LA TORTURA
MODALITA', STATUTO GIURIDICO, APPLICABILITA'
Gradi di tortura
A seconda della gravità del fatto, della condizione fisica dei soggetti e della quantità degli indizi vi era una graudazione della tortura.
Esistono alcuni testi di giuristi italiani e stranieri che, a partire dal Cinquecento, disuisiscono sulle graduazioni dei tormenti. Il più stimato e imitato è il Tractus universis iuris di Paolo Grillando (Venezia 1584) nel quale l'autore enumera cinque gradi di tortura.
Il primo la <<terrizione reale>> che s'infligge conducendo il soggetto davanti alla corda, spogliandolo e legandogli le mani, senza sollevarlo. La tortura in questione è solamente psicologica.
Il secondo è la tortura lieve: si eleva per qualche minuto il soggetto, dopo averlo tenuto sospeso per il temoo bastante a recitare un Padre nostro. Solitamente questo grado è usato nel caso manchi la prova necessaria all'afflizione di una vera tortura, e sussistano tutt'al più indizi e sospetti.
Il terzo grado consiste nel tenere sollevato il soggetto per più tempo, ancora però senza tratti di corda. E' usato quando gli indizi che grvano sull'imputato sono provati, ma il delitto non è grave.
Il quarto grado, quando la persona è di basso stato siciale, gli indizi sono evidenti e il reato è grave, prevede che la persona sia tirata in alto, tenuta sospesa per trenta-quaranta minutim a volte per un'ora intera; mentre perdura la sospensione gli si danno due o più scosse, lasciandolo bruscamente cadere fino quasi a terra. Per i crimini più gravi e se l'imputato resiste alla tortura si mantiene ostinato nel negare, si passa al quinto grado, che consiste nell'appendere pesi di vario genere ai piedi.
Resistenza alla tortura
La tortura è un metodo escogitato dalla giustizia per avere ragione della delinquenza, reale o presunta. Al privato cittadino, finito nelle maglie di questa macchina restavano pochissime possibiilità di uscirne. Una di queste era sopportare la tortura.Per alcuni, la cui corporatura molto robusta o molto leggera lo permetteva, era relativamente facile resistere all'elevazione; in altri casi subentrava l'analgesia provocata dalla paura; vi erano infine coloro che, sperimentavano sul loro corpo ogni genere di tormenti, per poi riuscire a resistere in eventuali processi. Ma la maggior parte dei casi resisteva per disperazione, poiché erano ben coscienti che na confessione avrebbe dato adito solo ad altre torture, a orrende mutilazioni e alla morte.
Un altro metodo per sfuggire a questo perverso meccanismo era di confessare subito i delitti, salvo poi non ratificare la confessione in piano, e così fino a quando il giudice non era costretto ad assolverli per insufficienza di prove.
Vi erano anche coloro che, resistevano alla tortura per mezzo di incantesimi e pratiche superstiziose. Si tratta del maleficium taciturnitatis sive insensibilitatis, che fece discutere magistrati, teologi e inquisitori e sul quale il Grillando scrisse un trattato: De sortilegiis nel quale si discute di evocazione dei demoni, di sabba e di convegni notturni, di filtri d'amore e anche delle pratiche necessarie per resistere alla tortura. Queste erano basate sulla concezione che il delinquente, in particolare le streghe, era spinto dal demonio a peccare, e in seguito a non confessare. Per interrompere questa influenza era necessario combattere ad armi pari, sconfiggendo il demonio in modo da permettere al peccatore di confessare, l'espiazione e, in ultima istanza, almeno la salvezza dell'anima. La battaglia contro le forze del male si vince grazie agli elementi della giustizia veterotestamentaria: il fuoco e l'acqua. Ma non è la tortura che scaccia il demonio: bisogna scacciare il demonio perché la tortura abbia effetti giuridici, e a questo proposito anche giudici, inquisitori e carnefici usano mezzi soprannaturali, digiuni, oggetti sacri, preghiere.
Fra i malefici che gli imputati portavano per resistere al dolore il più comune era una pietra, già descritta da Dioscoride denominata menfite, che veniva triturata e disciolta in acqua o vino: aveva il potere di rendere insensibili al dolore; vi erano particolari focacce di fsrina di frumento impastate con il latte di una madre e di una figlia; si poteva ingoiare sapone disciolto in acqua; mentre il Malleus Maleficarum prevede un filtro fatto con la cenere del cuore e delle viscere di un bambino non battezzato.
I sortilegi più comuni eranno comunque basati su formule o parole tratte per lo più dalle Sacre Scritture, o pronunciate o scritte su biglietti poi ingoiati o nascosti in parti del corpo.
I giudici cercavano di rimediare non lasciando all'imputato il tempo di pronunciarle, o facendo spogliare e rasare il soggetto, o facendo indossare una tunica. Un'altra cautela consisteva nel far bere un bicchiere di acqua benedetta con una goccia di cera anch'essa benedetta dentro. Il ricorso alla maggior parte di queste pratiche, da parte dei giudici, pur essendo proibita, era molto comune.
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