lunedì 19 dicembre 2016

Feste e giochi nel Medioevo. Lo statutory dei fornai. Part. 2

I fornai devono quindi astenersi dal cuocere il pane per circa ottanta giorni all'anno. Questo vale innanzitutto per tutte me domeniche dell'anno; i sabati e le vigilie delle geste qui di seguito indicate, bisogna smettere di infornare il pane alle cinque della sera, almeno d'inverno. La festa dell'Ascensione e degli Apostoli, il lunedi dell' Angelo, la Pentecoste e I due giorni dopo Natale non sono lavortivi, come pure le seguenti feste.
Gennaio: Santa Genoveffa e l'Epifania (3 e 6).
Febbraio: Purificazione della santa Vergine (2).
Marzo: Annunciazione (25).
Maggio: San Giacomo minore e San Filippo, Invenzione della Santa Croce (1e 3).
Giugno: Nativita' di San Giovanni Batista (24).
Luglio: Santa Maria Maddalena; San Giacomo Maggiore e San Cristoforo (22 e 25).
Agosto: San Pietro in vincoli (1); San Lorenzo (10); l'Assunzione (15); San Bartolomeo (24).
Settembre: La nativita' della Santa Vergine; l'esaltazione della Santa Croce (8 e 14).
Ottobre: San Dionigi (9).
Novembre: Ognissanti e i Defunti (1 e 2); San Martino (11).
Dicembre: San Nicola; Natale (6 e 25).

Infine, uno statuto dei trafilatori di ottone nel Livres des Metiers stabilisce che i sottoposti hanno diritto a un mese di congedo in agosto, certamente per consentir loro di lavorare nei campi.
Le lamentele per l'inosservanza di giorni festivitivi, sono frequenti, come pure le sanzioni inflitte agli artigiani sorpresi a lavorare in quei giorni.
In totale, i giorni lavorativi in un mese sono in media circa una ventina, cioe' quattro o cinque giorni la settimana.
Per i contadini la regolamentazione del lavoro e' meno precisa, poiche' certi lavori, come nutrire gli animali, devono essere svolti ogni giorno. E nell'epoca Carolingia, l'Admonitio generalis vieta agli uomini di dedicarsi, la domenica, ai lavori nei campi, di curare la vigna, diarare, di tagliare il fieno, di riporre le messi, di dissodare o tagliare gli alberi di lavorare la pietra o di costruire case.
All'universita' di Parigi, verso la fine del XIV secolo, le lezioni sono sospese dal 28 giugno al 25 agosto, per la facolta' delle Arti, e fino al 15 settembre per le facolta' di Teologia e di Diritto canonico. In questo periodo, i lavori del Parlamento di Parigi vengono sospesi dall'inizio di settembre al 12 di Novembre. Tuttavia, lo studio di alcune pratiche prosegue e alcuni consiglieri del Parlamento sono delegati a esercitare le loro funzioni in altre due corti Rouen e a Troyes. Oltre allegra feste delle domeniche, la corte interrompe me sue attivita' per una settimana a Pasqua, cinque gioni per la Penecoste, cinque giorni a Natale, in totale cinquanta giorni all'anno.
Nel Medioevo, per gli uomini di condizione modesta, e in un certo senso anche per I borghesi bisogna parlare di civilta' del lavoro e non di civilta' degli svaghi. Tuttavia i momenti di riposo e me distrazioni non sono affatto sconosciuti ma, gli svaghi sono parte integrate del lavoro.
Per quanto riguarda gli svaghi, il Medioevo si distingue dall'epoca attuale per i vari aspetti. A piu' stretto contatto con la natura, l'uomo medievale, nei suoi svaghi, da piu' spazio al corpo che allo spirito.

mercoledì 14 dicembre 2016

Feste e giochi nel medoevo. Statuto dei fornai

XXIII. Nessun fornaio puo' cuocere il pane la domenica. Ne' il giorno di Natale, ne' il giorno dopo, ne' il terzo giorno; ma il quarto giorno dopo Natale, possono cuocere il pane.
XXIV. Nessun fornaio puo' cuocere il pane il giorno dell' Epifania, ne' il giorno della festa della Candelora, ne' il giorno dell'Annunciazione, ne' il giorno dell' Assunzione, ne' alla Vesta della Nativita' della S. Vergine, a settembre.
XXV. Nessun fornaio puo' cuocere il pane nel giorno della festa dell'apostolo la cui vigilia sua giorno di digiuno, ne' alla festa di San Pietro in Vincoli in agosto, ne' alla festa di San Bartolomeo ne' il Lunedi dell'Angelo, ne' il giorno dell' Ascensione ne' il giorno dopo Pentecoste.
XXVI. Nessun fornaio puo' cuocere il pane il giorno della festa della S. Croce a settembre, ne' il giorno della festa della S. Croce a maggio, ne' il giorno della Nativita' di San Giovanni Battista, ne' il giorno della festa di S. Martino d'inverno, ne' il giorno della festa di S. Nicola d'inverno.
XXVII. Nessun fornaio puo' cuocere il pane il giorno di S.Maria Maddalena, ne' il giorno della festa di S.Giacomo e S. Cristiforo, ne' il giorno di S. Lorenzo.
XXVII. Nessun fornaio puo' cuocere il pane il giorno di S. Giacomo e S. Filippo, ne' il giorno di S. Dionigi, ne' il giorno di Ognissanti, ne' il giorno della festa dei Defunti, se non per darlo in beneficenza, ne' il giorno della festa di S. Genoveffa dopo Natale.
XXIX. Nessun fornaio puo' cuocere il pane alla vigilia delle feste sopraddette, a meno che il pane non sia in forno al piu' tardi allora in cui si accendono le candele, ne' il sabato, tranne la Vigilia di Natale in cui i fornai possono cuocere fino al suono del mattutino di Notre - Dame di Parigi.
XXX. I fornai possono cuocere il pane lunedi prima dell'alba non appena suona il mattutino di Notre - Same, salvo se vi cade un giorno di festa di quelli detti sopra.
XXXI. Se un fornaio cuoce il pane nei giorni di festa sopraddetti, dovra' pagare al maestro fprnaio un'ammenda di dei denari e dovra' fare il pane per in valore di undici soldi, che il maestro fornaio e i consigleri daranno in beneficenza ogni volta che il fornaio sara' sanzionato. E se venisse a mancare il pane a Parigi, egli dovra' ottenere il permesso di fare il pane al maestro fornaio.

domenica 11 dicembre 2016

Feste e giochi nel Medioevo. Introduzione

La misura del tempo

Trattare l'argomento degli svaghi nel Medioevo puo' sembrare una scommessa nella misura in cui questo termine non aveva allora lo stesso significato che gli attribuiamo oggi. Certo, la parola loisir che deriva dal latino licere, essere pemesso, non e' sconosciuta, ma solo nel XVI secolo assume il significato di tempo di cui si puo' disporre all di fuori delle abituali occupazioni, mentre appena nel XVIII secolo, al plurale (loisirs), diventata sinonimo di occupazioni, distrazioni durante il tempo libero.
In quell'epoca, vigeva ancora l'abitudine romana di dividere il giorno in ventiquattro ore, ovvero dodici ore fra l'alba e il tramonto, e dodici ore per la notte. In tal modo, in giugno un ora di luce dura novanta dei nostri attuali minuti contro i trenta di dicembre. D'altra parte, per determinare il momento della giornata, si fa riferimento, alle preghiere recitate dai monaci o dai chierici, ossia il mattutino, le lodi, la prima, la terza, la sesta (a mezzogiorno), la nona, il vespro e compieta.
Il sole regola la vita degli uomini, in citta' come in campagna. La giornata di lavoro varia quindi con il variare delle stgioni. Il lavoro a Parigi inizia con il sorgere del sole o un'ora piu' tardi e terminal quando si spengono le luci o all'ora in cui suona compieta.
Questi aapetti comuni nascondono tuttavia condizioni molto diverse: d'inverno i follatori lavorano dalle semi del mattino alle cinque di sera, ma d'estate (cioe' da Pasqua alla Vesta di San Remigio), dalle cinque del mattino allegra sette di sera. Per le filandaie, la giornata di lavoro d'estate comincia allegra quattro del mattino e termina alle otto di sera; d'inverno inizia alle cinque del mattino. Alcuni mestieri chiedono il permesso di lavorare al mattino prima del sorgere del sole e la sera al crepuscolo. Cosi', nel 1467, i guantai pregano il re di autorizzarli a lavorare al mattino prima del sorgere del sole e la sera al crepuscolo. Cosi', nel 1467, I guantai pregano il re di autorizzarli a lavorare dalle cinque del mattino allegra dieci di sera.
Nel caso di ingaggio a lungo termine, il datore di lavoro ha la facolta' di fissare a suo arbitrio la lunghezza della giornata lavorativa. Quindi, d'estate, la giornata di lavoro per l'artigianato parigino copre al massimo da sedici a diciassette ore; d'inverno non supera le undici ore. Lo statuto dei cimatori di panni del 1384 concede loro da due ore e mezza a tre ore e mezza di riposo a seconda della stagione. A conti fatti, il tempo effettivo dedicato al lavoro, soprattutto nel periodo estivo, cioe' per piu' di sette mesi, e' considerevole.
I contadini, molto piu' vicini alla natura rispetto ai salariati, hanno un ritmo di vita analogo, nella misura in cui il loro lavoro e' regolato dal corso del sole.
Per quanto riguarda il ritmo di lavoro annuale e' sorprendente il gran numero di feste comandate che corrispondono ad altrettanti giorni se si tiene conto delle domeniche. Gli sttuti dei talembiers, cioe' dei fornai, consentono di sapere con precision quali sono i giorni in cui solitamente ci si astiene dal lavoro.

lunedì 5 dicembre 2016

Feste e giochi nel Medioevo. Prefazione

Le feste e i giochi nel Medioevo non soon mai stati oggetto di sintesi.
Abbracciando dieci secoli, uno studio simile pone molti prolemi. Uno schema cronologico avrebbe potuto valorizzare meglio l'originalita' di periodi diversi oppure le costanti dell'epoca considerata. Cosi' le condizioni di vita appaiono piu' strutturate alla fine del Medioevo; e' proprio in quest'epoca che si sviluppano i giochi di societa'.
Sul piano socials conviene ovviamente fare una distinzione tra cio' che ottiene il popolo e quanto invece e' proprio dell'aristocrazia. Apparentemente, non c'e' affatto contrapposizione tra cultura popolare e cultura dell'elite. Si e' piuttosto in presenza di una cultura globale con livelli e sfumature propri, visto che la cultura popolare e' molto stesso la stessa cultura dell' elite in ritardo di qualche decennio o di qualche secolo. Accanto all torneo aristocratico, nel Sud della Francia esiste la danza dei cavalli di legno in cui i ballerini fanno finta di giostrare senza violenza. Un altro esempio, il piacere della lettura si diffonde della societa'.
In fine, e' importante esaminare cio' che ha attinenza con la natura, con il ritmo delle stagioni, come le passeggiate in campagna e alcune feste popolari, cio' che puo' essere attribuito a un'eredita' antics, problema che si pone soprattutto per quando riguarda gli spettacoli, e in fine, cio' che e' di matrice cristiana.

lunedì 19 settembre 2016

I nuovi tipi di colture. La crisi economica del trecento

LA CRISI ECONOMICA DEL TRECENTO

I NUOVI TIPI DI COLTURE


La preparazione delle botti nel mese di agosto. XV sec.


Compaiono ora, un pò dappertutto, delle culture (unitariamente limitate) di piante industriali, o piante da foraggio, o vigna. Lo vediamo in Fiandra, in Germania, in Francia, in Svizzera. Si tratta di coltivazioni che domandano un sistema più intenso di rotazioni, di apportare cure molto minute al suolo e alle piante. Questi cambiamenti sono ovviamente dettati dalla tendenza sempre più calante dei prezzi del giorno, che spingeva a trovare delle culture più redditizzie. Queste nuove culture s'affermano sopratutto tra contadini che si sono completamente affrancati da ogni vincolo di dipendenza verso il signore. Inoltre, una buona parte di esse offrono l'occasione al contadino d'inseerirsi in un ciclo produttivo, distinto da quello strettamente agricolo. Quelle culture di piante industriali crearono a loro volta ulteriori condizioni per un vorticoso aggravamento di quelle. Infatti i rifugiarsi di braccia nell'attività di trasformazione connessa a quelle piante sottrasse ulteriori forze di lavoro alla grande proprietà feudale, complicandone la condizione.

Le conseguenze economiche: il calo dei prezzi

Lungo tutto l'arco del sec. XIV, i prezzi dei cereali calano. Ma questo movimento discendente, in se stesso, sarebbe ancora il meno, (per così dire), se su di esso non s'inserissero, frequentemente, crescite di prezzi eccezionalmente alte. Lì, in quelle crescite, s'annida uno degli elementi più disgregatori che si possa immaginare: infatti piccoli e medi produttori che, sul periodo lungo, non riescono a realizzare normalmente forti guadagni a causa della tendenza al ribasso, non ricavano guadagni nemmeno nei momenti di rialzi dei prezzi, perché, proprio in quegli anni, il cattivo raccolto consente loro, a malapena, di che mettere da canto le sementi per la prossima stagione agricola e provvedere al sostentamento loro e delle loro famiglie.

La riduzione dei canoni di locazione

La riduzione dei tassi di locazione: in Normandia a Beaufour, il rapporto delle censives era di 142 livres nel 1397; nel 1428 era sceso a 112, a 52 nel 1347 e a 10 nel 1444. Un arpento di vigna ad Argenteuil tra il 1300 e il 1320, era possibile affittarlo tra 12 e 25 soldi parisis; a metà del sec. XVI, è affittato tra 5 e 12 soldi e in più otto pinte di vino valutabili in 8 deniers (meno d'un soldo). In Inghilterra, nella grande proprietà Bigod di Forncett, un acro di terra è affittato per 10 3/4 deniers verso il 1370; a 8 deniers nella prima metà e a 7 nella seconda metà del sec. XV. In Svezia, per le terre del duomo di Uppsala, nel 1376 non si trovano affittuari ad alcun prezzo, per quanto basso esso sia. In Norvegia, già a metà del sec. XIV, compaiono le prime riduzioni di canoni: il movimento non si arresterà e proseguirà fino al sec. XV. Nelle Fiandre, le terre dell'abazia di Saint - Pierre di Gand, nella seconda metà del sec. XIV, vedono i loro frutti ridursi del 50 - 70%.
La distruzione della campagna tardo medievale in Europa non fa altro che attstare situazioni di fatto: riduzioni di superfici coltivate; estensione e, talora, creazione ex novo, di culture di piante industriali; allargamento dell'allevamento di animali; riduzione di fitti e valore delle terre; riduzione della produttività unitaria. Alte furono le conseguenze e i mutamenti di reciproci rapporti fra gli uomini (i contadni, i proprietari) che si determinarono nel corso della crisi.

Il mercato del lavoro in agricoltura

Il movimento dei salari agricoli: dappertutto in Europa, questi sono all'insegna dell'aumento, almeno a partire dal 1350, ma anche prima: va notato che il movimento dei salari dei braccianti agricoli aumenta più fortemente di quello dei lavoratori specializzati. Parallelamente a questo aumento, di salari si ha un movimento discendente di prezzi, del grano in particolare. Da un canto, la rovina del vecchiio sistema spinge masse d'uomini verso le città; dall'altro, resta pur fermo che, in particolari momenti di punta dei lavori agricoli, occorre un buon nuero di braccianti. E' questo secondo aspetto, quindi, che serve a spiegare il perchédi questi forti aumenti salariali. Ma, ciò detto, non cambia che quegli aumenti salariali non possano essere interpretati come l'indice d'una età d'oro dei lavoratori, perché questi, in realtà sono molto spesso senza lavoro.

Grandi masse di vagabondi senza reddito

Il primo effetto di quelle riduzioni di superfici coltivte, di quelle conversioni da terre destinate alla cerealicoltura in terre destinate all'allevamento di bestiame, fu una straordinaria espulsione di contadini dal suolo. Le enclasures (recinzioni di terre comuni) in inghilterra modificano completamente il paesaggio agrario del paese: un atto del parlamento del 1489 dice che lì dove duecento persone prima lavoravano la terra, ora non si vedono che <<uno o due pastori>>. Questi contadini, espulsi dalla terraa, costituiranno quelle legioni di vagabondi che caraterizzeranno, ormai, il paesaggio dell'Europa. Queste masse di vagabondi saranno, durante taluni momenti dell'anno, dei braccianti agricoli, oppure andranno a costituire le file del proletariato (o del sottoproletariato) urbano. Da vagabondi a banditi, il passo è breve: è contro di essi che alcune ccittà si uniscono in lega per combatterli, espellerli, respingerli: in Westfalia, di queste leghe ne ritroviamo nel 1356, 1370, 1372, 1385, 1437, 1451, 1452. E' un mondo miserabile, instabile; per la dieta imperiale del 1397 a Francoforte, si radunano non meno di seicento saltimbanchi (ai quali s'aggiungono ottocento prostitute); ancora prostitute, saltimbanchi, commedianti, pifferai, tutto un mondo socialmente marginato, ritroviamo in gran numero (per migliaia, addirittura) a Costanza e a Basilea, attirati dai concili che vi erano stati convocati.

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sabato 17 settembre 2016

Il regresso dell'agricoltura. La crisi economica del Trecento

LA CRISI ECONOMICA DEL TRECENTO

IL REGRESSO DELL'AGRICOLTURA


Agricoltura nel medioevo


In una società quale quella dell'Europa dei secc. XIV-XV, in cui la percentuale di popolazione immpegnata nell'agricoltura costituiva grosso modo tra l'80 e il 90% della popolazione totale, non v'è dubbio che come settore da prendere in considerazione e da valutare <<primo>>da ogni punto di vista è quello agricolo.

L'abbandono dei suoli coltivati

Ci sembra che il grande fenomeno dell'abbandono di suoli coltivati, che si manifestò in tutta l'Europa dei secc. XIV - XV, possa essere considerato in primo luogo. In seguito, avremo da occuparci di questo stesso problema sotto l'aspetto demografico, per quel che riguarda il grande movimento migratorio di contadini verso le città. In Germania, verso il 1300, è possibile recensire ca 170.000 località; esse, alla fine del sec. XIV, sarenno ridotte a 130.00. Questo fatto, importante da un punto di vista demografico, ha avuto conseguenze importanti anche sul piano della produzione: la marca del Brandeburgo, nel 1375, è <<una terra incolta e deserta>>. Le terre di taluni villaggi abbandonati, sono trasformate in pascoli, ma anche queste terre di pascolo, malgrado le poche cure ch'esse richiedono, si trasformano rapidamente in foreste. L'invasione di suolo da parte delle foreste costituisce un fatto importante in Germania.

L'arretramento della cerealicoltura di fronte ai boschi

Altra prova del retrocedere delle coture cerealicole di fronte all'avanzata di betulle, faggi, carpini, nocciuoli, sterpaglie, può essere ricavata dall'esame dei differenti tipi di pollini rinvenuti nelle torbiere di Roter Moor. La rappresentazione geografica che è possibile dare di quel fenomeno costituisce, a nostro avviso, uno dei più straordinari documenti dis toria dell'agricoltura. Ma la Germania ha perso, nel corso del sec. XIV, anche altre terre: secondo una stima aprossimativa, è possibile dire che, sulle coste tedesche del mare del Nord, fino all'attuale frontiera germano - olandese, furono perduti, conquistati dal mare ca 2000 km quadrati. Certo, la Mandranke (come è chiamata la grande tempesta del 1362) ha sconvolto numerose dighe, oltre che ingoiato la città di Rungholt.

L'<<offensiva>> delle foreste in Provenza

In Provenza, il periodo 1350-1450 è caratterizzato da <<un'offensiva della foresta di leccio o di rovere, querceti bianchi o verdi>>, nel mentre, in parecchi territori di quella regione, la presenza di greggi troppo numerosi in rapporto alle possibilità reali creeranno enormi fenomeni d'evasione: le cui consegienze sono rilevabili ancor oggi. Nel Borderlais, a mezzo sec. XV, delle landes ricoprono terre dove, prima si producevano grano e vino per una popolazione ora in fuga o morta. <<Nelle Prealpi, nel Périgord, nel Sénonais, la foresta ha invaso campi e vigne>>. queste trasformazioni del paesaggio agrario sono talmente profonde che il segno del lavoro dell'uomo vi scompare quasi completamente, a tal punto che, quando a volte si hanno dei fenomeni di ripopolamento, nessuno era in grado di stabilire dove fossero situati gli antichi possedimenti, come avvenne di fatto nelle terre dei monaci di Vaux - de - Cernaux.

L'Italia e la Spagna

In Italia, non è difficile trovare segni assai simili: dalla Lunigiana alla Maremma pontificia, i centri di cultura cerearicola scompaiono nel corso del sec. XIV; in Sicilia; nelle valli di Simeto, Dittaino, Dirillo, Maroglio, Gela, Salso, la cerealicoltura cede il campo al pascolo; nè diverso panorama si offre ad altre latitudini.
Qui è il trionfo di Meseta, della grande Meseta, che raggruppa, in un corpo mostruoso, le precedenti piccole mesetas. Dalla fine del sec. XIII, dei mercanti genovesi, stabilit in Andalusia, convincono i nobili, grandi detentori di terre, che importare ovini dall'Africa del nord per acclimatarli in Spagna può costituire un buon affare. L'operazione riesce completamente: il commercio della lana diventa rapidamente la colonna vertebrale dell'economia castigliana. Il numero delle pecore passa da un milione di teste nel sec. XIV a 2.700.000 nel 1467. La agricoltura si immobilizza.

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La crisi economica del Trecento

La crisi economica del Trecento


In ogni declino, in ogni crisi è dato cogliere non solo i segni negativi del fenomeno in atto, ma anche i germi - di segno positivo - di quel che sarà l'avvenire. Da ciò la difficoltà che è insita in ogni esposizione dei caratteri d'un periodo che, appunto è un <<autunno>>. E' qusta una regola alla quale non sfugge l'epoca di cui stiamo per trattare. un'epoca che giunge - grosso modo - fino alla fine del sec. XV e il cui inizio va ritrovato già ai primi del sec. XIV.
La preoccupazione centrale degli storici, è stata quella di cogliere la causa del fenomeno. E non si è trascurata alcuna ipotesi: declino della popolazione, quasi che i movimenti demografici obbedissero a misteriose regole di ascesa e discesa; brusco arresto della fertilità dei terreni, come se la fertilità fosse un fatto solo naturale e non già anche il frutto del rapporto che s'instaura tra l'uomo e la terra; brusco cambiamento del clima e produzione agricola nel tempo lungo è ancora ben lungi dall'essere chiaramente dimostrato.

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La scoperta di nuovi mondi. Tra medioevo ed età moderna il quadro storico

Tra medioevo ed età moderna il quadro storico

La scoperta di nuovi mondi


La modernità si segnala nelle scoperte e nelle conquiste geografiche, divenute un fattore di periodizzazione saldamente inserito nella tradizione storiografica europea. A partire dal quattrocento gli europei posero le premesse per attivare relazioni progressivamente sempre più intense con l'Asia e con l'Africa, e per europeizzare due nuovi continenti, l'America e l'Oceania.

Le ragioni che spingono alle esplorazioni

Il movimento di scoperta fu indotto dall'obiettivo di stabilire un raccordo commerciale diretto con l'Oriente. Un secondo motivo essenziale per capire i viaggi di scoperta fu la ricerca dell'oro: in un'economia in espansione, come era quella europea del Quattrocento, la disponibilità di moneta pregiata rappresentava la condizione per infondere potenza e gloria in un Stato o in una città, in un principe o in un uomo d'affari. L'Europa non disponeva di risorse auree sufficienti di qui la spinta ad avventurarsi verso paesi lontani che si sospettava potessero fornire il prezioso metallo. Non va sottovalutato, infine, l'impulso evangelizzatore che si era forgiato nel corso delle crociate e della riconquista al cattolicesimo dei territori musulmani nella penisola iberica.

Le grandi esplorazioni marittime

Il regno del Portogallo aprì la strada all'avventura atlantica che ebbe una svolta decisiva nel 1498, quando le navi di Vasco de Gama, doppiato il capo di Buona Speranza, potevano finalmente solcare l'oceano Indiano per poi attraccare al porto di Calicut sulla costa occidentale dell'India. Fu il viaggio intrapreso da Cristoforo Colombo nel 1492 per conto della monarchia spagnola ad aprire prospettive inattese, grazie all'incontro fortuito con un continente sconosciuto, a cui sarebbero seguite la sua successiva identificazione come mondo nuovo e la sua presa di possesso attraverso l'espansione coloniale. Tutta la vicenda dell'originaria conoscenza dell'America, percorre le rotte oceaniche sulla scia lanciata dai quattro viaggi di Colombo, dalla spedizione di Giovanni Caboto, veneziano al servizio dell'Inghilterra, che raggiunse l'isola di Terranova a nord nel 1497 e scoprì le coste del Canada e della Nuova Scozia, alle spedizioni di Ojeda e Vespucci, e infine segue la ricerca di un passaggio a nord-ovest fra i due oceani, che impiegò tra gli altri i Caboto, Giovanni da Verrazzano, Jacques Cartier, Martin Frobisher e John Davis, finendo con inserire le corone inglesi e francesi nella corsa alle terre d'oltre oceano. Di particolare importanza risultò la spedizione spagnola capeggiata dal portoghese Magellano e conclusa da Elcano nel 1522, che portò a termine la prima circumnavigazione del globo, trovando nell'emisfero australe la rotta di comunicazione tra Atlantico e Pacifico.

Un profondo mutamento nella storia del mondo

Da una parte si apriva una storia di sopraffazioni in cui una civiltà impose le regole dell'incontro con le culture diverse, dall'altra, ci fu la scoperta della diversità americana e la sua immissione nella cultura europea, che aprì dibattiti accesi sul diritto di conquista, sulla classificazione dei nativi, sui caratteri di quelle società americane rapidamente destrutturate dalla conquista bianca. Un'immensa letteratura elaborò il mito del buon selvaggio, affrontò le questioni della razza e della differenza etnica, ponendo a confronto  mondi diversi che il movimento  di scoperta e di conquista coloniale aveva fatto incontrare.

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giovedì 15 settembre 2016

Tra medioevo ed età moderna, il quadro storico. L'invenzione della stampa: tra continuità e rivoluzione


Il cassone dei tre duchi. sec. XV

Tra medioevo ed età moderna. Il quadro storico

L'invenzione della stampa: tra continuità e rivoluzione

Le categorie della periodizzazione tra Medioevo ed età moderna legate alla storia del libro avevano tradizionalmente rafforzato le ragioni della continuità tra le due epoche mostrando la lenta evoluzione tecnica e la complicità tra i mestieri del libro mantenutosi anche dopo l'invenzione dei caratteri mobili della stampa da parte del tedesco Johan Gutenberg. L'invenzione della stampa, un fattore di trasformazione che entrò con impatto dirompente nei circuiti intellettuali e politici in cui si preparava la nuova civiltà Europea tra Umanesimo, Rinascimento, riforma protestante e nascita degli Stati moderni.

La Bibbia di Gutenberg il primo libro a stampa

Usato dal laboratorio di Gutenberg a Magonza tra la fine del 1454 e l'inizio del 1455, il primo esemplare di libro stampato fu la Bibbia cosiddetta <<a 42 linee>> su due colonne, in latino, a caratteri gotici, detta anche <<Mazzarina>>. Quel libro annunciava un nuovo modo di produrre oggetti fatti di parole e di immagini che, grazie alla tecnica di Gutenberg, divennero in breve tempo il veicolo della fruizione culturale in strati sociali sempre più ampi e al tempo stesso lo strumento per un più libero confronto di idee.

I primi libri: più status symbol che oggetti di fruizione

Fino al sec. XV il libro era considerato un bene da conservare e da esibire, più che da utilizzare e godere, un oggetto che faceva mostra delle raccolte dei sovrani bilbliofili, tra i quali primeggiava il re d'Ungheria Mattia Corvino (1458-1490), la cui splendida biblioteca conservava i più raffinati esemplari della calligrafia e della decorazione, ma anche dell'arte della legatura. L'arte della stampa secondo il metodo Gutenberg fu all'inizio una rivoluzione inavvertita, ma in pochi anni guadagnò terreno così da conseguire una rapida accelerazione, che portò al consolidamento di una tecnica che sarebbe rimasta invariata almeno fino ai primi decenni del sec XIX creando un sistema di mestieri e  ambienti di lavoro standardizzati.
Dalle stamperie operanti all'inizio del Cinquecento nel centro-sud della Germania, nel centro-nord dell'Italia e in Francia, fossero usciti tra i dieci e i venti milioni di esemplari di libri a stampa.

Aldo Manuzio

L'Italia divenne un punto di forza dell'industria tipografica, a partire dal suo esponente più celebre, il veneziano Aldo Manuzio, la cui vicenda editoriale esemplifica la straordinaria e precoce diffusione delle botteghe tipografiche. Il libro uscì rapidamente dal mondo dei conventi e delle autorità ecclesiastiche, per entrare nelle forme di consumo dei mercanti, dei banchieri, degli artigiani, delle scuole e delle università, ovunque incentivando un più libero dibattito.

Le nuove fasce di mercato

L'uso del volgare in luogo del latino e l'uso delle illustrazioni accostarono al libro nuove fasce di lettori. Il nuovo mezzo costituì uno straordinario strumento di propaganda e di divulgazione come avvertirono i riformatori religiosi tedeschi, primo fra tutti Lutero, che se ne servì per la diffusione delle sue idee e per la loro propagazione in ambienti popolari e in aree di maggior resistenza.

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mercoledì 14 settembre 2016

L'orazione sulla dignità dell'uomo di Pico della Mirandola

L'orazione sulla dignità dell'uomo di Pico della Mirandola


Giovanni Pico della Mirandola


Nell'immaginario del Medioevo cristiano, l'uomo, nella sua imperezione e nella sua costitutiva debolezza, determinata dal peccato originale, può trovare riscatto esclusivamente in grazia della misericordia divina.

Nella visione del mondo propugnata dall'Umanesimo, all'uomo è restituita la libertà e quella dignità che consiste nel fatto che egli solo, fra tutte le creature divine, ha la possibilità di scegliere il proprio destino. Tutti i maggiori intellettuali italiani del Quattrocento condividono questo ideale. Tra gli altri, il filosofo Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494) lo espresse nella sua Oratio de hominis dignitate (1486), considerato il <<manifesto del Rinascimento>> per la sua esaltazione della creatura umana.
<<Stabilì finalmente l'ottimo artefice che a colui, cui nulla poteva dare di proprio, fosse comune tutto ciò che aveva assegnato singolarmente agli altri, l'uomo, postolo nel cuore del mondo, così gli parlò : <<Non ti ho dato, o Adamo, un posto determinato, un aspetto tuo proprio, alcuna prerogativa tua, perché tutto secondo il tuo voto e il tuo consiglio ottenga e coservi. La natura determinata degli altri è contenuta entro leggi da me pescritte. Tu te la determinerai, secondo il tuo arbitrio alla cui potestà ti consegni. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai rigenerarti, secondo il tuo volere, nelle cose superiori che sono le divine. I bruti nel nascere seco recano, come dice Lucilio, dal seno materno tutto ciò che avranno. Gli spiriti supremi o dall'inizio o poco dopo furono ciò che saranno nei secoli dei secoli. Nell'uomo nascente il padre ripose semi d'ogni specie e dermi d'ogni vita. E, secondo che ciascuno li avrà coltivati, quelli cresceranno e daranno i loro frutti>>.

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Tra medioevo ed età moderna il quadro storico. Umanesimo e rinascimento

UMANESIMO E RINASCIMENTO


Lorenzo il magnifico


Dal Medioevo all'età moderna

Il passaggio dal Medioevo all'età moderna è stato in un certo senso sfumato. Alcuni hanno indagato quel passaggio carico di fondamentali riferimenti per la civiltà europea leggendo in chiave di dissolvenza lenta e laboriosa, nella quale le permanenze avrebbero resistito tenacemente, mettendo in ombra i fattori della discontinuità, altri hanno sottolineato le distanze, evidenziando lo stacco netto consumatosi a loro avviso tra i sec. XIV - XV, uno stacco di civiltà, di modi di produrre, di sistemi politici, cioè a dire di contenuti essenzziali dell'esperienza umana. Per i primi, il Medioevo si protese fino al Cinquecento e oltre, mentre per i secondi va tenuto all'incirca nei limiti temporali classici, la seconda metà del Quattrocento, collegandoli a eventi simbolici, quali la caduta di Costantinopoli in mano turca ( nel 1453) o la <<scoperta>> dell'America da parte di Colombo (nel 1492).
Tra il tramonto del Medioevo e l'alba dell'età moderna si incuneano alcune categorie storiografiche che per loro natura definiscono adeguatamente sia le eredità del tempo trascorso sia le avvisaglie della nuova identità europea.

Il concetto di umanesimo

Una di queste avvisaglie è l'Umanesimo, termine che indica l'atteggimaento culturale di un periodo in cui si avverte fortemente la differenza del proprio tempo rispetto al passato, percepito negativaamente, insieme con la volontà di costruire un patrimonio culturale nuovo. Movimento culturale che, sorto in Italia e propagatosi a tutta l'Europa latina, propugnava un rinnovamento della cultura basato su una maggior conoscenza del mondo classico greco - latino, l'Umanesimo portava modelli culturali critici verso la società che poneva Dio al centro del proprio sistema, dominata dal pensiero teologico, in cui la religione rispondeva a un disegno teocratico di lunga tradizione; e lo faceva riscoprendo la lezione della filologia, dagli studi classici, del pensiero precristiano o non - cristiano. Tali riferimenti divenivano le basi su cui fondare una propria civiltà, secolare, laica, razionale. La riscoperta filologia del passato poteva avere esiti molto distanti l'uno dall'altro, ossia sfocaire in radicali atteggiamenti critici verso la Chiesa esplorando tutte le idee della cultura pagana oppure confluire in un umanesimo cristiano, che tentava di conciliare ragione e fedee accettava comunque di piegare la ragione al magistero ultimo della Chiesa.

La nuova dignità dell'uomo

La storia dell'Umanesimo, fa risalire le sue origini al tempo di Petrarca e Boccaccio, e unisce la generazione di Poggio Bracciolini, Flavio Biondo, Leonardo Bruni e quella di Pico della Mirandola e di Poliziano vissuti nella seconda metà del Quattrocento e partecipa dell'ascesa dei Medici a Firenze. Nel contesto della cultura umanistica germogliavano istanze di rinnovamento religioso che trovarono un esponente in Erardo da Rotterdam: i suoi rafforzati studi sulla cultura antica si legavano con la proposta di riformare i costumi della Chiesa, al fine di ricercare un cristianesimo depurato dalla mediazione teologica e riportato a un nucleo di purezza evangelica.

L'umanesimo civile

<<Umanesimo civile>>, una forma di cultura radicata  nelle esperienze politiche dei comuni italiani fra la fine del Trecento e l'inzio del Quattrocento che identificava nuovi modelli di vita politica ispirati alle più alte espressioni della civiltà urbana, a Venezia e a Firenze. L'enfasi data dalla filiazione della cultura umana dagli spazi urbani più sviluppati in campo non sol economico  ma anche civile e politico aprì un orizzonte di analisi che si spostava dall'Italia all'Europa, in particolare in Inghilterra, dove i modelli repubblicani  praticati o elaborati in alcune città - stato, ancora esemplarmente Firenze, venivano riletti e utilizzati in cchiave di libertà civili da propugnare per frenare l'assolutismo monarchico.


Ludovico il moro


Il rapporto tra Umanesimo e Rinascimento

Si affrontava anche il rapporto tra Umanesimo e Rinascimento: quest'ultima categoria, ha ormai una sua storia consolidata in cui contano certamente gli aspetti legati alla rinascita delle scienze e delle arti, ma ancor più le valenze ccomplessive di unaa cultura letta in termini di civiltà. La fioritura delle arti, la raffinatezza della vita intellettuale, le rinnovate concezioni dell'uomo e della sua vicenda storica che connotano il Rinascimento propongono all'Europa una diversa identità che poggia sulla fiducia della ragione umana capace di risalire alle fonti antiche della coscienza e di individuare attraverso queste nuovi percorsi filosofici e politici nei qual si afferma la preminenza dell'uomo, misura e referente della storia. Gli ideali del Rinascimento, trovano accoglienza nelle raffinate corti degli stati signorili, nei centri mercantili della Francia, per poi diffondersi a Parigi e nelle libere città del sud della Germania, nella ricca Borgogna dei Valois, nelle università inglesi ai temp di Enrico VIII. L'humus rinascimentale circola ancora nell'Europa cinquecentesca; tanto nelle corti dei nascenti Stati moderni quanto nelle citàà dello sviluppo borghese e mercantile.

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sabato 13 agosto 2016

La Chiesa delle catacombe e la svolta costantiniana. Prefazione. L'Inquisizione in Italia

La Chiesa delle catacombe e la svolta costantiniana


Costantino Imperatore


Durante i primi due secoli di storia del cristianesimo, quando i seguaci di gesù Cristo vivevano ai margini della società civile e durante il III secolo, quando furono perseguitati dagli impeatori romani le divergenze dottrinali si risolvevano con ammonizioni fraterne.
Per i montanisti, un movimento diffuso in Asia minore alla fine del II secolo che attendeva l'avvento immediato del giudizio finale e applicava un conseguente rigorismo morale nonché la rinuncia al matrimonio, e lo stesso avvenne per le prime discussioni trinitarie del III secolo. I cristiani rendevano spesso testimonianza della loro fede con il martirio, e quindi era per loro inconcepibile adottare verso il dissenso interno la violenza che veniva usata contro di loro dai poteri costituiti.
Dopo la vittoria di Costantino al ponte Milvio e la conseguente estenzione del suo potere a tutto l'impero, il nuovo orientamento cristiano della politica religiosa stabilito dall'imperatore nel 313 concesse la libertà alla nouva fede e ne permise lo sviluppo nella società e l'integrazione nella compagine dello Stato. I cristiani si organizzarono nelle prime strutture ecclesiastiche e le divergenze disciplinari e dottrinali più gravi al loro interno vennero decise con l'intervento dell'imperatore romano. Fu il caso dei donatisti, una minoranza scismatica di tendenze rigoriste in Africa, e degli ariani, un movimento che criticava uno dei cardini della nuova religione, sostenendo che il Figlio di dio era creato e subordinato al Padre. Contro i dissenso donatista furono messe in atto deposizioni ed esilii di vescovi e il movimento venne così riassorbito al tempo di Agostino. Gli stessi strumenti della scomunica e dell'espulsione furono usati per gli ariani, dopo che il concilio ecumenico di nicea (325), convocato dallo stesso costantino, aveva definito la piena divinità e umanità di Cristo. La concezione eterodossa tuttavia si estese dopo la morte di Costantino (337), incontrando il favore sell'imperatore Costanzo, tanto che alla morte di questi (361) la maggior parte delle sedi vescovili era governata da ariani.
Un cambiamento di radicale importanza avvenne con l'editto dell'imperatore Teodosio I nel 380: il cristianesimo da religione lecita divenne religione di Stato, secondo il modello tradizionale romano dei rapporti tra autorità statali e religione, modello che integrava i due ambiti. Lo stato divenne cristiano e la erligione cristiana si inserì nella vita dello Stato.

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L'Inquisizione in Italia. Prologo. Dalla comunità dei martiri alla rottura con la Chiesa d'Oriente.

PROLOGO

Dalla comunità dei maritiri alla rottura con la Chiesa d'Oriente


Nella sua storia bimillenaria, la Chiesa cristiana occidentale soltanto nel secolo XIII cominciò ad utilizzare su larga scala e in modo organizzato la violenza fisica come mezzo per controllare il dissenso, che si era sviluppato nei secoli immediatamente precedenti e che ora prevedeva la pena di morta per l'eretico non pentito oppure recidivo. Lo scopo era debellare definitivamente o resti dei movimenti catari, che avevano avuto una forte presa soprattutto negli strati cittadini della Francua meridionale, dell'Italia centrosettentrionale e di alcune zone della Germania, ma erano ormai ridotti sulla difensiva. Le prime misure sono state prese da vescovi e abati, attraverso la predicazione e di costringerli all'abiura attraverso i processi. Dopo l'uccisione di un legato papale da parte dei catari, venne indetta la crociata contro gli albigesi: i baroni della Francia settentrionale conquistarobno città, compirono stragi e si impadronirono a poco a poco la Linguadoca. Queste scelte avevano quasi risolto il problema, pur essendo state troppo circoscritte e incerte quelle ecclesiastiche e troppo violente quelle dipendenti dai poteri signorili. Il papa volle portare sotto la sua diretta autorità il controllo sull'eresia e ne affidò la repressione a un complesso di giudici speciali, gli inquisitori, nominati a seconda delle necessità contingenti a partire dai primi anni'30 del Duecento, confermando la sua supremazia su imperatori e re e cercando uno strumento giudiziario permanente per difendere la cristianità da esperienze religiose che sfuiggissero al controllo della gerarchia ecclesiastica.
La crociata in Francia e l'azione processuale degli inquisitori in Germania, Francia, Italia contro i dissidenti religiosi furono una novità. Nella decina di secoli precedenti non erano mancati i cristiani i tentativi di proporre e vivere diverse interpretazioni delle verità i fede e del messaggio salvifico di Gesù Cristo. Per capire le spinte iniziali, le motivazioni e il contesto storico  del cambiamento epocale che avvenne alla fine del XII e nel XIII secolo e che durò, per quanto riguarda i suoi risvolti più violenti fino al secolo XVIII e per i suoi aspetti giudiziari fino al 1965, e in parte continua fino a oggi, per rendersi conto di come si passò alla correzione fraterna della Chiesa dei martiria alla Chiesa dei roghi e delle confische dei beni, è indispensabile ripercorrere brevemente le scelte fatte nei primi mille anni di storia del cristianesimo e nei confronti dei dissenzienti e cogliere le caratteristiche organizzative che assunse la Chiesa occidentale prima della separazione della Chiesa orientale, avvenuta agli inizi del secondo millennio.
Nel periodo delle grandi evoluzioni potate all'età comunale si vedranno i primi secoli di nuove sperimentazioni religiose in Europa e le reazioni che provocarono, i cambiamenti nei rapporti tra ordinamento ecclesiastico e società civile, le origini e i motivi che portarono all'uso della forza armata nelle crociate e per riconquistare i luoghi santi della Palestina e combattere i nemici interni della cristianità occidentale.

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lunedì 27 giugno 2016

Umanesimo e Rinascimento

TRA MEDIOEVO ED ETA' MODERNA IL QUADRO STORICO

UMANESIMO E RINASCIMENTO

Dal Medioevo all'età moderna

Il passaggio dal Medioevo all'età moderna è stato in un certo senso sfumato. Alcuni hanno indagato quel passaggio carico di fondamentali riferimenti per la civiltà europea leggendo in chiave di dissolvenza lenta e laboriosa, nella quale le permanenze avrebbero resistito tenacemente, mettendo in ombra i fattori della discontinuità, altri hanno sottolineato le distanze, evidenziando lo stacco netto consumatosi a loro avviso tra i sec. XIV - XV, uno stacco di civiltà, di modi di produrre, di sistemi politici, cioè a dire di contenuti essenzziali dell'esperienza umana. Per i primi, il Medioevo si protese fino al Cinquecento e oltre, mentre per i secondi va tenuto all'incirca nei limiti temporali classici, la seconda metà del Quattrocento, collegandoli a eventi simbolici, quali la caduta di Costantinopoli in mano turca ( nel 1453) o la <<scoperta>> dell'America da parte di Colombo (nel 1492).
Tra il tramonto del Medioevo e l'alba dell'età moderna si incuneano alcune categorie storiografiche che per loro natura definiscono adeguatamente sia le eredità del tempo trascorso sia le avvisaglie della nuova identità europea.


Cristoforo Colombo


Il concetto di umanesimo

Una di queste avvisaglie è l'Umanesimo, termine che indica l'atteggimaento culturale di un periodo in cui si avverte fortemente la differenza del proprio tempo rispetto al passato, percepito negativaamente, insieme con la volontà di costruire un patrimonio culturale nuovo. Movimento culturale che, sorto in Italia e propagatosi a tutta l'Europa latina, propugnava un rinnovamento della cultura basato su una maggior conoscenza del mondo classico greco - latino, l'Umanesimo portava modelli culturali critici verso la società che poneva Dio al centro del proprio sistema, dominata dal pensiero teologico, in cui la religione rispondeva a un disegno teocratico di lunga tradizione; e lo faceva riscoprendo la lezione della filologia, dagli studi classici, del pensiero precristiano o non - cristiano. Tali riferimenti divenivano le basi su cui fondare una propria civiltà, secolare, laica, razionale. La riscoperta filologia del passato poteva avere esiti molto distanti l'uno dall'altro, ossia sfocaire in radicali atteggiamenti critici verso la Chiesa esplorando tutte le idee della cultura pagana oppure confluire in un umanesimo cristiano, che tentava di conciliare ragione e fedee accettava comunque di piegare la ragione al magistero ultimo della Chiesa.

La nuova dignità dell'uomo

La storia dell'Umanesimo, fa risalire le sue origini al tempo di Petrarca e Boccaccio, e unisce la generazione di Poggio Bracciolini, Flavio Biondo, Leonardo Bruni e quella di Pico della Mirandola e di Poliziano vissuti nella seconda metà del Quattrocento e partecipa dell'ascesa dei Medici a Firenze. Nel contesto della cultura umanistica germogliavano istanze di rinnovamento religioso che trovarono un esponente in Erardo da Rotterdam: i suoi rafforzati studi sulla cultura antica si legavano con la proposta di riformare i costumi della Chiesa, al fine di ricercare un cristianesimo depurato dalla mediazione teologica e riportato a un nucleo di purezza evangelica.


Pico della Mirandola


Giovanni Boccaccio



L'umanesimo civile

<<Umanesimo civile>>, una forma di cultura radicata  nelle esperienze politiche dei comuni italiani fra la fine del Trecento e l'inzio del Quattrocento che identificava nuovi modelli di vita politica ispirati alle più alte espressioni della civiltà urbana, a Venezia e a Firenze. L'enfasi data dalla filiazione della cultura umana dagli spazi urbani più sviluppati in campo non sol economico  ma anche civile e politico aprì un orizzonte di analisi che si spostava dall'Italia all'Europa, in particolare in Inghilterra, dove i modelli repubblicani  praticati o elaborati in alcune città - stato, ancora esemplarmente Firenze, venivano riletti e utilizzati in cchiave di libertà civili da propugnare per frenare l'assolutismo monarchico.

Il rapporto tra Umanesimo e Rinascimento

Si affrontava anche il rapporto tra Umanesimo e Rinascimento: quest'ultima categoria, ha ormai una sua storia consolidata in cui contano certamente gli aspetti legati alla rinascita delle scienze e delle arti, ma ancor più le valenze ccomplessive di unaa cultura letta in termini di civiltà. La fioritura delle arti, la raffinatezza della vita intellettuale, le rinnovate concezioni dell'uomo e della sua vicenda storica che connotano il Rinascimento propongono all'Europa una diversa identità che poggia sulla fiducia della ragione umana capace di risalire alle fonti antiche della coscienza e di individuare attraverso queste nuovi percorsi filosofici e politici nei qual si afferma la preminenza dell'uomo, misura e referente della storia. Gli ideali del Rinascimento, trovano accoglienza nelle raffinate corti degli stati signorili, nei centri mercantili della Francia, per poi diffondersi a Parigi e nelle libere città del sud della Germania, nella ricca Borgogna dei Valois, nelle università inglesi ai temp di Enrico VIII. L'humus rinascimentale circola ancora nell'Europa cinquecentesca; tanto nelle corti dei nascenti Stati moderni quanto nelle città dello sviluppo borghese e mercantile.

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sabato 16 aprile 2016

L'Inquisizione in Italia. Alcune domande sull'Inquisizione in Italia

CRITERI E PROSPETTIVE PER UNA NUOVA STORIA DELL'INQUISIZIONE

Alcune domande sull'Inquisizione in Italia





Le questioni di rilievo sono innumerevoli. In quali città risiedevano gli inquisitori nel medioevo e quante furono le sedi dell'Inquisizione romana e, negli Stati italiani direttamente soggeti alla Spagna, quelle dell'Inquisizione spagnola? Quanti uomini e donne furono preocessati? Come mutò nel tempo l'attività di repressione dell'eresia? Come funziona il processo inquisitoriale?Quanti inquisitori fecero carriere diventando vescovi, cardinali e papi? Ci furono altri giudici dela fede nel medioevo e nell'età moderna? Come mai la Chiesa italiana ebbe timore della Riforma protestante da processare, cardinali, vescoci, uomini di cultura e comuni artigini? Quale peso ebbero le autorità statali nella repressione del dissenso teologico  e della stregoneria?Ci furonoprocessi inquisitoriali usati per scopi politici? Che cosa si sa delle toruture affettivamente impartite? La condanna capitale veniva sempre eseguita con il rogo? Furono solo le donne ad essere processate per stregoneria diabolica? Per quali ragioni i tentativi di dame di costruirsi una fama di santità preoccuparono tanto le autorità ecclesiastiche? Quale fu l'ultima grande eresia collettiva e come l'affrontò il Sant'Ufficio?
Altre domande investono problemi più generali. Come mai nel secolo XII la violenza sistematica contro gli eretici cominciò a divenire una prassi normale?L'Inquisizione fu un fenomeno centrale e di grande rilievo istituzionale? Come mai il cristianesimo, religione dell'amore di Dio e del prossimo fondata dal Figlio di Dio condannato da autorità religiose come bestemmiatore e sobillatore, ha criminalizzato e talvolta messo a morte uomini e donne che vedevano in altro modo le verità che portarono a Dio o credevano di risolvere con l'ausilio di mezzi magici i problemi dell'esistenza? Quali considerazioni portarono la maggioranza della gerarchia cattolica a proporre e attuare un cambiamento epocale nel secondo Novecento con il concilio Vaticano II che modificò anche il Sant'Ufficio?

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L'Inquisizione in Italia. Ambiti, scopi e prospettive generali di quest'opera

CRITERI E PROSPETTIVE PER UNA NUOVA STORIA DELL'INQUISIZIONE

Ambiti, scopi e prospettive generali di quest'opera



Il teologo, può valutare la corrispondenza o meno dell'operato dell'Inquisizione al messaggio evangelico. Lo storico, cerca di conoscere e interpretare i fatti senza dare un giudizio etico. Suo compito è indagare il passato con metodi scientifici, ricostruendolo sulle basi del linguaggio e la consapevolezza di oggi, valutando i comportamenti e le scelte di persone e istituzioni e gli effetti da loro prodotti nelle vicende mutevoli della società.
Lo storico cerca di capire il passato all'interno delle condizioni materiali e culturali delle epoche trascorse, risponde alle domande che interessano l'uomo di oggi, noi valutiamo la nostra storia attraverso i valori e i problemi che viviamo nel presente. La storia è una scienza, perché indaga le vicende umane, riporta alla luce il nobile e il meno nobile dell'uomo, guarda gli esiti dei comportamenti razionali.
L'analisi dell'Inquisizione è circoscritta alla sola Italia e comprende per la prima volta il periodo medievale, l'Inquisizione spagnola in Sicilia e Sardegna e quella romana nell'età moderna, gli interventi di alcuni Stati nella repressione dei delitti contro la fede, l'attività della Congregazione del Sant'Ufficio nell'Otto-Novecento fino ad arrivare alla Congregazione per la Dottrina della Fede da Concilio Vaticano II ad oggi. Sull'Inquisizione in Italia nel medioevo in età moderna esiste una lunga serie di studi più o meno settoriali sugli individui singoli. Manca una storia della storiografia  per la parte medievale, per l'Inquisizione romana è uno studio del genere che analizza le pubblicazioni uscite dal Seicento a oggi. Così l'Inquisizione romana viene vista in modo frammentario, con il rischio di delineare tante Inquisizioni quanti sono i temi di ricerca.
Quest'opera tenta una visione d'insieme, esaminando i tribunali ecclesiastici e secolari che attuarono il controllo dell'ortodossia negli Stati italiani e considerando le istituzioni e i vari settori in cui operarono, cioè sia le strutture e giudici della fede, sia i tipi di controllo e gli inquisiti. Essa raccoglie i risultati principali e le problematiche di una trentina di campi di studio. L'insieme dei dati e il collegamento delle questioni di storia istituzionale offrono comunque punti di vista diversi e talvolta originali rispetto a quanto si ritiene comunemente nei vari campi di ricerca, sollevando nuove questioni o illuminando meglio alcuni problemi generali.
Questo libro presenta, i dati e le questioni più importanti, organizzati in un disegno sintetico che è contemporaneamente cronologico e tematico. Il lavoro si basa sugli studi già svolti e li utilizza estrapolandone quanto interessa il quadro critico generale, privilegiando i contributi di sintesi e quelli più recenti, e mettendo in luce i numerosi aspetti ancora poco indagati.
Lo sparuto numero di scrittori che intendono difendere con tanta buona volontà ancora oggi l'Inquisizione non hanno mai messo piede in un archivio, non hanno pubblicato ricerche originali e sono privi di competenza storica. Anche i pochi studiosi danno comunque una valutazione negativa, dell'Inquisizione su un piano generale. Risulta da questi studi che l'Inquisizione non fu sanguinaria come si credeva. Le poche uccisioni di cattolici, fatte in nome di Dio per motivi legati alla difesa della fede cristiana, noi le valutiamo aberranti, tanto che non si fanno più da due secoli e mezzo, e non vanno cancellate dalla memoria, ma forse è proprio il funzionamento ordinario dell'istituzione, sostenuto dai giudici-finanziari attenti a rispettare le norme canoniche, l'aspetto più importante e sensibile dell'Inquisizione cattolica.
La trattazione è limitata alla nostra penisola e isole, considera tutte le istituzioni ecclesiastiche e statali che difesero l'ortodossia, cerca di tener conto di quanto successe in Europa negli Stati cattolici privi di tribunali inquisitoriali ecclesiastici, collocando l'analisi del controllo del dissenso religioso nello sviluppo bimillenario del cristianesimo e in una più ampia storia della società.
Una particolare attenzione è stata posta nell'evitare la confusione tra il livello emico e quello etico dell'analisi si è distinto quello che pensavano, credevano e facevano gli uomini nella propria epoca da quello che analizzano, valutano e interpretano gli studiosi oggi. I giudici ecclesiastici distinguevano certo tra la cultura (alta) e la non cultura (bassa), tra dotti e popolo da istituire, tra verità religiose e superstizioni popolari, e secondo i loro termini, cercavano di riportare le superstizioni alla retta pratica religiosa, liberando quest'ultima dalle deformazioni, che in genere erano di origine popolare. Identificando e punendo le streghe che secondo loro si recavano o potevano partecipare al sabba, spiegavano nei modi della teologia cristiana l'origine dei mali individuali e collettivi, attribuendoli al diavolo e ai suoi adepti. L'opera degli inquisitori finì per essere comunque una forma di controllo sulle culture popolari, nei termini in cui le intendiamo noi, un tentativo iniziale e parzialmente fallito di acculturazione.

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giovedì 14 aprile 2016

L'Inquisizione in Italia. Introduzione. Cambiamenti istituzionali e rinnovamento storiografico

CRITERI E PROSPETTIVE PER UNA NUOVA STORIA DELL'INQUISIZIONE

Cambiamenti isituzionali e rinnovamento storiografico



Roma, San Pietro e città del Vaticano


Questo atteggiamento apologetico iniziò a declinare in seguito al grande cambiamento epocale che avvenne nella posizione della Chiesa cattolica verso glia tri cristiani e le religioni non cristiane durante il pontificato di Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II. Il 7 dicembre 1965, fu approvata la dichiarazione sulla libertà religiosa e lo stesso giorno Paolo VI con motu proprio modificò nome e scopi della congregazione per la Dottrina della Fede. bisognava promuovere non difendere la fede, correggere gli errori ma trattare con soavità chi errava.
Cominciò una nuova storiografia soprattutto sull'Inquisizione spagnola, propiziata dalla ricorrenza del quinto centenario della fondazione (1478) e dalla fine del regime franchista. Il Sant'Ufficio in Spagna non fu così sanguinario dopo i primi decenni del Seicento fu molto caouto nella persecuzione delle streghe. In Italia gli inquisitori continuarono a restare ignorati dalle ricerche e i loro archivi divennero la fonte di una storia innovativa degli inquisitori e delle culture popolari represse, a opera di Carlo Ginzburg.
Il rinnovamento degli studi negli ultimi decenni si è allargato all'Inquisizione romana e a quella portoghese, delle quali si comincia ad approfondire in modo nuovo la storia istituzionale, si continuano ad indagare i settori tradizionali, come la santità simulata e la storia delle donne. Il modo di considerare queste storie di repressione è stato influenzato dalla crisi dell'idea di progresso e dalla constatazione degli efferati delitti contro l'umanità compiuti dai regimi totalitari. Le nuove questioni storiografiche sono state esposte e discusse in libri, ma anche in convegni internazionali sull'Inquisizione, che hanno avuto inizio negli anni '70 e si sono susseguiti numerosi in Europa e nelle due Americhe.


Papa Giovanni Paolo II

Le ricerche sulle Inquisizioni iberiche hanno potuto avvalersi dei rispettivi archivi centrali, quelle seull'Inqisizione romana erano gravemente limitate dalla inaccessibilità dei fondi delle Congregazioni del Sant'Ufficio e dell'Indice. L'apertura della Chiesa cattolica agli altri cristiani e al mondo contemporaneo avvenuta con il concilio Vaticano II non si tramutò subito nell'apertura degli archivi inquisitoriali centrali. L'ammissione degli storici avvenne silenziosamente soltanto alla fine degli anni '90 e nel gennaio del 1998 l'apertura fu solennizzata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e dall'Accademia dei Lincei. La consultabilità dell'ultimo archivio tenuto segreto in Vaticano è stata una scelta autonoma dell'allora cardinale Jospeh Ratzinger, prefetto della congregazione pern la Dottrina della Fede, in relazione con le riflessioni pubbliche che negli anni precedenti Giovanni Paolo II aveva proposto sugli errori, sulle manchevolezze e sui condizionamenti della Chiesa nell'ultimo millennio, in vista di una richiesta di perdono durante il Giubileo del 2000.


Papa Joseph Ratzinger

La commissione teologico-storica del Comitato Centrale per il Grande Giubileo organizzò un simposio internazionale sull'Inquisizione, che si tenne in Vaticano dal 29 al 31 ottobre 1998 con la partecipazione di una quarantina di storici di tutto il mondo e di altrettanti professori di teologia delle università ecclesiastiche. Nella solenne cerimonia svoltasi in San Pietro, il 12 marzo 2000, l'Inquisizione venne tacitamente compresa nella seconda richiesta di perdono, recitata dal cardinale Ratzinger. Un altro segno del cambiamento si può notare negli interessanti seminari internazionali realizzati la prima volta dall'Istituto storico dei domenicani, sui rapporti con l'Inquisizione medievale (Roma, 23-25 febbraio 2002), con le inquisizioni iberiche (Siviglia, 3-6 marzo 2004) e con l'Inquisizione romana (Roma 15-18 febbraio 2006).

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mercoledì 13 aprile 2016

L'inquisizione in italia. Introduzione Una doppia leggenda, nera e bianca.




CRITERI E PROSPETTIVE PER UNA NUOVA STORIA DELL'INQUISIZIONE

Una doppia leggenda, nera e bianca

Le vicende dell'Inquisizione hanno investito la storia europea e poi intercontinentale per un tempo molto lungo. Quelle vicende complesse hanno creato una biforcazione nella stessa tradizione storiografica: nell'età moderna, alla leggenda nera, accusatrice, si contrappose una leggenda bianca, giustificatrice, entrambe basate su fatti e documenti, ma orientate a priori da una scelta di campo. Due libri possono essere presi a simbolo di questa bivalenza: quello di un inquisitore e quello di un teologo protestante.
L'Inquisitore spagnolo Luis de Paramo nel libro "De Origine et progressu officii Sanctiae Inquisitionis" stampato a Madrid, nel 1598, spiego' che l'istituzione era nata con il peccato di Adamo nel paradiso terrestre e che Dio stesso era stato il primo inquisitore nell'interrogatorio di Adamo ed Eva dopo che avevano mangiato il frutto proibito. L'Inquisizione aveva difeso che la vera fede dai suoi nemici terreni, gli ebrei, le streghe, gli eretici e dal vero nemico ultraterreno, il diavolo. La sua espansione fu voluta dalla Provvidenza divina.
Un teologo riformato arminiano, Philip von Limborch, pubblicò ad Amsterdam nel 1692 una Historia Inquisitionis, nella quale mostrava che l'istituzione era recente, anticristiana, crudele e ingiusta. L'Inquisizione era stata creata nel secolo XIII, aveva occupato gran parte del mondo cristiano, rovesciato la logica evangelica del perdono per attuare una logica giudiziaria, estranea al Vangelo, era stato un tribunale sanguinario e crudele, perché dall'esterno aveva imposto un obbligo alle coscienze. Per i sostenitori dell'ufficio inquisitoriale il domenicano fra Pietro da Verona, ucciso in un'imboscata a Seveso nel 1252, divenne San Pietro Martire e così pure fu santificato Pedro de Arbués, inquisitore di Aragona, assassinato nella cattedrale di Saragozza nel 1485.
Nella grande stagione della riscoperta della ragione, l'Inquisizione divenne uno dei bersagli degli illuminati e assurse a simbolo dell'oscurantismo religioso. Voltaire nel suo Trattato sulla Tolleranza (1763), la collocò tra i segni dell'intolleranza e mostrò come fosse in netto contrasto con l'insegnamento di Gesù Cristo, <<Vediamo ora se Gesù Cristo ha stabilito leggi sanguinarie e ha ordinato l'intolleranza, se ha fatto costruire le segrete dell'Inquisizione, se ha istituito i carnefici degli autodafé>>.
I cattolici per molto tempo cercarono di difendere l'operato dell'Inquisizione, tenendo segreti i documenti e arrivando talora a negare i fatti. Alla fine dell'Ottocento un professore francese di filosofia scrisse un libretto per dimostrare che il rogo di Giordano Bruno era una leggenda, uno storico italiano cercò di sostenere che il vescovo Vittore Soranzo, condannato formalmente per eresia dal papa, forse non era stato in effetti eretico.

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domenica 21 febbraio 2016

L'Europa dei Comuni, dei Principati, delle Signorie. Tra Medioevo ed età moderna. ll quadro storico

L'EUROPA DEI COMUNI, DEI PRINCIPATI, DELLE SIGNORIE

La frammentazione politica dell'Europa

L'unificazione territoriale e dinastica di Francia, Inghilterra e Spagna appare tanto più significativa qualora si pensi che il resto dell'Europa si affacciava all'età moderna in condizioni di frammentazione: non a caso, aree quali l'Italia, la Germania, la Polonia avrebbero perso terreno, rappresentando nei secoli successivi il campo di battaglia per l'egemonia continentale contesa tra gli Stati nazionali più forti. Certo, realtà statuali relativamente piccole, ma economicamente e politicamente molto salde, come la Repubblica di Venezia e lo Stato pontificio, furono in grado di influenzare le politiche internazionali, contribuendo, insieme con l'Austria asburgica, ad arrestare la nuova ondata conquistatrice dei Turchi ottomani. Ma, avrebbero dovuto accontentarsi di un ruolo di comprimarie, anche a causa dello spostamento del baricentro delle politiche internazionali dal Mediterraneo all'Atlantico, in seguito alla scoperta dell'America. Nei secoli successivi le più lente tartarughe, rappresentate dai nascenti stati nazionali, avrebbero superato quelle che nel Medioevo erano parse lepri irraggiungibili, ossia le piccole città-stato italiane. 

L'arretratezza politica dell'Italia

La penisola italiana, rimasta estranea ai processi di unificazione territoriale e di costruzione di Stati nazionali, se si esclude il regno di Napoli, fu governata da istituzioni politiche che non erano più all'altezza dei tempi. Esemplare il caso dell'Italia dei Comuni, un tempo floridi centri economici ormai incapaci di competere con sistemi più moderni e di reggere alla pressione espansiva delle monarchie europee. Mentre i comuni tramontavano, alcune singole famiglie si assicuravano il controllo del governo cittadino inaugurando gli istituti politici della Signoria e del Principato: i Torriani e poi i Visconti a Milano, gli Scaligeri a Verona, i Medici a Firenze. Inoltre, le città minori furono assoggettate da quelle più potenti che tendevano alla creazione di Stati regionali. 


Simbolo dei Visconti


Arche Scaligere



La crisi, la peste e il rafforzamento delle Signorie

La peste del 1348 e le conseguenti crisi demografica ed economica provocarono nelle città violente rivolte popolari, come quella dei Ciompi a Firenze (1378). Si rafforzarono ulteriormente le Signorie, anche attraverso l'affermazione militare su territori sempre più vasti. I Visconti di Milano controllavano buona parte della pianura Padana, contrasti a est da Venezia, mentre estendevano la loro influenza anche versi l'Italia centrale. Si tratta dell'evoluzione di una Signoria che, nata su base regionale e dinastica, si impone all'interno del mondo comunale. Un'esperienza opposta a quella vissuta dall'altra grande Signoria italiana, i medici a Firenze, che giunge sulla scena politica con un secolo di ritardo rispetto ai Visconti e solo dopo che il regime oligarchico - repubblicano del Comune si esaurisce tra violenze e instabilità.

La frammentazione dell'Italia nordoccidentale

Nell'Italia nordoccidentale la frammentazione politica era molto elevata. I marchesati di Saluzzo e Monferrato erano governati da un ramo della famiglia dei Paleologi, l'ultima dinastia imperiale di Bisanzio. Nel Piemonte i Savoia erano titolari da un insieme di domini franco - italiani che avevano il punto focale nei territori transalpini. La repubblica aristocratica di Genova, oscillava tra l'influenza di Milano e quella di Francia. Nel centro della penisola si consolidò nella seconda metà del se. XIII lo Stati della Chiesa, che si estese fino al Ducato di Spoleto, alla marca d'Ancona e alla Romagna, assumendo la configurazione territoriale che si sarebbe mantenuta fino al 1860.

Un Quattrocento di guerre

Nella situazione italiana si delineò un sistema di Stati regolato dal meccanismo del bilanciamento dei poteri, per cui le alleanze, le guerre, le strategie matrimoniali risultavano finalizzate a bloccare ogni ipotesi di preponderanza di un singolo dominio. Il prezzo pagato era la vulnerabilità del sistema complessivo, esposto ai contraccolpi di guerre e di cambiamenti dinastici spesso generati al di fuori degli spazi italiani. Un punto di equilibrio fu trovato alla pace di Lodi nel 1454 che metteva fine alla guerra per lan successione al Ducato di Milano fra Francesco Sforza, Firenze, Genova e Mantova, da una parte, Venezia, Napoli, Savoia e Monferrato, dall'altra. Lo Sforza era riconosciuto duca di Milano; Bergamo e Brescia ritornato a Venezia. L'equilibrio signorile rese tuttavia impossibile una comune azione verso forze che maturavano fuori d'Italia, in primo luogo la casa d'Aragona, già insediatosi a Napoli sin dal 1442, e la Francia dei Valois. 



Francesco Sforza

Lorenzo dè Medici e Ludovico il Moro

Di fronte a una situazione di precarietà si coglie il significato dell'opera di singoli protagonisti della politica, come Lorenzo dè Medici a Firenze o Ludovico il Moro a Milano, i quali svolsero un'azione di ampia portata che travalicava i confini dei loro Stati, ma non ne poterono ricavare i frutti proprio a causa della differenza di peso politico, militare ed economico che distanziava i loro domini dai grandi sistemi monarchici. Alla morte di Lorenzo (avvenuta nel 1492) l'equilibrio italiano si spezzò per la pressione della politica francese, che portò alla calata in Italia nel 1494 dell'esercito del re Carlo VIII, un evento, questo, che inaugurava la funesta stagione delle <<guerre d'Italia>> combattute tra Spagnoli, Francesi, imperiali che si sarebbe conclusa nel 1559.


Lorenzo dè Medici


Ludovico il Moro



L'intervento straniero e le <<guerre d'Italia>>

Il sistema italiano era parte di un più ampio sistema europeo di Stati, con cui si misuravano tre principali realtà, la Francia, la Castiglia - Aragona, l'impero, senza peraltro dimenticare la presenza dell'impero ottomano che mostrò una solidità istituzionale che non avevano le monarchie cristiane e la utilizzò per imporre un'espansione lenta ma continua, nel corso del sec. XV, travolgente e rapida, nel sec. XVI, sotto il regno di Selim I.
A est l'Europa cominciava a vedere la nascita di un nuovo Stato nazionale e monarchico, dai tratti asiatici più che occidentali, quale era la Russia. Cresciuta intorno al Ducato moscovita sotto l'azione politica di Aleksandr Nevskij, signore di Mosca, essa avrebbe ripreso a contare, con Ivan III (1462-1505), che incorporò le province di Rjazan', Novgorod e Tver' e s'intitolò <<signore di tutte le Russie>>.


Ivan III

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