giovedì 26 aprile 2018

La tortura. Il Tribunale dell'Inquisizione. L'Inquisizione spagnola

LA TORTURA

IL TRIBUNALE DELL'INQUISIZIONE

L'Inquisizione spagnola


Autodafè



Tomas de Torquemada 




Il 16 settembre 1498 moriva Tomas de Torquemada, primo inquisitore di Spagna, organizzatore di un nuovo tipo di tribunale che avrebbe operato per secoli anche in Italia. Egli formò e gestì un tribunale centrale, al servizio del potere politico in quanto i giudici dell'Inquisizione spagnola venivano ufficialmentre nominati dal papa. ma in realtà venivano scelti dalla monarchia spagnola. Tprquemada fu il terribile strumento dell'operazione di pulizia etnica voluta da Ferdinado d'Aragona, il Cattolico, e da sua moglie Isabella di Castiglia 
Torquemada ideò regole precise per il <<suo>> tribunale: scegliere personalmente i commissari dell'Inquisizione da impiegare nelle varie provincie della Spagna, tessendo una rete di spie, di delatori in grado di venire subito a sapere qualsiasi cosa, e di arrestare immediatamente i sospettari di eresia. 
Sul modello spagnolo sarebbe nata, nel 1537, l'Inquisizione portoghese. Poco più tardi nel 1542, quella romana. 
Del sistema spagnolo l'Inquisizione romana ereditò la centralità: un tribunale principale dirige altri tribunali periferici, la cui azione è mobile e rapida, e si esplica con l'utilizzo di personale che <<lavora>> sul posto, attua ispezioni e controlli predisposti dal centro. 
L'Inquisizione spagnola, era meno crudele, nello svolgimento dei processi, dei tribunali civili, nei quali un notevole grado di crudeltà era la norma. 
La prova più importante per risolvere un delitto era considerata la confessione, e per acquisirla si partiva dagli indizi. Se erano sufficienti si passava alla tortura. E si torturava per avere una confessione piena. Ai tribunali civili, per infliggere la tortura, occorrevano due testimoni. All'Inquisizione ne bastava uno. 
L'Inquisizione, adoperava molto più spesso dei ferri l'isolamento in carcere, nel tentativo di ottenere il pentimento e il rientro nel seno della Chiesa. 
Quando il condannato riconosceva pubblicamente le proprie colpe e chiedeva di rientrare a far parte della Chiesa cattolica, compiva il cosiddetto autodafé. Il termine deriva dal portoghese autos da fo (atto di fede) ed era un'azione spettacolare che certamente costituiva un'occasione importante per impressionare la gente: i condannati indossavano sai privi di cappuccio e portavano alti copricapo conici. 
Fu un'azione sistematica, di grande portata economica. Nella Spagna del Quattrocento gli Ebrei ppartenevano a comunità ricche e potenti. Requisendo i loro beni, l?inquisizione rimpinguò le casse dello Stato e potè autofinanziarsi. 
Divenne inflessibile il meccanism attraverso il quale si ricostruivano le genealogie di crstiani spagnoli, divisi in vecchi e nuovi. Bastava avere un antenato ebreo per vedersi sistemare nella seconda categoria ed essere escluso da ogni dignità o privilegio. 
Nella penisola iberica, a differenza di altri Stati, il rapporto tra potere monarchico e Inquisizione fu particolarmente saldo, anzi sembra che si possa riconoscere al primo ruolo di aver favorito l'affermazione della seconda. 
L'Inquisizione spagnola ebbe il non facile compito di calarsi in una realtà sociale contrassegnata da lotte religiose ed etniche. Si parla di circa centomila ebrei e trecentomilaa musulmani, oltre a un numero imprecisato di conversos, cioè convertiti a forza, già nel XIV secolo, che in quel periodo vivevano in Spagna. Nel 1492, migliaia di ebrei furono costretti a scegliere tra l'espulsione o la conversione: molti scelsero l'esilio. 
All'inizio del secolo successivo i musulmani furono costretti a essere battezzati. Ma questa situazione di apparente controllo sociale non era suffcientemente garantista per i regnanti, che ebbero nell'Inquisizione uno strumento politico molto forte per reprimere gli Ebrei. 
A partire dal 1540, mentre si era allentata la morsa repressiva nei confronti dei conversos, si costrinse quella contro i moriscos, reprimendo le loro rivolte con successi alterni, fino a quando, nel 1609, molti musulmani cristianizzati furono deportati in Francia o in Africa settentrionale. 
Dalla metà del XVI secolo, anche il Tribunale spagnolo iniiò a dirigere il proprio controllo in direzione della dissidenza religiosa: un problema che si manifestò con particolare virulenza quando la Spagna conquistò il Portogallo (1580).
Nell'economia del nostro discorso va posto in rilievo che mentre l'Inquisizione medievale, di fatto, fu l'artefice dell'affermazione del concetto di sabba, del volo delle streghe e del patto satanico, quella spagnola non dedicò particolare attenzione alla stregoneria valutando con razionalità in fenomeno, e giungendo anche a consigliare, in qualche situazione, di liberare gli accusati. 
Il Portogallo, che nel 1492 diede asilo a molti ebrei esiliati dalla Spagna, fu sempre, in particolare tra le fasce più basse della popolazione e del clero, antisemita. Forse anche per questo motivo il potere regio, dal 1515 al 1531, si rivolse più volte al papa perché instaurasse un Tribunale dell'Inquisizione. 
Soppressa da Napoleone nel 1808, l?inquisizione venne ristabilita in Spagna nel 1814 per essere soppressa di nuovo nel 1820. Nuovamente ripristinata fu definitivamente abolita nel 1834. 

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La tortura. Il tribunale dell'Inquisizione. L'Inquisizione medievale

LA TORTURA

IL TRIBUNALE DELL'INQUISIZIONE



Gli studiosi sono concordi nel considerare il Tribunale dell'Inquisizione come lo strumento <<inventato>> dalla Chiesa per combattere l'eresia. Con il nome di Tribunale dell'Inquisizione si fa riferimento a tre realtà ben distinte: l'istituzione, sorta nel Duecento, denominata Inquisizione medievale, l'Inquisizione spagnola, voluta da Sisto IV nel 1478, su espressa richiesta della regina Isabella di Castiglia e di re Ferdinando d'Aragona, infine la Congregazione della Sacra Romana e Universale Inquisizione, istituita da papa Paolo III nel 1542.

L'Inquisizione medievale

Nei primi secoli della cristianità le autorità ecclesiastiche, nei casi di eresia, si limitano, ad applicare pene di carattere spirituale, la più grave delle quali è la scomunica. 
La maggior parte dei Padri della Chiesa si dichiarano contrari alla condanna degli eretici a pene fisiche. Si rispetta il principio enunciato da Berbard de Clairvaux: (<<la fede deve essere oggetto di persuasione non di imposizione>>). 
Verso il XII secolo questo principio viene disatteso e completamente ignorato. Le pene spirituali, vengono gradualmente soppiantate d più persuassive ed efficaci pene temporali. 
Nel 1179 il Concilio Laterano III elabora per la prima volta misure inquisitoriali: il canone 27 legittima la scomunica e le crociate contro gli eretici. 
Innocenzo III (1198-1216) benedì la crociata contro gli Albigesi, che vennero sterminati dai cattolici e guidati da Simon de Monfort (1209-1218) che confiscò i loro beni, dopo averli trucidati. 
Nel 1215 il Concilio Laterano IV ribadì la condanna di ogni forma di devianza religiosa ed elaborò la procedura d'ufficio in base alla quale instaurare un processo. <<I cattolici che, presa la croce, si armeranno per sterminare gli eretici, godono delle indulgenze e dei santi privilegi che sono concessi a quelli che vanno in aiuto della Terra Santa>>. 
L'Inquisizione medioevale, nacque quindi come risposta della Chiesa a diversi movimenti ereticali, che propugnavano dottrine deviate e venivano considerati un pericolo per la società. Già i ttribunali laici avevano acceso alcuni roghi sotto gli appartenenti alla setta dei Catari, considerati portatori di un'ideologia sovverrsiva dell'ordine civile. Costoro condannavano il mondo materiale, giungendo a evitare di procreare, consideravano legittimo il suicidio e rifiutavano di prestare giuramento, minando così una delle principali basi della società feudale medievale. 
L'autorità ecclesiastica e il potere civile unirono i loro sforzi per difendere l'ortodossia religiosa e l'ordine sociale, contro le dottrine teologiche e sociali eretiche. 
L'Inquisizione medievale venne istituita nel 1184 con la bolla Ad abolendam di Papa Lucio III che obbligava i vescovi a visitare due volte l'anno le loro diocesi alla ricerca degli eretici. Papa Innocenzo III diede ordine ai monaci cistercensi di predicare contro gli eretici, e papa Gregorio IX nel 1231, con la costituzione Excommunicamus, nominò i primi inquisitori, scelti tra i domenicani e il privilegio fu poi esteso a Innocenzo IV, nel 1246, anche ai francescani. 
L'inquisitore medievale era un giudice straordinario che si affiancava a quello permanente: la sua competenza verteva esclusivamente sull'haeretica pravitas con giiurisdizione universale per quanto riguardava le persone, ma con limiti territoriali. 
Nel 1231 fu nominato il primo delegato per la Germania e l'anno successivo quello per la Francia. 
Con Innocenzo III (1198-1216) la nuova procedura si delineò nelle sue forme definitive si passò a un procedimento che consentiva all'autorità ecclesiastica di procedere d'ufficio, incarcerando chiunque risultasse sospettato. La qual cosa rendeva possibile una repressione dell'eterodossia veloce ed efficace. Il concilio ecumenico del 1215 riprese e utilizzò tutte le disposizioni concernenti la repressione delle eresie. 
Gregorio IX nel 1231 fissò nelle Decretali la procedura inquisitoriale, che venne sperimentata per la prima volta nell'ambito del Sacro Romano Impero Germanico, quando il papa attribuì poteri quasi illimitati a Conrad di Marbourg, tanto che fu assassinato. In seguito Gregori IX, nell'aprile del 1233, promulgò l'Inuisitio Hereticae Pravitatis, provvedimento con il quale la caccia agli eretici, precedentemente riservata ai vescovi, venne affidata a specifici funzionari, scelti fra i domenicani e i francescani. 
Nel 1252 Innocenzo IV emise la bolla Ad extirpanda, sencondo la quale la tortura <<serve a portare alla luce la verità>>.
LA procedura di gregorio IX venne in seguito riassunta in vari manuali. Questa procedura si concludev con la sentenza, la quale, previo consenso del vescovo, secondo le disposizioni di innocenzo IV, confermata da Urbano IV e da Bonifacio VIII, veniva letta durante un pubblico sermone generale, che in Spagna sarà conosciuto con il nome di autodafè, atto di fede. Questa poteva comportare l'assoluzione, la detenzione parziale o perpetua, la morte sul rogo o, nei casi più lievi, un pellegrinaggio, riscaattabile con il versamento di elemosine. 
La cratteristica più importante della cosiddetta Inquisizzione medievale era la figura del giudice delegato in materia eccelsiastica criminale, un giudice straordinario che aveva il compito di affiancare quello ordinario, il vescovo, in materia di reati di eresia, che però riguardavano raramente coloro che sono stati battezzati, con l'esclsione di ebrei e musulmani. 
In questa prima fase dell'Inquisizione gli inquisitori erano, persone molto dotte, che cercavano di convincere l'eretico a pentirsi, erano inclini ad adottare il perdono e a far rientrare colui che aveva deviato la vera fede in seno alla Chiesa. 
Verso la fine del XIII secolo, Tommaso d'Aquino, padre della Scolastica, affermava che <<gli eretici non solo meritavano di essere scomunicati, ma anche di essere esclusi dal mondo mediante la morte, dalla parte della Chiesa vi deve però essere misericordia per chi ha sbagliato è intende convertirsi. Per questa ragione non vi sia condanna né dopo il primo né dopo il secondo richiamo, ma in seguito costui perseverasse sia lasciato al braccio secolare e messo a morte>>.
La tolleranza venne meno a partire dalla fine del XII secolo, con la diffusione di sempre maggiori movimenti ereticali. 
Il Tribunale dell'Inquisizione ideò ex novo una procedura, ignota al diritto romano, che si basava sulla formulazione di un'accusa da parte dell'autorità giudiziaria, anche e mancavano denunce o accuse di testimoni. 
Per quasi tutto il XII secolo il giudice non poteva procedere se non si fosse presentato un accusatore disposto a farsi carico della responsabilità delle sue affermazioni. 
Si abbandonarono anche prove come l'ordalia, considerata espressione del <<giudizio divino>> su un accusato, per dare invece spazio a testimonianze affidabili e a prove oggettive, Ma accanto alle testimonianze occorreva anche la confessione, che poteva essere ottenuta con l'ausilio della tortura. 
Già dal IX secolo il papato condannò la tortura, ma Innocenzo IV, con la bolla Ad extirpanda (1252), autoorizzava gli inquisitori a usarla per ottenere le confessioni. 
Dalla seconda metà del XIII secolo furono messi a punto alcuni sistemi per combattere più efficacemente l'azione dei nemici della Chiesa: <<L'ultima per importanza consisterà nella'utorizare l'uso della tortura in materia di fede. Vi s'aggiungono delle disposizioni particolari: il segreto mantenuto sul nome dei testimoni, il fatto che il processo si svolgesse simpliciter et de plano, sennza formalità inutili. 

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mercoledì 25 aprile 2018

La tortura. Modalità, statuto giuridico, applicabilità. Il capro espiatorio

LA TORTURA

MODALITA'. STATUTO GIURIDICO, APPLICABILITA'

Il capro espiatorio



Il complesso meccanismo di creazione del capro espiatorio, che presenta due dimensioni ben precise: la difensiva e la catartica. Da parte dell'Inquisizione, trovare il capro espiatorio è un problema di autodifesa: da parte del popolo e di chi assiste al rogo o comunque alla pubblica esecuzione e accetta il soggetto come colpevole, si tratta di una catarsi, un metodo di espiazione delle proprie colpe, delle ansie collettive, delle grandi paure incarnate nel diverso, nel nemico dell'ordine prestabilito.
Il capro espiatorio è un mezzo di regolamentazione delle situazioni di crisi: nell'ambito di un sistema rigido come quello della società europea del XVI e XVIII secolo ogni piccola perturbazione ha risonanze enormi, non esistendo tolleranza, non esiste nemmeno adatttabilità della società al diverso. Esso può essere incarnato da un soggetto pericoloso ma codificato dalla propaganda come qualcosa di più pericoloso: lo sconosciuto. Quando lo sconosciuto rappresenta una minaccia, scatta il meccanismo di difesa ed esso diviene capro espiatorio. 
Questa figura deve possedere una dose di carisma per fare presa sui sentimenti altrui, non deve essere sufficientemente forteper poter sfuggire al suo destino; non può resistere a ciò che gli sta accadendo. In casi come quello noto di Giovanna d'Arco, la vittima è consenziente al ruolo che si fa scvolgere. Ma questo tipo di persone vengono, dalla pubblicistica, chiamati martiri. Esistono tuttavia anche streghe che si rifiutano di abiurare e muoiono bruciaate assieme alla loro irriducibile fede. 
Eliminando il capro espiatorio, la crisi della società dovrebbe risolversi. Nel periodo preso a esame assistiamo all'uccisione di un intero <<gregge>> di capri espiatori, essendo state giustiziate come sreghe un numero che non potremo mai definire di persone, ma con stragrande abbondanza di donne, senza nessun notevole giovamento della situazione politica, economica, religiosa, sociale.
Non è detto che il capro espiatorio debba venire necessariamente ucciso: nel caso particolare della berlina o della gogna come forme di tortura assistiamo al ruolo del capro espiatorio come bersaglio delle pubbliche ansie, il malcapitato viene aggredito, malmenato, ma raramente soppresso fisicamente. Questo secondo tipo è considerato, una valvola di sfogo temporanea, un beraglio di microtensioni, riutilizzabile ogni volta che sia necessario. 
L'abilità delle istituzioni di parte sta nel trasformare l'aggressività individuale in aggressività collettiva, nel canalizzare cioè questa aggressività in una forma che non sia deprecabile gl occhi altrui, che sia contemporaneamente utile per la società e per l'individuo, al quale evita il peso morale della violenza. 
Esiste un equilibrio tra aggressività e sottomissione. La paura di un attacco reale o presunto alla Stabilità di uno Stato o di un organismo sociale è proporzionale alla paura che si ha di un determinato nemico, sentito come competitivo. La minaccia può essere recepita come diretta al sngolo o all'intera società; in questo caso la difesa viene istituzionalizzata in una sorta di <<guerra santa>> che coinvolge tutti e che ha come fine il controllo dell'aggressività collettiva, canalizzandola verso un bersaglio comune: il nemico. 
A volte anche il capro espiatorio è un singolo, ma molto più spesso è istituzionalizzato in un gruppo, una razza, una famiglia, una nazione, una setta. Si tratta di una minoranza che non è integrata con il gruppo sociale. Spesso questi gruppi si piegano a un'obbedienza, si convertono adottano il modus vivendi del luogo in cui si trovano, conservando però la loro tradizione e la loro cultura, quasi sempre identificandola con le credenze religiose, che vengono mantenute segrete. Questi gruppi non integrati che si sono piegsti e compromessi per ragioni di sussistenza, sono un potenziale esplosivo, che terrorizza il gruppo dominante ogi volta che si assiste a una qualasiasi forma di coalizione. E' ciò che a volte viene definito <<fobia della folla>>. 
Contro questa massa abnorme, straniera, temuta, si mette in moto la macchina creatrice del capro espiatorio. Contro questa folla si erge un'altra folla, quella che sta dalla parte delle istituzioni, applaude ai roghi e deposita nelle chiese le denunce anonime, quella che si lascia guidare dalla propaganda, un magma logicamente incoerente, irrazionale, incapace di critica propria, suggestionata. Questa seconda folla, ha bisogno di un capo: il predicatore, l'inquisitore, il vescovo, o il personaggio laico che ha pure un forte carisma, il Signore, il politico, colui che crea e guida la suggestione, che rafforza le paure, le amplifica nell'intento di rendere più forte il desiderio di vendetta e, in ultima analisi di catarsi. Non esiste più la differenza fra la folla e chi la comanda: tutti sono uniti per sterminare la piaga che mina la salute della società, la loro società, non quella dei ricchi, o dei poveri, o degli ecclesiastici, o dei borghesi, o dei mendicanti. 
E' una lotta apocalittica fra i rappresentanti del bene e quelli che incarnano il male.
Il grottesco sta nel fatto che, coloro che linciano i condannati alla berlina potranno esserlo domani, senza alcuna possibilità di difesa, in quanto semplici meccanismi di una macchina che stritola il singolo per la conservazione di un potere che dal singolo prescinde. 


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Mediocrità dilagante


Contro questa massa abnorme, straniera, temuta, si mette in moto la macchina creatrice del capro espiatorio. Contro questa folla si erge un'altra folla, quella che sta dalla parte delle istituzioni, applaude ai roghi e deposita nelle chiese le denunce anonime, quella che si lascia guidare dalla propaganda, un magma logicamente incoerente, irrazionale, incapace di critica propria, suggestionata.
Da La tortura di Laura Rangoni. 

Ed è di queste persone che bisogna aver paura! Di gente appunto, incapace di critica propria, persone cattive e anche vigliacche. Purtroppo sono la maggioranza! Queste persone sono così brutte, puntano su quelli che sono in buona fede o in quel momento deboli, per portarle dalla loro parte, è veramente spaventosa l'influenza che hanno sul prossimo sono stupidità, mediocrità e ignoranza che dilagano, dilagano.. è una cosa veramente spaventosa.
Madame Vrath


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domenica 22 aprile 2018

Dalla parte del capro espiatorio


Eliminando il capro espiatorio, la crisi della società dovrebbe risolversi. Nel periodo preso a esame assistiamo all'uccisione di un intero <<gregge>> di capri espiatori, essendo state giustiziate come sreghe un numero che non potremo mai definire di persone, ma con stragrande abbondanza di donne, senza nessun notevole giovamento della situazione politica, economica, religiosa, sociale.
Non è detto che il capro espiatorio debba venire necessariamente ucciso: nel caso particolare della berlina o della gogna come forme di tortura assistiamo al ruolo del capro espiatorio come bersaglio delle pubbliche ansie, il malcapitato viene aggredito, malmenato, ma raramente soppresso fisicamente. Questo secondo tipo è considerato, una valvola di sfogo temporanea, un beraglio di microtensioni, riutilizzabile ogni volta che sia necessario. 
L'abilità delle istituzioni di parte sta nel trasformare l'aggressività individuale in aggressività collettiva, nel canalizzare cioè questa aggressività in una forma che non sia deprecabile gl occhi altrui, che sia contemporaneamente utile per la società e per l'individuo, al quale evita il peso morale della violenza.
La tortura. Laura Rangoni

E' molto triste constatare che regna ancora un clima di paura tra le persone, l'evoluzione è sempre limitata dalla paura, la paura di mettersi dalla parte del capro espiatorio. Non dovrebbe essere isolato il capro espiatorio, ma dovrebbero essere isolate le persone che fanno del capro espiatorio quello che è.
Madame Vrath

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La tortura. Modalità, statuto giuridico, applicabilità I soggetti della tortura

LA TORTURA

MODALITA'. STATUTO GIURIDICO, APPLICABILITA'

I soggetti della tortura



Tutti potevano essere soggetti alla tortura, a seconda della gravità del delitto commesso. Determinate classi di persone godevano però di immunità particolari. E' il caso, di coloro che presentavano problemi di tipo fisico: i ragazzi, i vecchi, i malati, le donne incinte e le puerpere fino al quarantesimo giorno, e tutti coloro che fossero privi, totalmente o in parte, di facoltà mentali. Altre persone godevano di privilegi determinati dalla loro classe socialemo dalla loro appartenenza politica: è il caso di nobili, uomini di Stato e di Chiesa, ecclesiastici di alto rango, politici e uomini di legge. 
Queste esenzioni non avevano però un vslore assoluto, specialmente nei tribunali dell'Inquisizione e relativamente ad alcuni crimini particolarmente gravi: lesa maestà, eresia, simonia, apostasia, bestemmia, falso, magia e stregoneria. 
Le persone in oggetto non subivano il trattamento degli altri comuni indiziati: la tortura era più lieve e più breve, le condizioni di carcerazione più umane. 
Per quanto riguarda gli impuberi, si ritiene che al di sotto dei sette-nove anni potessero essere soggetti solo a territio per la conferma degli indizi, e al di sopra fossero soggetti a battiture. Per i vecchi, la soglia dell'età era variamente fissata dai sessanta ai settant'anni. 
Altre persone esenti erano i malati e gli invalidi: i sordi, i ciechi, i malati, i pazzi e gli ossessi, perché si riteneva che la confessione fosse <<viziata>> dalla presenza del demonio. Vi sono però casi di persone ammalate di febbre terzana o di sifilide che venivano torturate nei giorni in cui non presentavano febbre. Le forme di tortura più gravi venivano sostituite con altre più lievim come nel caso di persone obese o rachitiche. L'infermità comunque doveva essere diagnosticata da un medico convocato dal tribunale. 
Le donne gravide il cui stato fosse accertato con siicurezza da un medico potevano vveire esentate dalla tortura. L'immunità, secondo alcuni giuristi, cessava al momento del parto, secondo altri al quarantesimo giorno di puerperio. 
L'ecccezione a queste norme era costituita dalle streghe che, portandomin grembo un essere demoniaco, concepito con un diavolo incubo, dovevano essere distrutte con la loro creatura. 
Per applicare la tortura ai nobili, alle persone che ricoprono importanti cariche politiche e amministrative e all'aristocrazia del censo, alcuni giuristi raccomandano di chiedere l'approvazione del sovrano. 
La questione è più complessa per quanto riguarda gli ecclesiastici: l'immunità era stata concessa da una costituzione di Graziano, Valentiniano e Teodosio nel 385 e riguardava solo i sacerdoti. 
Si riconosceva agli ecclesiastici la facoltà di venire torturati con più precauzioni, e soprattutto essi non potevano essere tormentati da esecutori laici, pena la scomunica. La cosa incontrava difficoltà nel reperimento di aguzzini fra gli uomini di Chiesa, tanto che divenne consuetudine torturare gli ecclesiastici con carcere duro, digiuni, imposiione del silenzio, veglia, con l'obbligo di infliggersi con le proprie mani tormenti, flagellazioni e penitenze. 
Un altro vantaggio degli ecclesiastici consisteva in una diversa chiave di lettura delle situazioni e delle accuse: se un laico abbracciava pubblicamente una donna era imputabilie di adulterio, se la stessa cosa veniva fatta ad un ecclesiastico si aveva l'attenuante che egli l'aveva fatto per dare alla donna la sua benedizione e per esortarla alla penitenza. 

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sabato 21 aprile 2018

La tortura. Modalità, statuto giuridico, applicabilità. Torture e reati. Tortura come mezzo di purgazione. Tortura come mezzo di coercizione

LA TORTURA

MODALITA'. STATUTO GIURIDICO, APPLICABILITA'

Torture e reati





Spesso la tortura era usata come punizione di reati minori, la cui natura e gravità dipendevano da circostanze variabilida luogo a luogo e da tempo a tempo, e frequentemente non contemplati dai regolamenti del diritto comune. L'assenza di un vero e proprio processo rendeva l'uso della tortura una sorta di espiazione pubblica semplice e sbrigativa, comminata nella piazza del paese, nei sagrati e nei mercati affinché potesse essere di esempio. 
FraL i reati punibili con la corda in pubblico si possono enumerare il gioco d'azzardo, il vagabondare di notte, il porto d'armi senza licenza, la bestemmia, il vvilipendio dei monistri del culto, il pettegolezzo, le ingiurie in genere, il turbamento dell'ordine pubblico, l'ubriachezza, tumulti e schiamazzi, le molestie e le offese agli ebrei e alle prostitute, la favorita evasione della carceri, la resistenza a ordini di espilsione, l'andare in giro in luoghi non permessi, il contrabbando, la tosatura delle monete, l'accattonaggio, il meretricio in pubblico, reati contro il buon costume e la pubblica decenza, sporcare le strade, frodi nel commercio, l'evasione fiscale, l'acquisto al mercato nero. 
Fra gli strumenti di tortura in uso ve ne erano alcuni che prevedevano la berlina dell'imputato: è il caso ad esempio del <<violone delle comari>>, in uso in Svizzera ancora nel 1888 e dalle maschere d'infamia. Il primo consisteva in una forma di legno, o più raramente di ferro, nella quale venivano imprigionati i polsi e il collo. La sfortunata <<bisbetica>> veniva quindi trascianta per le strade e percossa con verghette.  Le seconde, avevano forme strane e fantasiose, non di rado artistiche, e venivano applicate sul volto di donne ritenute litigiose o ribelli alla potestà maschile. A volte le maschere erano munite di congegni che entravano nella bocca della vittima e mutilavano la lingua e le labbra con lamette taglienti e aculei. Le vittime venivano esposte al pubblico ludibrio, quindi spesso venivano ricoperte di sterco e urina, mentalmente, ferite in particolare negli organi genitali, e percosse a volte in modo tale da provocarne la morte. 
Altri strumenti di questo tipo sono le collane e i rosari per i fannulloni, i gioctori e i renitenti, esse consistono in pesanti bottiglie di legno o pietra per gli ubriaconi, pesi da bilancia per i commericianti che frodavano sul peso della merce, dadi e carte per i giocatori d'azzardo e cadaveri degli animali uccisi, lasciati fino alla putrefazione per i bracconieri. 
La gogna aveva un uso simile e veniva usata spesso per gli ubriachi, richiusi in una bote chiusa sul fondo e rimepita di urina o acqua, oppure aperta in modo che il condannato potesse camminare per le strade, portandosi il peso della propria vergogna sulle spalle. La gogna più comune restava comunque il ceppo: la vittima, imprigionata mani e piedi, veniva esposta in piazza alla folla, che ne faceva bersaglio delle proprie tensioni. Era comune chhe si prelevasse dai pozzi neri lo sterco per imbrattare capelli, naso, bocca, oppure che si lanciassero sassi, che si ustionasse il malcapitato o gli si procurassero lacerazioni poi ricoperte di sale, o gli si facesse il solletico ai piedi o ai fianchi. 

Tortura come mezzo di purgazione

La purgazione dell'infamia, laa dimostrazione della innocenza dell'imputato era uno degli utilizzi della tortura, sia per quanto riguarda i testimoni e gli accusatori che i complici. La Chiesa prevedeva la purgazione canocnica, che consisteva nel giuramento di un ecclesiastico, confermato da un certo numero di persone, per chi fosse stato accusato di qualcosa dalla pubblica voce, L'imputato, specie se sospettato di eresia, veniva prrima torturato, poi sottoposto alla purgazione, all'abiura e a pene variabili. La prestazione del giuramento serviva all'imputato per allontanare da sé i sospetti. 

Tortura come mezzo di coercizione

La detenzione, la fustigazione e un'infinita gamma di piccoole pene corporali erano mezzi usati per piegare la volontà dell'imputato. 
Il carcere, per le condizioni disumane, era una vera e propria forma di tormento: le celle erano piccole, sotterranee, prive di luce e di aria, spesso infestate da topi e altri animali, a volte immerse nell'acqua. 
La territio, incutere spavento al soggetto mediante la minaccia verbale dei tormenti, o la preparazione degli stessi in sua presenza, con lo scopo d'indurlo a confessare senza doverle subire. Questa era subita dalle donne incinte, da persone deboli, vecchie o impuberi e malate, e da tutti coloro che, per la loro condizione di ecclesiastici o regolari, o persone di rango non potevano essere realmente sottoposte alla tortura. 

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La tortura. Modalità, statuto giuridico, applicabilità. Gradi di tortura. Resistenza alla tortura

LA TORTURA

MODALITA', STATUTO GIURIDICO, APPLICABILITA'



Gradi di tortura 

A seconda della gravità del fatto, della condizione fisica dei soggetti e della quantità degli indizi vi era una graudazione della tortura. 
Esistono alcuni testi di giuristi italiani e stranieri che, a partire dal Cinquecento, disuisiscono sulle graduazioni dei tormenti. Il più stimato e imitato è il Tractus universis iuris di Paolo Grillando (Venezia 1584) nel quale l'autore enumera cinque gradi di tortura. 
Il primo la <<terrizione reale>> che s'infligge conducendo il soggetto davanti alla corda, spogliandolo e legandogli le mani, senza sollevarlo. La tortura in questione è solamente psicologica. 
Il secondo è la tortura lieve: si eleva per qualche minuto il soggetto, dopo averlo tenuto sospeso per il temoo bastante a recitare un Padre nostro. Solitamente questo grado è usato  nel caso manchi la prova necessaria all'afflizione di una vera tortura, e sussistano tutt'al più indizi e sospetti. 
Il terzo grado consiste nel tenere sollevato il soggetto per più tempo, ancora però senza tratti di corda. E' usato quando gli indizi che grvano sull'imputato sono provati, ma il delitto non è grave. 
Il quarto grado, quando la persona è di basso stato siciale, gli indizi sono evidenti e il reato è grave, prevede che la persona sia tirata in alto, tenuta sospesa per trenta-quaranta minutim a volte per un'ora intera; mentre perdura la sospensione gli si danno due o più scosse, lasciandolo bruscamente cadere fino quasi a terra. Per i crimini più gravi e se l'imputato resiste alla tortura si mantiene ostinato nel negare, si passa al quinto grado, che consiste nell'appendere pesi di vario genere ai piedi. 

Resistenza alla tortura

La tortura è un metodo escogitato dalla giustizia per avere ragione della delinquenza, reale o presunta. Al privato cittadino, finito nelle maglie di questa macchina restavano pochissime possibiilità di uscirne. Una di queste era sopportare la tortura.Per alcuni, la cui corporatura molto robusta o molto leggera lo permetteva, era relativamente facile resistere all'elevazione; in altri casi subentrava l'analgesia provocata dalla paura; vi erano infine coloro che, sperimentavano sul loro corpo ogni genere di tormenti, per poi riuscire a resistere in eventuali processi. Ma la maggior parte dei casi resisteva per disperazione, poiché erano ben coscienti che na confessione avrebbe dato adito solo ad altre torture, a orrende mutilazioni e alla morte. 
Un altro metodo per sfuggire a questo perverso meccanismo era di confessare subito i delitti, salvo poi non ratificare la confessione in piano, e così fino a quando il giudice non era costretto ad assolverli per insufficienza di prove. 
Vi erano anche coloro che, resistevano alla tortura per mezzo di incantesimi e pratiche superstiziose. Si tratta del maleficium taciturnitatis sive insensibilitatis, che fece discutere magistrati, teologi e inquisitori e sul quale il Grillando scrisse un trattato: De sortilegiis nel quale si discute di evocazione dei demoni, di sabba e di convegni notturni, di filtri d'amore e anche delle pratiche necessarie per resistere alla tortura. Queste erano basate sulla concezione che il delinquente, in particolare le streghe, era spinto dal demonio a peccare, e in seguito a non confessare. Per interrompere questa influenza era necessario combattere ad armi pari, sconfiggendo il demonio in modo da permettere al peccatore di confessare, l'espiazione e, in ultima istanza, almeno la salvezza dell'anima. La battaglia contro le forze del male si vince grazie agli elementi della giustizia veterotestamentaria: il fuoco e l'acqua. Ma non è la tortura che scaccia il demonio: bisogna scacciare il demonio perché la tortura abbia effetti giuridici, e a questo proposito anche giudici, inquisitori e carnefici usano mezzi soprannaturali, digiuni, oggetti sacri, preghiere. 
Fra i malefici che gli imputati portavano per resistere al dolore il più comune era una pietra, già descritta da Dioscoride denominata menfite, che veniva triturata e disciolta in acqua o vino: aveva il potere di rendere insensibili al dolore; vi erano particolari focacce di fsrina di frumento impastate con il latte di una madre e di una figlia; si poteva ingoiare sapone disciolto in acqua; mentre il Malleus Maleficarum prevede un filtro fatto con la cenere del cuore e delle viscere di un bambino non battezzato. 
I sortilegi più comuni eranno comunque basati su formule o parole tratte per lo più dalle Sacre Scritture, o pronunciate o scritte su biglietti poi ingoiati o nascosti in parti del corpo. 
I giudici cercavano di rimediare non lasciando all'imputato il tempo di pronunciarle, o facendo spogliare e rasare il soggetto, o facendo indossare una tunica. Un'altra cautela consisteva nel far bere un bicchiere di acqua benedetta con una goccia di cera anch'essa benedetta dentro. Il ricorso alla maggior parte di queste pratiche, da parte dei giudici, pur essendo proibita, era molto comune. 

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mercoledì 18 aprile 2018

La tortura. Modalità, statuto giuridico, applicabilità. I principali tipi di tortura

LA TORTURA

MODALITA'. STATUTO GIURIDICO, APPLICABILITA'

I prncipali tipi di tortura



Il più diffuso metodo di tortura era, in Italia, nei secoli XVI-XVII, il tormento della corda o colla, che consisteva nel legare le mani del soggetto dietro la schiena, con una corda che passava per una carrucola, fissata al soffitto, quindi sollevarlo per aria, tenendolo in quella posizione per un tempo variabile da pochi minuti a un'ora o più. Nei casi più gravi si lasciava cadere il corpo quasi fino a terra, dandogli i cosiddetti <<tratti>> o <<isquassi>> o <<saccate>> di corda. 
Questo metodo era particolarmente pericoloso, ma sugli altri aveva la prerogativa  che si poteva facilmente graduare a seconda della gravità delle accuse, la condizione fisica delle persone, e l'urgenza degli indizi raccolti. Vi erano ovviamente dei metodi per inasprire il tormento. Alcuni consistevano nel gettare acqua fredda sul dorso del soggetto, nel tenere divaricate le gambe per mezzo di un bastone, nell'attaccargli ai piedi ceppi di ferro o vasi pieni d'acqua e animali vivi. Il Savonarola, secondo alcuni suoi biografi, sarebbe stato <<collato>> con carboni accesi accostati alle piante dei piedi. 
In ordine d'importanza e diffusione, seguono alla corda la stanghetta, gli zufoli, il fuoco e la veglia. 
La stanghetta o cavicchia o tagliola consisteva nel comprimere una caviglia dell'imputato tra i due tasselli o dadi di ferro concavi, però pare che, pur storpiando irrimediabilmente il soggetto, questo metodo non fosse molto efficace per far confessare. Per questo motivo fu perfezionato, rinunciando alla stanghetta che gli aveva dato il nome, e sostituendola con due tavole di legno situate a màò di torchio, fra le quali si comprimeva alla caviglia una gamba.Una variante era costituita da due gambali di ferro che si potevano stringere con un meccanismo a vite, e dentro i quali venivano imprigionate le gambe del soggetto. Il carnefice, stringendo assieme le gambe, ne provocava lo spappolamento. Questo tormento veniva comunemente denominato <<stivaletto spagnolo>>.
Altri tormenti sono fondati sullo stesso principio fisico, e hanno per oggetto lo stringimento forzoso di altre parti del corpo, in particolare le mani, il cranio o gli organi genitali. 
Il tormento degli zufoli o delle cannette, era usato per delitti lievi o nell'esame dir agazzi o donne. Si mettevano zufoli o sibilli fra le dita, e si riunivano le palme delle mani, come in atteggiamento di preghiera, poi si comprimevano con una cordicella. 
Molto più doloroso era invece un tormento simile, l'allacciatura o cordicella, che ricordava le fediculae romane: consisteva nel congiungere insieme gli avambracci dell'imputato, passarvi attorno una corda e attorcigliarla una dozina di volte, stringendo quanto più possibile. Gregorio Grimaldi, nel suo Istoria delle leggi e dei magistrati del regno di Napoli (1731) descrive questa tortura, che chiama delle <<funicellate>> come ancora in uso ai suoi tempi e in una forma aggravata: <<... si alligano alle braccia e à polsi del reo quattro o due funicelle ad arbitrio del Tribunale, e si stringono a guisa che tocchino quasi l'ossa, e in tale stato poi si sospende alla corda>>.  
Vi era un'ulteriore variante che consisteva nello stringere con la fune non solo un braccio, ma tutto il corpo, tormentum stricturae. 
La tortura del fuoco consisteva solitamente nell'ungere di lardo i piedi del soggetto, accendervi sotto un fuoco e tenerli a scottare per un periodo di tempo misurabile con la recitazione di un Credo i di un Miserere, o con un orologio a polvere. Questo tormento, rendeva spesso il torturato inabile all'uso dei piedi. 
Fra i processsi di Triora del 1857 possiamo trovare una presunta sstrega ridotta senza l'uso dei piedi. Nel corso di questi processi il vicario vescovile di Albenga, costretto dagli anziani di Triora a giustificare la sua crudeltà. sostiene, in uuna lettera, che il fuoco ai piedi fu dato solo <<a quattro gagliardissime indiziate, e a tutte con misura; né è vero che alcuna habbi per questo perso li piedi, anzi le tre camminarono sino al primo giorno con li loro piedi; la quarta non è ancora guarita forse piuttosto per colpa di mala cura che per l'estremità del tormento>>.   
A Palermo, nel 1684 e nel 1716 due condannati all'impiccagione vengono portati al patibolo legati a una sedia, e il boia deve strangolarli anziché appenderli perché essi sono incapaci di reggersi in piedi in seguito al tormento del fuoco. 
Uno dei tormenti perggiori, è la tortura della veglia. Fu inventata da un giurista, Ippolito Marsili, che ebbe l'idea di costringere un esaminato a restare sveglio per quaranta ore di seguito, seduto su una seggiola, con ai fianchi alcuni aguzzini incaricati di sovegliarlo e di non lasciargli chiudere occhio. Questa tortura ha un'eefficacia grandissima e non produce lesioni corporali. L'intenzione di Marsili non era certo di migliorare moralmente l'istituto della tortura, quanto di mettere al riapro la sua categoria da accuse di tormenti eccessivi che non erano infrequenti. Con la veglia mancavano infatti le prove materiali degli eccessi subiti dagli imputati. La veglia viene inasprita facendo sedere la persona su un cavalletto appuntito, chiamato anche capra. 
Era una capra vera quella usata per il tormento del sale: doopo avere legato il torturando a una sedia, gli si cospargevano di lardo o si umidificavano le piante dei piedi, poi si ricoprivano di sale che si faceva leccare a una capra, tenuta digiuna per alcuni giorni. Spesso questa consumando con la sua lingua ruvida la pelle e strato muscolare, si fermava all'osso. 
La lingua caprina fa parte di una serie di tormenti <<minori>>, ma ugualmente in uso. Per quanto riguarda la tortura della'acqua, si trattava di far ingurgitare attraverso un imbuto per la bocca o per le narici acqua pura, o mista ad aceto, calce, sale. Veniva forzato l'inghiottimento dell'intero contenuto dell'imbuto prima di poter prendere una boccata d'aria. Quando il ventre era disteso e gonfio fino al grottesco, il soggetto veniva inclinato con la testa verso il basso; la pressione del liquido contro il diaframma e il cuore provocava dolori lancinanti, inaspriti da colpi sul ventre. Non vi erano segni esterni visibili di questa tortura, ecco perché veniva spesso usata su soggetti compromettenti come nobili, ecclesiastici di rango, donne. 
Qualcosa di simile in Francia era il velo: si infilava in gola un velo bagnato, tramite una pinza di ferro, accompagnandolo con sorsi d'acqua per farlo arrivare fino allo stomaco. Una volta giuntovi, il carnefice tirava, con un solo strappo, l'altro capo del velo. Questa tortura spesso poratava alla morte, quindi il suo uso fu relativo. 
Un'altra tortura consisteva nel legare l'imputato e mettergli nell'ombelico un tafano, uno scarafaggio o un moscone, chiuso sotto un bicchiere di vetro, in modo che gli redesse lentamente l'ombelico. Una variante per gli omosessuali consisteva nell'inserire nell'ano un topolino, questa specializzazione era usata anche per le streghe, alle quali si inseriva nella vagina. Ulteriore variante era mettere la testa del soggetto in un sacco pieno di gatti inferociti. 
La morsa alle labbra, gli aghi sotto le unghie, le uova sode o sfere di ferro incandescenti sotto le ascelle o fra le cosce fanno parte delle toruture affinate con il solo scopo di prolungare il dolore, senza rischio della vita. Sono innumerevoli i flagelli di ferro, con due, tre, otto catene, munite di stelle taglienti, anelli piatti taglienti come rasoi, ovali e foglioline, <<corone di spine>>, o il nerbo di bue, che in un paio di colpi taglia la carne delle natiche fino all'osso del bacino: mentre meno sanguinario e più raffinato è il tormento provocato dalla <<gatta>>: si tratta di un flagello composto da una cinquantina di corde, imbevute in una soluzione di sale e zolfo disciolti in acqua, e applicate sulla schiena, sull'addome e nelle zone genitali. A causa delle caratteristiche del filo di canapa, intriso di zolfo e sale, la carne lentamente si riduce, fino allo spuntare dei polmoni, dei reni, del fegato e degli intestini. Durante la fustigazione la carne viene lavata con una soluzione simile a quella usata per la corda. 
Il <<solletico spagnolo>>: arnesi di ferro somiglianti a una zampa di gatto venivano montati su un manico di legno e usati per asportare brandelli di carne della vittima. Vi erano altresì torture che venivano usate per costringere alla confessione senza essere vere e proprie torture: alcuni giudici davano come cibo carne completamente coperta di sale, salvo poi negare da bere, o tenevano i soggetti nudi al freddo, completamente a digiuno. 

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