevole dell'ordalia dell'acqua bollente, mentre per i nobili è prevista solo in caso di delitti gravissimi come l'attentato alla vita del re. Se viene torturato un uomo libero e resiste i tormenti, colui che lo accusa diventa il suo schiavo, . se l'accusatore tortura a morte l'accusato, deve essere consegnato ai parenti del morto; il giudice che ha permesso una tortura troppo feroce che ha causato la morte dell'accusato deve essere consegnato nelle mani dei parenti del morto; l'accusatore deve segretamente consegnare al giudice la sua accusa, e se il torturato confessa una cosa diversa da quella per il quale è accusato l'accusatore viene condannato a un'ammenda anche pecuniaria; queste sono alcune delle disposizioni visigote in fatto di tortura; sono molto rigide e risentono delle norme del diritto romano. 
Presso gli Alemanni, è presente una rigida legislazione che prevede la tortura per le streghe: stria seu herbaria e per liberi di condizione servile. 
Per quanto riguarda i Franchi, la tortura è testimoniata da Gegorio di Tours (538-594) che nella Historia Francorum riporta episodi di tortura di uomini liberi e anche sacerdoti. Il Concilio di Reisbach in Baviera, dell'800 prevede che possano essere torturati gli accusati di magia. 
Pare invece che presso i Longobardi la tortura non fosse in uso. 
<<Le leggi romano-barbariche, romane per la fonte, per il contesto e per i destinatari, barbariche per le autorità che ne ordinarono la scelta e le promulgarono, poterono essere il tramite per cui la tortura entrò dapprima, se non ancora negli ordinamenti, nelle concezioni giuridiche dei maggiori popoli germanici>>. 
Dal X secolo il carattere germanico delle istituzioni diviene più pregnante, e, lentamente, l'ordalia sostituisce l'usso della tortura, complice anche la discgregazione dello Stato dopo il sogno di Carlo Magno, e il ritorno a una parcellizzazione feudale del territorio. Dal IX secolo in poi non vi sono fonti che parlano della tortura, fino al XIII secolo.

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La tortura. La tortura nel mondo antico. La flagellazione di Cristo e la legge romana

LA TORTURA

LA TORTURA NEL MONDO ANTICO


La flagellazione di Cristo e la legge romana



Dal film "The Passion of the Christ" di Mel Gibson. Jim Caviezel.


La flagellazione era molto usata anche con uomini liberi, soprattutto nelle colonie; è nota a tutti la flagellazione alla quale Cristo fu sottoposto su ordine di Ponzio Pilato. 
Luca ne parla assolutamente e si limita a riportare le parole del procuratore romano: <<Dopo averlo fatto frustrare lo lascerò libero>>. La testimonianza è di notevole importanza, perché mostra la volontà di Pilato di non condannare Gesù alla crocifissione, <<limitandone>> la pena a una solenne flagellazione, che era una punizione e nulla più. 
La flagellazione era anche applicata come supplicium more maiorum, fino a quando all'inizio dell'età della repubblica, venne abolita dal diritto romano. 
La tecnica <<consiste nell'introdurre il capo del condannato in un legno di varia foggia, chiamato genericamente furca alle cui estremità vengono fissate le mani con corde; così conciato, l'infelice è trascinato per le vie della città, subendo gli scherni degli spettatori, le percosse dei carnefici i colpi di verga dei tortores; se poi sopravvive ai colpi, legato a un palo nel foro, viene miseramente finito con le verghe>>. (G. Zaninotto, La tecnica della crocifissione Romana). 
Quando la flagellazione precedeva la pena capitale, il numero dei colpi inflitti non era mai condizionante per il fisico del condannato; l'intera procedura assumeva anche un significato simbolico, oltre a essere una forma per distruggere ulteriormente il fisico della vittima. E' emblematica, in questo caso, la testimonianza di Abdia: <<Il proconsole dopo averlo (Andrea, nda) fatto battere tre volte con sette colpi di flagello, comandò che fosse crocifisso>> (Historia Apostolica, III, 40). 
Presso i giudei la flagellazione era un supplizio praticato abitualmente. Deutremonio: <<Se il colpevole merita di essere battuto, il giudice lo farà stendere giù e lo farà battere in sua presenza con un numero di colpi in proporzione al suo torto: quaranta battiture potrà farli dare, non di più, perché oltrepassando questo numero di battiture, la punizione non sia esasperata e il tuo fratello resti infangato ai tuoi occhi>>, ma la sua applicazione era calmierata dalla Legge mosaica. I colpi inflitti non potevano superare i trentanove: tredici sul petto e altrettanti sulle singole spalle. Questo limite è confermato dall'apostolo Paolo. 
Il devastante effetto delle fruste è fin troppo conosciuto: Giuseppe Flavio ed Eusebio hanno riportato descrizioni in cui è detto che la flagellazione produsse lacerazioni tali al punto di esporre le ossa e in alcuni casi i visceri dei condannati. 
Se consideriamo che la pelle dell'uuomo occupa una superficie totale compresa fra 1.5 e 2 mq con uno spessore variabile tra 0.5 a 4 mm, dove in un centimetro di cute sono in media contenute duecento terminazioni dolorifiche, venticinque corpuscoli tattili, quattro metri di rete nervosa, un metro di capillari e tre milioni di cellule nervose, ci rendiamo conto dell'entità della sofferenza prodotta dalla flagellazione, estesa sistematicamente su quasi tutta la totalità del corpo. 
La frusta, attraverso un meccanismo contundente di martellamento, determinato dalla forma dei flagelli, provocò certamente sul corpo di Cristo una serie di lesioni di aspetto e di dimensioni variabili in relazione alla forza impressa dai torturatori e condizionata dalla direzione da cui giunsero i singoli colpi. Da parte di alcuni patologi c'è stato il tentativo di studiare oggettivamente quelli che sarebbero stati gli effetti della flagellazione sul corpo di Gesù: la prognosi prodotta dall'analisi delle circostanze ipotizzate, sulla base di testi evangelici e sui pochi dati storici, è certamente grave. Tale da determinare la morte del condannato.
La pena era applicata con verghe e con una frusta costituita da uno o tre lorum (corregge), ma in questo caso il numero dei colpi era limitato a tredici. 
La flagellatio ad libitum, in uso tra i Romani, non fissava alcun limite al numero dei colpi, che era quasi sempre lasciato all'arbitrio dei flagellatori, i quali cercavano di fermarsi prima che il condannato perisse in seguito alle sofferenze patite. 
In alcuni casi, per i delitti particolarmente gravi, si applicava anche il supplicium more maiorum, in seguito abolito. In territori di provincia l'esecuzione era affidata ai militari, che utilizzavano tre strumenti, scelti in relazione alla posizione sociale del condannato: le verghe per i liberi, i bastoni per i soldati, la frusta e il flagello (flagrum e flagellum) per gli schiavi.  
<<Diversi erano gli strumenti in uso per la flagellazione, e diverse, quindi, gli effetti sui corpi. La differenza era richiesta non dalla gravità del reato, ma dalla condizione sociale del reo. Se il flagellato era uno degli honestiores, cioè uno che possedeva diritti derivanti dal censo, si mettevano in attività le virgae o verbera (Cicerone, Sallustio, Livio, V. Massimo). Se era un militare aveva diritto ai bastoni, i fustes (Cicerone, Tacito, Dione); così pure i cittadini liberi, ma di censo mediocre (Svetonio). Per gli schiavi e gli Humiliores era riservato il flagrum flagellum, formato da due o tre strisce di cuoio o di corda (lora) terminanti con ossicini di pecora, astragali, dadi di legno che lo rendevano particolarmente distruttivo delle schiene (horribile flagrum)>> (G. Zaninato, Roma). 
La documentazione storica sulla flagellazione riferibile alla tradizione giuridica romana, assume toni ambigui, proponendo questa pratica come una forma di violenza integrativa alla pena capitale. In alcuni documenti romani del I secolo sono citati dei verbatores: uomini incaricati di flagellare il condannato, trascinarlo fino al luogo dell'esecuzione e issarlo sul patibolo. Questi <<professionisti>> del dolore fornivano la loro opera dietro compenso ed erano spesso chiamati a lavorare nelle case dei patrizi, oltre a rispondere ai magistrati. 
Dalla Lex Valeria (509 a.C.) alla Lex Sempronia, le testimonianze conservate dimostrano come fu possibile <<non tener conto dei diritti fondamentali dei cittadini che la prepotenza dei magistrati o le necessità contingenti facilmente eludevano>>. (G. Zaninotto, Roma). 
La flagellazione per i Romani assumeva tonalità diverse diventando segno di infamia, riservato solo alle classi più misere. Nel caso il condannato fosse uno schiavo colpevole di crimen laeve, il numero di colpi da infliggere poteva essere stabilito dal suo padrone. Lvio ci comunica che per motivi particolarmente gravi anche le donne potevano essere sottoposte alla pena della flagellazione. 
Quanto va sottolineato, è l'assoluta mancanza nella flagellazione romana, di un limite da non oltrepassare, e questo dato è particolarmente importante, poiché ci permette di ipotizzare che Gesù, subendo la pena secondo la legge rappresentata da Pilato, fu quasi certamente percosso da molti colpi di flagello destinati a devastare il suo corpo posteriormente e anteriormente. Accanto alle verghe e ai bastoni usati per la fustigazione, i carnefici romani potevano anche contare sul flagrum, sul flagrum taxillatum, o sul plumbum o plumbata di cui abbiamo ancora testimonianze attraverso le descrizioni classiche e i reperti archeologici, come il flagrum conservato nel Museo Nazionale delle Terme di Roma. 


La Sacra Sindone. Torino 

Se osserviamo la Sindone di Torino, notiamo che sul corpo dell'uomo che vi è stato avvolto vi sono tracce di una flagellazione inferta con il flagrum taxillatum in uso alle truppe di privincia, costituito da un'impugnatura alla quale erano collegate corde, catene e strisce di cuoio con pezzi di osso di metallo o con piccoli manubri di piombo. 
Il devastante effetto di questa frusta è conosciuto dagli studiosi: gli scrittori dell'antichità hanno riportato descrizioni spesso tremende, che pongono in evidenza i risultati di una flagellazione effettuata con l'ausilio di quel temuto strumento di sofferenza. Tali fruste, nelle mani di abili torturatori, diventano ulteriormente terribili. 
Queesi fatti appartengono alla storia e comunque si voglia interpretarli, sono una delle tante conferme dei livelli raggiunti dall'uomo, sempre così abile nell'inventare le sofferenze per i propri simili. 
Nonostante la grande diffusione raggiunta; anche la flagellazione cadde in disuso, ma la diminuzione della sua applicazione fu un riflesso, non un'iniziativa direttamente orientata a ridimensionare l'estensione della pena. 
La legge romana prvedeva che la vittima fosse frustata in un luogo pubblico; inoltre si ha notizia di varianti praticate in area orientale, in cui le vittime potevano essere appese per i capelli, oppure distese a terra tra quattro pioli laterali ai quali erano legati mani e piedi. A percuotere i condannati erano i tortores, schiavi preparati in un'apposita scuola, oppure soldati comandati a questo particolare incarico, che generalmente operavano in coppia. Cicerone descrive sei lictores incaricati di punire contemporaneamente un solo condannato; accompagnavano in numero variabile i magistrati, consoli e proconsoli, portavno una fascia di bastoni legati con un'ascia gli strumenti necessari per la loro opera. Con la verga si colpiva e con la fascia si uccideva <<i fasci quindi, contrariamente alla credenza di molti, non erano simboli del potere romano, (rappresentato invece dalle aquile imperiali), bensì simboli e strumenti pratici per la giustizia punitiva, come ai giorni nostri un modello di ghigliottina o di sedia elettrica>>. 
Riguardo a Cristo, riferendoci alla tradizione del suo tempo e alla volontà di Pilato di impartire una punizione solenne, possiamo ipotizzare che i colpi inferti fossero certamente numerosi, forse determinati dalla violenza di due o più tortores armati di orribili flagra, da ognuno dei quali si diramavano lorae di cuoio. 
Sulla Sindone di Torino, ne sono stati contati novantotto, di questi cinquanta sono ternari (dovuti a una frusta costituita da almeno tre terminazioni doppie), nove hanno solo qualche traccia del terzo segno del flagello; diciotto presentano solo l'impronta di due punti terminali e ventuno hanno solo un segno. Studiando la posizione di tali segni, si è giunti alla conclusione che il corpo dell'uomo della Sindone fu probabilmente colpito con almeno tre flagelli. I carnefici furono particolarmente pesanti nel colpire risparmiando solo una parte del torace forse per la difficoltà di raggiungerlo, come è stato sottolineato, perché si trattava di un'area delicata dove una eccessiva sequela di colpi avrebbe determinato un <<tamponamento cardiaco da perdicardite sierosa traumatica>>. 
Senza dubbio forti traumi prodotti dal flagrum condizionarono non poco il corpo già fortemente provato del condannato. Se partiamo dal presupposto che la tortura non seguì le regole della flagellazione ebraica allora evidentemente ci troviamo davanti a un caso difficile da qualificare scientificamente. Stando alle fonti evangeliche, è certo che Cristo non morì nel corso della flagellazione: possiamo però ragionevolmente considerare questa punizione come una delle cause principali della sua rapida agonia sulla croce. 
Se ci addentriamo in una più profonda analisi della morte di Cristo, ci accorgiamo che il suo martirio si compì in uun lasso di tempo relativamente breve, in quanto abbiamo testimonianza di crocifissi agonizzanti sul palo da alcune ore fino a due giorni. 
Diversi <<focolai di tossine>> - cos' sonoo chiamati dai patologi gli effetti delle sofferenze pre-crocifissione - influirono pesantemente sul corpo di Cristo, tanto da condurlo in breve tempo verso la necrosi miocardica. 

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LA PASSIONE DI CRISTO - FLAGELLAZIONE





Dal film "The Passion of the Christ" di Mel Gibson. Jim Caviezel.

mercoledì 1 novembre 2017

La tortura. La tortura nel mondo antico



LA TORTURA

LA TORTURA NEL MONDO ANTICO

Non si accenna a torture nel Codice di Hammurabi né nelle procedure giuridiche indiane, considerata però una pena e non una tortura. In Palestina lo statuto della tortura è presente in epoca piuttosto tarda: le fonti, in particolare Giuseppe Flavio (Antiquitates Iudaicae 16,10-11) riportano che Erode I il Grande usò la tortura, contrariamente invece agli Egiziani e ai Persiani. In Egitto la tortura è attestata dalle fonti, in particolare Luciano, Ammiano ed Eliano, fin dal XII seccolo a.C. mentre Erodoto sostiene che in Persia era pratica comune. 
Alla base dei processi vie era la testimonianza. Questa veniva convalidata dagli uomini liberi tramite un giuramento, mentre per gli schiavi era prevista la tortura. I padroni potevano concedere i propri schiavi alla tortura o rifiutare, patteggiare le forme di supplizio ed essere risarciti in caso di danni permanenti alla persona dello schiavo. 
La tortura più comune era il flagello, seguito dalla ruota, che serviva a slogare le giunture, e da molte altre, come si può leggere nelle Rane di Aristofane: <<... Appendilo alla scala, / sferzalo a sangue, legalo alla ruota, / dagli la fune, versagli l'aceto, / nelle narici, scorticalo, mettigli / tegoli sulla pancia, fagli tutto!>>. 
Ad Atene abbiamo notizia di applicazione su uomini liberi solamente nel periodo delle tirannie, mentre il governo democratico la vietava. In altre zone della Grecia si era sottoposti a torture per delitti molto gravi, come, ad esempio, l'accusa di lesa maestà. La tortura era invece molto più usata nelle colonie, in particolare quelle della Magna Grecia. 
Per il mondo romano, le torture più comuni usate sugli schiavi erano vari tipi di torsioni dei muscoli, lo slogamento delle giunture e la rottura delle ossa, ottenute in particolare con il cavalletto e le fidiculae. Il cavalletto, chiamato equuleus, consisteva in una macchian di legno simile a un cavallo sulla quale si legava la persona, che veniva sottoposta a stiramento tramite corde e pesi. Le fidiculae erano cordicelle che venivano usate per slogare gli arti. Altri supplizi erano gli unci, uncini con i quali venivano straziate le carni, lastre di bronzo arroventate, e la flagellazione con le plumbatae, staffili formati da numerose cordicelle legate assieme, che alla fine avevano a volte uncini, a volte invece pesi di piombo.

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martedì 31 ottobre 2017

La tortura. Introduzione



LA TORTURA

Introduzione

Questo lavoro è stato concepito come una ricerca sulla tortura, intesa come forma della mortificazione della carne, tesa a depurare quest'ultima dalle <<scorie>> del peccato, al fine di permettere la redenzione dell'anima. In questo suo aspetto è assai simile all'automortificazione corporale di alcune mistiche che vissero tra il Cinquecento e il Seicento, le quali trovavano nel dolore la sublimazione delle colpe e una via privilegiata verso la santità. 
La Chiesa considerva il corpo, principale protagonista della tortura. 
Il materiale raccolto cira l'uso della tortura e gli strumenti ideati allo scopo serve a semplificare l'accurata ricerca dell'effetto desiderato e la genialità, per quanto moralmente discutibile, dei professionisti dell'altrui sofferenza, i quali erano al servizio di un'ideologia di repressio della materia, sulla scia di una tradizione di negazione del corporale, in particolare dell'aspetto sessuale dell'individuo. 
Nell'ambito delle vittime di quest'ideologia ho privilegiato la stregoneria, riscontrando una linea di pensiero ginofobica e di negativizzazione del sesso che parte dal mondo greco e semitico per fondersi nel cristianesimo nascente e trovare ampia teorizzazione nei Padri della Chiesa. 
La conseguenza pratica di questo pensiero è la griglia accusatoria che accomuna gli eretici: catari, albigesi, streghe, ebrei, luterani; più oltre turchi e musulmani sono accusati di orge sessuali contro natura, di uccisioni rituali, di omofagia, di rapporti sessuali con demoni. 
La maggior parte delle torture praticate dall'Inquisizione interessa il corpo femminile e la zona genitale-anale, in modo ossessivo e paradossale. E' evidente una correlazione, da un lato, tra il presupposto disordine sessuale che si riscontra - a detta degli accusatori - nel sabba, luogo della liberazione istintuale per eccellenza, e, dall'altro, la concezione negativa e mortificante del corpo da parte della Chiesa, accentuatasai nel periodo tridentino e post-tridentino, e la macerazione, amputazione, lacerazione fisica del corpo, sede del peccato, effettuata nelle camere di tortura presso i tribunali. Mi sembra altresì evidente il tipo di controllo che la Chiesa svolge sulle mistiche e sulle estatiche, che sublimano la libido repressa in visioni dolorose, flagellazioni, purgazioni, discipline. 
E' il corpo il principale bersaglio della macchina repressiva della Chiesam in quanto espressione massima della libertà individuale e luogo privilegiato della lotta tra bene e male, tra santità e perdizione. 

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Amore e umanità



"E' il corpo il principale bersaglio della macchina repressiva della Chiesa, in quanto espressione massima della libertà individuale e luogo privilegiato della lotta tra bene e male, tra santità e perdizione. Ed è sul corpo appunto che la tortura infierisce."
 Da La Tortura di Laura Rangoni

Un'istituzione che continua perseverando nell'offendere l'intelligenza delle persone, è inaccettabile dover sentirsi dire da uomini.. perché sono uomini, come bisogna condurre la propria vita in tutti i suoi aspetti, in che cosa bisogna credere, quali preferenze sessuali bisogna avere (da gente che predica bene e razzola MALISSIMO!)... Questa istituzione è identica alla sua antagonista, non predica l'amore, perché l'amore è incondizionato e non ha sesso, l'unica differenza dall'altra è che, fortunatamente non ha più la possibilità di torturare e uccidere la gente "i peccatori", in piazza e con la massima libertà. Questa è l'unica differenza, altrimenti cambierebbero solo i nomi e le favolette. 
Madame Vrath

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giovedì 5 ottobre 2017

L'INQUISIZIONE IN ITALIA. I dissidenti nella cristianità occidentale durante il secolo XI

L'INQUISIZIONE IN ITALIA 

I dissidennti nella cristianità occidentale
durante il secolo XI



Alcuni sporadici e limitati casi di dissenso religioso nella cristianità occidentale si manifestarono nella prima metà del secolo XI soprattutto in Francia, ma anche in Italia e Germania, secondo le laconiche e non sempre attendibili fonti a disposizione, tutte cronache scritte da ecclesiastici. Si trattò sempre di individui e gruppi isolati, senza nessun contatto tra loro, e con una permanenza molto breve, compresa la ventina d'anni della pataria milanese, che coprì il periodo più esteso. 

Le prime contestazioni dottrinali

Le esperienze religiose e le rivendicazioni dottrinali e pratiche furono le più disparate: Leutardo di Vertus nella Champagne verso il 1000 spezzò il crocifisso: leggeva e commentava la Bibbia, predicava contro l'obbligo di dare le decime al clero. Gli eretici dualisti di Acquitania verso il 1018 <<negavano il battesimo, la croce e tutta la santa dottrina: con l'intenzione di mostrarsi come monaci si astenevano dal cibo e simulavano la castità, ma fra loro esercitavano ogni lussuriaed erano messaggeri dell'anticristo, e fecero deviare molti dalla retta fede>>. Alcuni canonici d'Orléans nel 1022 negarono la Trinità, l'incarnazione di Cristo, la maternità divina di Maria, rifiutarono tutti i sacramenti e probabilmente i cibi di carne. Ad Arras nel 1025 alcuni predicatori eretici, negavano l'utilità dei sacramenti, accettavano solo il vangelo, ritenevano di essere salvi non per grazia di Cristo ma per i meriti delle proprie azioni, si proponevano di evitare la concupiscenza e di sostenersi con il proprio lavoro. I dissidenti di Chalons-sur-Marne fra il 1406 e il 1408 rifiutarono il matrimonio, i cibi di carne, l'uccisione di qualsiasi animale, e ritenevano di poter conferire lo Spririto Santo attraverso l'imposizione delle mani. Ci fù anche un acomunità interamente eretica, dalla contessa ai contadini, a Monforte in Piemonte, dove verso il 1028 i dissidenti leggevano la Bibbia interpretandola spiritualmente, pregavano giorno e notte e la loro morale tendeva al distacco dalla materia in vari modi, comprese la ricerca di una morte violenta, da vivere come martirio. 
Nel passato gli storici interpretarono alcuni di questi elementi come segni anticipaori delle dottrine dualistiche catare. 

Il movimento patarino

Una collocazione a parte merita la pataria un movimento riformatore a base popolare sorto in confronto col clero concubinario e simoniaco, iniziato dal diacono Arialdo e dal nobile Erlembaldo e in pieno svolgimento dal 1056 al 1075 circa soprattutto a Milano in Lombardia. All'inizio il movimento era perfettamente inserito nell'ortodossia e anzi i patarini appoggiavano e realizzavano a modo loro la riforma della Chiesa e del clero che sostenevano i pontefici per combattere la compravendita dei benefici ecclesiastici: osteggiavano in vari modi il clero ritenuto corrotto, boicottanado liturgia e sacramenti e istruivano veri e propri processi fatti da laici nei confronti di preti ritenuti indegni. Il movimento nacque a Milano, si diffuse in altre città dell'Italia settentrionale, e non si fermò neppure di fronte a diversi tentativi fatti da speciali legati papali inviati a mediare tra patarini e clero per ripristinare l'ordine. Il rigorismo patarino si rivelò incompatibile con le esigenze del governo ecclesiastico. Il movimento si sfaldò dopo vent'anni di operosità e solamente una minoranza intransigente ne continuò gli ideali. 

La cultura ecclesiastica di fronte ai dissidenti

Le cronache e le lettere che parlano dei dissidenti sono in genere fonti profondamente distorte perché gli ecclesiastici che le compilarono erano interessati a mostrare il pericolo corso dall'ortodossia e dal buon ordine sociale, piuttosto che a comprendere dall'interno quelle esperienze religiose diverse e le loro motivazioni più profonde. Vilgardo di Ravenna verso il 1000 predicava <<molte cose contrarie alla fede>>, e degli eretici di Goslar, dei quali si ricorda semplicemente che nel 1051 disobbedirono a un vescovo che aveva ordinato loro di uccidere un pollo. Altre volte vengono attribuite ai dissidenti dottrine che gli storici ritengono inverosimili: gli eretici di Acquitania sono definiti manichei e così pure quelli di Chalons-sur-Marne; i patarini vengono definiti donatisti. Queste affermazioni teologiche storicamente inesatte dipendono dalla mentalità degli ecclesiastici medievali, secondo la quale i nuovi errori si dovevano spiegare in base agli antichi, non erano altro che il risorgere delle antiche eresie e l'identificazione con una di queste serviva a rafforzare il peso della condanna. 

Linee comuni e senso profondo degli episodi di dissenso

Gli autori dei testi che ci tramandano le poche e frammentarie notizie sui dissidenti erano così legati all'ortodossia, e ovviamente, lontani dalle aspettative ed esigenze dello storico di oggi; da dare l'idea che le nuove esperienze religiose fossero solo opposizione e negazione di quelle tradizionali. E'invece possibile non solo individuare in quanta congerie di gruppi eterodossi con dottrine e sviluppi pratici diversi, alcune linee generali che li inquadrino nella cristianità occidentale, ma anche capire indirettamente il senso profondo e i valori positivi delle nuove esperienze. Nella crisi che coinvolgeva la Chiesa e le suee strutture, all'interno delle quali la pratica religiosa era più esteriore che interiore, questi tentativi spesso disarticolati riguardavano i problemi legati alla salvezza individuale. Il preesistente modello statico della società, basato sulla distinzione tra oratores, bellatores e laboratores (oranti, guerrieri e lavoratori), non soddisfaceva più soprattutto i comuni fedeli, che cominciavano a partecipare più attivamente alla vita politica delle città. Questo evangelismo spontaneo, abbastanza diffusom rivelava e produceva a sua volta <<un rapporto diretto e individuale con Dio, interiorizzato e purificato da una scelta squisitamente spiritualistica, diffidente o contraria a tuto ciò che è materialità e carnalità>>.

I trattamenti riservati ai dissidenti

I dissidenti vennero accusati di negare la vera fede che stava a fondamento della cristianità occidentale, anche quando essi non ne avevano coscienza dottrinale e pensavano di mettere semplicemente in pratica la lettera del Vangelo. Vennero qualificati in alcuni casi come persone deidite ai vizi più turpi e a nefandi delitti, come se fossero i nemici più temibili della società. Queste idee religiose diverse attrassero un certo numero di seguaci, anche se mai in quantità notevoli. Gli atteggiamenti nei loro confronti della stragrande maggioranza dei fedeli, rimasti invece rispettosi delle gerarchie furono vari e oscillarono da tentativi di conersione alla eliminazione violenta. Leutardo fu sottoposto dal vescovo a un contraddittorio, venne abbandonato dai suoi seguaci e si gettò in un pozzo. I canonici di Orléans, furono arrestati dal duca di Normandia e dal re di Francia, portati di fronte a un gruppo di vescovi e signori locali per un confronto, scomunicati e degradati perché coerenti con le proprie idee, infine bruciati vivi. I predicatori analfabeti di Arras furono arrestati dal vescovo e condotti davanti a un sinodo diocesano, persuasi del loro errore e lasciati liberi dopo una professione di fede ortodossa, mentre al contrario gli eretici di Goslar furono fatti impiccare dall'imperatore. Nel corso dei canonici di Orléans si può osservare molto bene, come il loro processo per eresia entrasse nel gioco di potere che da tempo opponeva il re Roberto il Pio al conte Eudone di Blois, alleato del duca di Normandia per il controllo, tra l'altro dell'episcopato di Orléans. Il re vi aveva nominato un proprio candidato, ma il conte Eudone con il processo contro i canonici obbedienti al nuovo vescovo, riuscì a farlo deporre e a sostituirlo col suo candidato. 
Le autorità ecclesiastiche avevano spesso dei dubbi sull'opportunità di condannare a morte gli eretici, come il vescovo di Chalons-sur-Marne, che chiese consiglio a Vasone, vescovo di Liegi. Quest'ultimo rispose in modo tollerante, invitandolo a sperare nella conversione dei devianti e ricordando che <<per errore e per furore erano stati uccisi talvolta molti cattolici>>. Un'analoga esitazione di un vescovo nei confronti della condanna a morte ci fu anche nel caso della comunità di Monforte: i vassalli del vescovo di Milano forzarono invece la situazione, e imposero ai dissidenti già arrestati la scelta tra la croce e il rogo. La maggior parte preferì il rogo. Per controllare il movimento patarino, venne ucciso il nobile Erlembaldo, personalità in vista, ma in generale le autorità ecclesiastiche non ricorsero alla soppressione violenta.   

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martedì 3 ottobre 2017

L'INQUISIZIONE IN ITALIA. L'inquisizione in Italia nel medioevo. Ripresa dell'Occidente cristiano e lotta contro l'Islam, i catari e le streghe. Rinnovamento della cristianità, dissenso e lotta contro l'Islam

L'INQUISIZIONE IN ITALIA 

L'inquisizione in Italia nel medioevo. 
Ripresa dell'Occidente cristiano e lotta contro l'Islam, i catari e le streghe

Rinnovamento della cristianità, dissenso e lotta contro l'Islam



La cristianizzazione dell'Europa fu un processo lungo e complesso. La conversione in massa delle popolazioni che abitavano il bacino mediterraneo avvenne nell'ultimo secolo dell'impero romano e la conversione delle popolazioni "barbare", che avevano occupato i territori soggetti a Roma, seguì nei primi secoli dell'alto medioevo. In questo stesso periodo ebbe luogo l'espansione violenta dell'Islam nell'Africa del Nord, in Sicilia e in Spagna, arrivando a minacciare la stessa Francia. Nel secolo XI cominciò in Europa un periodo di grandi trasformazioni: crescit demografica, espansione economica e urbanizzazione cambiarono il volto della civiltà occidentale e trovarono un ulteriore svilupppo nei secoli seguenti. Nell'età comunale sorsero tante isole di relativa libbertà nel tessuto signorile soprattutto in Italia centro-settentrionale, Germania, Fiandre, Francia settentrionale e meridionale, Inghilterra, Spagna, ma anche in altre zone. Nella civiltà urbana europea del basso medioevo ebbe inizio, una crescene differenziazione e interazione tra cittadini e abitanti delle campagne: sul piano economico (cità come centro di scambio), sociale (sviluppo a vari livelli di mercanti artigiani, giuristi, medici, maestri, artisti, in una parola della borghesia) e giuridico (speciali norme legali e tribunali particolari delle città). Avvenne una notevole crescita culturale (nascita delle università, dove si insegnava filosofia come base, poi teologia, diritto e medicina) e un vasto fermento religioso: rinnovamento di antichi ordini, nascita di ordini nuovi e nuove sperimentazioni religiose, più o meno diffuse. 
Durante l'alto medeioevo nell'Occidente lentamente cristianizzato si era realizzata una forte compenetrazione tra le élite laiche ed ecclesiastiche, tra isitituzioni e poteri spirituali e secolari. La Chiesa ne assorbì lentamente le caratteristiche e collaborò in parte a plasmarla con le proprie scelte, agendo da una posizione di superiorità spirituale, ragion per cui non incontrò sempre il favore delle autorità secolari, che a loro volta cercavano di controllare e regolare la vita della società. Dopo un lungo periodo di crisi della Chiesa nei secoli XIV-XV il processo di accentramento papale, in simbiosi con l'evoluzione della società europea riprese e continuò nei secoli dell'età moderna, mentre nel secolo XIX si realizzò una sempre maggiore distinzione tra potere ecclesiastico e potere statale compresa la caduta dello Stato Pontificio, fino ad arrivare a una separazione formale tra Stato e Chiesa nel secolo XX. 


Gregorio VII


Callisto II



I rapporti istituzionali tra i due poteri ebbero una forte evoluzione nei secoli XI-XII, con la lotta per le investiture, che contrappose papa e imperatore da Gregorio VII (1073-1085) a Callisto II (1119-1124) e da Enrico IV (1056-1106) a Enrico V (1106-1125). La materia del contendere era formalmente l'investitura dei vescovi che governavano feudi dell'impero, ma in realtà lo scontro avveniva tra un papa che si considerava depositario del potere sia ecclesiastico sia secolare conferitogli da Cristo, e l'imperatore, che riteneva di avere ottenuto i propri poteri direttamente da Dio, come i re dell'Antico Testamento. Gregorio VII voleva riformare la chiesa, liberandola dall'ingerenza laica della nomina dei vescovi e dalla vendita dei benefici ecclesiastici (simonia); Enrico IV non intendeva invece cedere a queste pretese e perdere il diritto di nominare i vescovi feudatari, dotati di autorità pubblica. La lotta si svolse a base di decisioni di sinodi romani, deposizioni di papi da parte di sinodi di vescovi imperiali, scomuniche di re e scioglimento di sudditi dal giuramento di fedeltà da parte del papa, elezioni di antimperatori e di antipapi, imprigionamenti di papi, piccole guerre, fughe di papi da Roma all'arrivo dell'imperatore. Solo con il concordato di Worms nel 1122 la questione fu regolata in modo che i vescovi venissero eletti dal clero, senza violenza e senza simoniam in Germania, ricevessero poi l'infeudamento con i poteri temporali dell'imperatore con lo scettro e non più l'investitura vescovile con anello e pastorale. Questo accordo fu recepito dal concilio Lateranense I (1123), che lo sancì ecclesiasticamente.  
Con il pontificato di Innocenzo III (1198-1216) il disegno di supremzia dottrinale e giuridica del papa su tutta la cristinità (ierocrazia) ebbe il suo punto culminante, sia nei rapporti con gli imperatori di Germania e i re di Francia e di Inghilterra, sia all'interno della Chiesa nella vita oridinaria delle diocesi e dei monasteri e nella convinzione straordinaria del Concilio Lateranense IV (1215), sia nei confronti del mondo musulmano con l'indicazione della quarta crociata. Questa tendenza proseguì fino al pontificato di Bonifacio VIII (1294-1303) e declinò in eguito durante la permanenza dei papi ad Avignone (1378-1417), durante il qual2e ci furono contemporaneamente due papi, con le loro rispettive obbedienze, a alla fine addirittura tre. 
I vescovi di Roma non solo si ritenevano superiori all'imperatore perché univano in sé il potere delle due spade, quella spirituale e quella temporale, ma rivendicavano sempre più il potere di governare gerarchicamente tutta la cristianità occidentale. Questo divenne possibile in seguito al riordinamento del diritto canonico e allo sviluppo di una organizzazione papale efficiente, legata ai cardinali che da prelati maggiori della regione metropolitica di Roma divennero un unico collegio che affiancava il papa nei suoi compiti. Nell'esercizio del potere pontificio cominciò così un lungo processo di accentramento che rigurardava la giurisdizione, sui vescovi e sui monasteri, gli appelli, la suddivisione delle diocesi, il conferimento dei benefici ecclesiastici. Il dominio temporale sul territorio permise ai papi di raggiungere pienezza  di poteri e onori. La corte pontificia si sviluppò, prendendo il nome di Curia romana alla fine del secolo XI e dotandosi di organi particolari (Camera, Cancelleria, Cappella ...). L'elezione stessa del papa venne regolata in modo anomalo rispetto a quelli di un qualsiasi vescovo e dal secolo XI al XV fu progressivamente riservata ai cardinali. Le trasformazioni del papato nei primi secoli del secondo millennio sortirono effetti vantaggiosi per un efficace governo della Chiesa: una struttura sovrannazionale e un sistema giurdico stabile nel tempo; ma comportarono anche risvolti svantaggiosi, come la perdita di ruolo dei vescovi e dei metropoliti, il peso preponderante assunto dal diritto e gli abusi cui facilmente esso poteva prestarsi. 
Contemporaneamente a questi sviluppi si produsse un rinnovamento interno degli ordini monastici, che assunsero un ruolo stimolante per la cristianità. L'aspirazione a una vita religiosa più evangelica e interiore tra i cristiani nell'XI e XII secolo, diede luogo alla riforma di parecchi gruppi o federazioni di monasteri, che avevano tutti come base la regola benedettina: Cluny, che prolungò i suoi influssi iniziati nel secolo X, San Benigno di Digione, San Vittore di Marsiglia in Francia, Vallombrosa di Camaldoli in Italia, Hirsau e Sankt Blasien in Germania; in seguito la grande Chartreuse (certosini), Citeaux (cistercensi), Prémontré (canonici premonstratensi, con regola agostiniana) in Francia, i monasteri che diramarono la loro influenza in varie zone d'Europa soprattutto nel secolo XII. I monaci erano poveri e votati alla castità, ma i monasteri avevano grandi possedimenti, ne sfruttavano adeguatamente le ricchezze e assumevano spesso una fisionomia signorile. Diffusione e slancio maggiore di tutti ebbero i cistercensi, tra cui spicca la figura di Bernardo, abate di Clairvaux. I monasteri riformati convertirono ai loro ideali parecchi credenti e contribuirono ampiamente alle innovazioni intraprese proprio allora dal papato, con un discreto afflusso, di semplici cristiani e di aristocratici alle loro attività religiose. Il clero diocesano in cura d'anime, che era a più stretto e quotidiano contatto con i fedeli non migliorò molto religiosamente né moralmente né culturalmente.  

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lunedì 2 ottobre 2017

L'INQUISIZIONE IN ITALIA Dalla comunità dei martiri alla rottura con la Chiesa d'Oriente. L'evoluzione del cristianesimo in Occidente.La separazione tra Chiesa d'Occidente e Chiesa d'Oriente

L'INQUISIZIONE IN ITALIA 

Dalla comunità dei martiri alla rottura con la Chiesa d'Oriente



L'evoluzione del cristianesimo in Occidente

Accettata pacificamente dalla società e dall'ordinamento statale a partire dal secolo IV, l'organizzazione ecclesiastica delle comunità cristiane si sviluppano lentamente nei secoli seguenti svolgendo talvolta compiti propri delle auutorità civili, soprattutto nel periodo delle invasioni e degli stanziamenti dei popoli germanici in Europa. 
I cristiani diventarono nell'alto medioevo la quasi totalità della popolazione. Sorsero edifici pubblici di culto, si fissarono le festività  e si creò una liturgia sacramentale. L'organizzazione ecclesiastica si basò sulle diocesi e sui vescovi il clero acquistò un ruolo separato da quello dai principi cristiani, il vescovo di Roma, assunse una posizione sempre più preminente e si sviiluppò in varie forme il monachesimo moschile. Alla profondità di adesione dei credenti dei primi secoli cominciò tuttavia a sostituirsi l'abitudine, la ricerca di vantaggi esteriori con un conseguente decadiemento della disciplina e della pratica religiosa. La celebrazione del culto divino si cristallizzò in formulari: continuò in greco e in latino in Occidente. Sorsero nuove forme di pietà, come il culto dei martiri e dei santi, la venerazione delle riliquie, i pellegrinaggi. 
Alla metà del secolo VIII, in seguito a richieste papali di aiuto, il re franco Pipino restituì al pontefice alcuni territori imperiali, sottratti in guerra ai longobardi il ducato di Roma, l'esarcato di Ravenna e la Pentapoli, nucleo di quello che sarebbe diventato lo Stato della Chiesa. Nel medioevo si credeva che il potere temporale dei papi avesse avuto inizio con una donazione di Costantino, che avrebbe concesso al papa la città di Roma e il potere imperiale su tutto il territorio italiano: nel Quattrocento l'umanista Lorenzo Valla dimostrò la falsità del Constantium Constantini costruito probabilmente in ambiente lateranense nel secolo VIII. Con il feudalesimo, anche una parte dei vescovi europei divennero signori territoriali a pieno titolo cambiando l'autorità ecclesiastica con quella secolare. Il cristianesimo offrì valori religiosi condivisi, strutture organizzative di base similari, un unico orizzonte culturale a tutti i popoli europei. Le dottrine teologiche, gli insegnamenti morali cristiani divennero l'anima della civiltà medievale e la chiesa si adattò alle forme, monarchiche, piramidali della società civile, mettendo tutte le decisioni nelle mani della gerarchia sacerdotale e trasformando i laici in fedeli sottomessi. 
Nel medioevo il cristianesimo si trovò a essere l'organizzazione religiosa e culturale che informava, innervava, monopolizzava la società europea. Esso si concepiva divisa in tre ordini, oraotores, bellatores, laboratores (oranti, guerrieri, lavoratori); questi ultimi dovevano obbedire e mantenere gli altri. I due poteri della Chiesa e Stato, strettamente intrecciati tra loro di diritto e di fatto, mentre nei secoli prima del Mille si erano in genere sostenuti a vicenda, cominciarono a compiere per il controllo, delle società, a distinguersi e poi sopraffarsi a vicenda. La Chiesa aspirò a diventare una società superiore allo Stato, dotandosi di proprie norme con il diritto canonico. 

La separazione tra Chiesa d'Occidente e Chiesa d'Oriente 

Il progressivo allontanemento tra cristianità occidentale e orientale continuò con la controversia sulle immagini sacre, proibite in Oriente dagli imperatori del secolo VIII mentre, la loro venerazione continuò in Occidente fino a quando anche in Oriente l'iconoclastia non fu eliminata prima dottrinalmente con le definizioni del concilio ecumenico di Costantinopoli-Nicea (787) e poi praticamente con il sinodo convocato dall'imperatrice Teodora del 843. Nel secolo IX ci furono altre questioni: processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio con l'introduzione del <<Filoque>> nel Credo, giurisdizione di Roma sulla chiesa bulgara, primato papale. 
La rottura definitiva tra Chiesa d'Oriente e Chiesa d'Occidente avvenne nel 1054 con le scomuniche reciproche tra l'inviato papale, il cardianle Umberto di Silva Candida e il patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario durante un tentativo papale di far controllare alcuni provvedimenti limitativi attuati nei confronti delle chiese latine di Costantinopoli. Il legato papale e i loro ccollaboratori dimostrano la profonda incomprensione tra le due parti della cristianità e la acuirono ulteriormente provocando una rottura irrimediabile. 
Nei secoli seguenti ci furono molti tentativi di ristabilire i rapporti tra le due cristianità da parte degli imperatori e dei papi, ma senza esiti positivi. Le difficoltà reciproche si aggravarono anzi con le crociate. Si giunse a una composizione delle divergenze soltanto nel Concilio di Ferrara-Firenze (1439) con soluzioni di compromeso sulle questioni riguardanti il purgaotorio, il <<Filoque>>, il primato papale, ma la scarsa adesione dei vescovi, monaci e cristiani orientali e la caduta di Costantinopoli in mano agli Ottomani nel 1453 la resero inefficace. 
Nei primi mille anni della storia del cristianesimo e sulla disciplina con le altre chiese patriarcali d'Oriente, prima Gerusalemme, poi Antiochia e Alessandria, infine, Costantinopoli, aggiudicandosi tuttavia a mano a mano più rilevanza e più potere. Il vescovo di Roma divenne il capo unico della cristianità occidentale tra X e XI secolo. 

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giovedì 28 settembre 2017

L'inquisizione in Italia. Le discussioni cristologiche e trinitarie e i concili ecumenici in Oriente

Le discussioni cristologiche e trinitarie e i concili ecumenici in Oriente



Con la svolta costntiniana i cristiani entrarono a pieno titolo nella vita pubblica organizzata e si chiuse così il periodo delle persecuzioni e della clandestinità. Le poche strutture comunitarie esistenti in Asia occidentale, Europa e Africa settentrionale si consolidarono. Nei secoli seguenti il cristianesimo si misurò al suo interno con dottrine che riguardavano soprattutto la duplice natura di Cristo, le relazioni della natura umana di Cristo, con la divinità ee la concezione di Dio come Trinità, mentre sul piano esterno sul piano esterno cominciò a espandersi, uscendo dalla ristretta area raggiuunta per i primi tre secoli. I dissidi sulle questioni di fede venivano superati con le discussioni teologiche e le definizioni dei singoli a livello locale e dei concili ecumenici a livello generale. Per lungo tempo l'imperatore continuò a convocare i concili ecumenici, ai quali partecipavano principalmente i vescovi orientali, come in quello di Costantinopoli (381). Questo Concilio definì la natura pienamente divina dello Spirito Santo, messa in dubbio da una parte minoritaria dei vescovi, i nestoriani, che tuttavia non si lasciano convincere. L'imperatore promulgò le decisioni dottrinali e disciplinari del concilio come legge imperiale mediante un editto, continuando le sue funzioni tradizionali. Anche dopo il concilio di Efeso (431) l'imperatore Teodosio II emanò una legge dello Stato che condannava i nestoriani. 
Altre volte furono le discussioni fra teologi a imprimere una svolta definitiva: alle questioni, come nel caso del pelagianesimo, una dottrina diffusa a Roma, poi in Africa e in Palestina da Pelagio, che si proponeva di promuovere una vita cristiana più profonda, come reazione al manicheismo, che squalificava l'apporto umano alla salvezza. Pelagio riteneva che l'uomo poesse evitare il peccato e raggiungere la giustificazione di fronte a Dio con le sue opere buone, sull'esempio di Cristo, del quale sminuiva però l'idea redentrice. Alle sue idee si oppose Agostino, vescovo di Ippona, che si era già opposto al manicheismo. Agostino riteneva che il peccato originale di Adamo venisse trasmesso a tutto il genere umano e che la giustificazone dell'uomo fosse puro dono di Dio, concesso secondo la gratuita predestinazione. E ci furono sinodi che intervennero a favore dell'una o dell'altra parte, prroponendo sfumature dottrinali per rispondere alle diverse esigenze. Le concezioni di Pelagio furono condannate a più riiprese da sinodi africani, papi, decreti imperiali e per ultimo dal secondo concilio d'Orange (529). 
Agostino fu figura centrale del cristianesimo per la sua posizione nei confornti dell'eresia. Egli sostenne per quasi tutta la vita che l'eretico andava convinto e convertito ma nella vecchiaia approvò l'azione violenta delle autorità civili contro i donatisti nell'Africa settentrionale, giustificandola con l'insegnamento di Gesù Cristo. Egli citò la parabola evangelica negli invitati alla grande cena, nella quale il padrone di casa, dopo il rifiuto sdegnoso dei suoi invitati dice al servo di condurre dentro <<poveri, storpi, ciechi e zoppi>> e poi, anche le persone trovate per strada. Il senso generale della parabola è che tutti gli uomini vengono salvati gratuitamente, anche i più diseredati e impreparati, mentre Agostino lo trasforma nel dovere di costringere con la forza quelli che non intendono stare nell'ortodossia. Solo nel basso medioevo al contrario ebbe una certa fortuna e fornì un fondamento biblico indiscutibile per usare la forza e la coercizione nei confronti degli eretici, tanto che le parabole <<compelle intrare>> divennero una bandiera spesso sventolata dagli inquisitori. 
Le formule adottate nei consigli ecumenici per risolvere i problemi posti dalle due nature di Cristo e dall'unicità e dalla sua persona erano poco chiare e non avviarono laa ripresa delle discussioni teologiche attraverso lettere, libri, sinodi. Un nuovo concilio venne allora riunito a Calcedonia nel 451, convocato dall'imperatore, ma presieduto per la prima volta fin dall'inizio e ufficialmente dai legati papali. Il concilio definì l'unione ipostatica delle due nature di Cristo, completando così la dottrina cristologica, dei concili precedenti e opponendo ai monofisti, che davano maggiore importanza alla natura divina di Cristo. 
Nonostante le definizioni del concilio di Calcedonia, i vescovi, monaci e fedeli monofisti, non si arresero e anzi in un sinodo tenuto ad Alessandria scomunicarono a loro volta il vescovo di Roma e i patriarchi di Costantinopoli e di Gerusalemme, tanto che si rinforzò in Oriente l'opposizione alle dottrine calcedonesi. Seguirono vari tentativi di riconciliazione, gli stessi imperatori appoggiarono ora l'una ora l'altra corrente dottrinale e neppure un altro concilio, convocato questa volta congiuntamente da impeatore e papa a Costantinopoli (553), e compposto in grandissima parte da vesovi orientali, riuscì a ottenere la riunificazione dei cristiani. Da allora i monofisti d'Egitto (copti), dell'Etiopia, della Siria (giacobiti), della Persia e dell'Armenia si costituiscono in chiese autonome su base nazionale, mentre i cristiani ortodossi in queste regioni furono chiamati malechiti, cioè imperiali. 
Esito ugualmente negativo ebbe il secondo concilio ecumenico di Costantinopoli (680-681), convocato sempre dall'imperatore, nel quale si manifestò pienamente la preminenza del vescovo di Roma in campo dottrinale, perché la dottrina delle due volontà di Cristo fu definita secondo i termini di un documento inviato appositamente al papa. L'imperatore d'Oriente continuò a imporre la supremazia in campo disciplinare, come dimostra un sinodo tenutosi nella sala imperiale della cupola a Costantinopoli, nel 691-692, in cui tra l'altro si sostenne la supremazia della Chiesa di Costantinopoli su quella di Roma. Il papa non approvò questo sinodo. 

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mercoledì 23 agosto 2017

La Rivoluzione Francese





La rivoluzione francese, un disastro evitabile se, nonostante la mossa astuta della costruzione della reggia di Versailles da parte di Luigi XIV, Luigi XV avesse tenuto a bada i suoi bollenti spiriti, orientando la sua attenzione sulla preparazione al governo della nazione del suo successore, come Maria Teresa d'Austria tanto assorbita dal suo impero, ha trascurato di educare sua figlia Maria Antonietta ad essere regina. Non potranno mai esserci uguaglianza, fraternità e libertà a meno che che ogni persona, faccia proprio il concetto di essere nel mezzo, tra cielo e terra e che per mantenere questo equilibrio, ogni azione deve essere compiuta con l'equilibrio del cuore.



Madame Vrath