Storia militare d'Italia
Il risveglio guerresco italiano (1796-1815)
Gl'italiani nelle guerre napoleoniche
Già i piemontesi s'erano battuti per quattro anni col consueto valore sulle Alpi, dal 1792 al 1796, e i cavalieri napoletani avevano poi, protetto bravamente la ritirata dell'esercito austriaco da Alessandria al Mincio, sì da mritarsi dall'avversario l'appellativo di <<diavoli bianchi>>. Poscia un battaglione e uno squadrone lombardi avevano partecipato alla dura battaglia d'Arcole, e lombardi e cispadani s'erano affermati nel forzamento del Senio contro i pontefici. Nel 1797 la Repubblica cisalpina disponeva 15.000 uomini agguerriti, e nel Veneto, non presago di Campoformio, si erano nell'estate organizzati 13.000 fanti e ben 60.000 guardie civiche. E nel Mezzogiorno, ingrossato a furia ed entrato inconsideratamente in campo contro i francesi del generale Championnet, aveva nel novembre-dicembre 1798, per cause complesse, finito col soggiacere alla sconfitta seguita da un quasi completo dissolvimento, le schiere organizzate dalla Repubblica partenopea s'erano battute con valore e con furore contro l'insorgenza generale, specialmente in Puglia e nella difesa della capitale: l'episodio finale della difesa eroica del forte di Vigliena, saltato in aria seppellendo assalitori e difensori, e del retrostante ponte della Maddalena, parevano sintetizzare , pur negli opposti campi, le virtù guerriere delle genti meridionali.
Travolte le schiere delle piccole repubbliche italiane, nel 1799, dall'insorgenza generale e dagli eserciti austro-russi, i superstiti di esse, riparati in Francia, eran corsi alla riscossa nel maggio 1800, coll'armata di riserva del primo console, scesa dal passo del Gran San Bernardo. La legione italiana, aveva protetto prima il fianco sinistro dell'esercito francese, poi era penterata in Valsesia, aveva ricacciato un distaccamento austriaco da Varallo, e s'era spinta in Lombardia, assicurando la via alle due colonne laterali scendenti per i valichi del Sempione e del San Gottardo, quindi era giunta fino al Chiese. Nell'agosto la risorta Cisalpina aveva praticamente ricostituito le sue due divisioni; e nel gennaio 1801, una s'era distinta penetrando nel Trentino dal ponte di Coffaro e giungendo in due settimane, fra continui combattimenti, a Trento; l'altra, scesa in Toscana, aveva a Siena ricacciato le realizzate forze del Borbone. Nello stesso anno, in Toscana, nella difesa di Portoferraio all'isola d'Elba, 500 soldati granducali, aiutati dalla popolazione e da qualche soccorso inglese, si erano sostenuti per quasi sei mesi contro le forze napoleoniche, dando prova di tenacia ammirevole.
Ma prova sempre più luminosa del loro valore, accompagnata da crescenti gravi sacrifizi, gl'italiani avrebbero dato negli anni successivi, dal 1805 al 1814. Essi spargevano generosamente il loro sangue in pressoché tutti i campi di battaglia delle guerre napoleoniche. sia fra le schiere del Regno italico, sia fra quelle dell'esercito napoletano di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat. sia nei reggimenti francesi delle regioni nostre annesse via via alla Francia. Un insieme pari alla forza complessiva di non meno di 12 divisioni, unità spesso ridotte, a un terzo o a un quarto dei loro effettivi, e di continuo rinnovate con nuovi complementi. Il sistema francese della coscrizione, secondo la legge Jourdan del 1798, esteso praticamente via via a tutta l'Italia, finiva col chiamare alle armi, prima le aliquote di cinque classi di leva, poi le classi quasi al completo, quindi classi di leva, poi le classi quasi al completo, quindi classi in anticipo e classi già definitivamente congedate; un insieme di circa dicei classi sotto le armi, nel 1813, e nei primi quattro mesi del 1814: fenomeno veramente nuovo e straordinario (la famosa leva in massa del 1793 della Convenzione Nazionale aveva compreso gli uomini di otto classi, dai diciotto ai venticinque anni!). E questo anche se le truppe italiane non erano mai state adoperate riunite in uno o più eserciti, così che apparisse la loro piena efficienza; il Regno italico, che meno di tutti ebbe le sue schiere sparpagliate, nel 1809 aveva nel Friuli e 2 divisioni di Guardia Reale (25 battaglioni e 6 squadroni di cavalleria) accanto a 5 divisioni francesi di fanteria e 3 di cavalleria (65 battaglioni e 39 squadroni); e in Spagna 2 altre divisioni; nell'autunno 1813, alla dfesa del confine naturale giuliano, erano 4 divisioni, accanto ad altrettante francesi, mentre altre 2 si trovavano ancora in Spagna. Nel 1812 nella campagna di Russialil principe Eugenio comandava il IV Corpo d'armata, formato da 2 divisioni e una brigata di cavalleria del Regno italico (26.000 uomini) e 2 piccole divisioni francesi (14.000 uomini). L'esercito napoletano, restò praticamente diviso fra i contingenti mandati in Germania, e poi in Polonia e Russia, quelli in Spagna, e quelli necessari alla protezione del regno contro le minacce degli anglo-siculi e alle velleità di conquista della Sicilia, contro il brigantaggio e l'insurrezione, mal doma in Calabira e sepre latente nel resto del reame. Una divisione e mezzo in Germania e in Polonia, una e mezzo in Spagna, 3 nel regno, oltre a varie migliaia di guardie nazionali; ma pur sempre con truppe francesi accanto a loro; nel 1810 per l'impres di Sicilia erano riunite 3 divisioni francesi e 2 napoletane. Gli italiani, guardati sulle prime d'alto in basso dai commilitoni d'oltralpe, o la più con benevola sufficienza, si i imposero ben presto ai primi soldati del mondo. Vari reggimenti divennero allora famosi, come il 111° fanteria di linea, di piemontesi, il 113° di toscani, il 26° cacciatori a cavallo, di piemontesi.
Reggimenti italiani erano nel 1805 ad Austerlitz, l'anno dopo a Jena e ad Aurestadt, nel 1807 a Friedland, due anni più tardi a Wagram. Nella campagna di Russia si trovavano a Smolensk 4 reggimenti imperiali, tutti d'elementi italiani fra cui il 111° sempre in prima linea, e i cui soldati si battevano con l'usato valore di una lunga e difficile lotta alla Moscova. Qui si distinguevano le truppe dei vicerè, che conquistarono la grande ridotta di Borodino, ove primo entrava Cosimo del Fante. All'inizio della tremenda ritirata, a Majolaroslavec, le truppe del Regno italico si battterono magnificamente, e poi ancora a Vjazma; impedendo che i russi s'incuneassero fra il corpo del principe Eugenio e quello del Davout di retroguardia, e di nuovo a Krasnoj, ove moriva Cosimo del Fante. Alla Beresina la Guardia Reale era ridotta a 500 uomini, e quivi combattevano pure i resti del spuerbo 111° e altri 5 reggimenti imperiali d'italiani. E dopo Vilna 9000 napoletani proteggevano l'ulteriore ritirata, fra cui 5 superbi squadroni di cavalleria, di scorta all'imperatore, e interamente sacrificati! Dei 26.000 combattenti del Regno italico alla fine a mala pena un migliaio riuscivano a porsi in salvo!
Nel 1813 si battevano il 20 maggio a Bautzen il 137° e il 156° di linea, formati, nell'affannoso bisogno di ridar vita alla Grande Armata, con guardie nazionali piemontesi genovesi, toscane, romane nonché il 4° leggero napoletano. Nell'agosto le truppe italiane si trovano alla battaglia di Dresda, poi col maresciallo Macdonald contro i prussiani del Blücher, e col maresciallo Mey contro gli svedesi di Bernadotte. A Lipsia, le truppe italiane si mantengono salde; e la divisione Fontanelli riesce a conservare Lindenau, tenendo così aperta l'unica via di ritirata ai francesi, e la stessa a poche centinaia d'uomini! E dal 22 gennaio al 29 dicembre del 1813 i napoletani, insieme con toscani e genovesi del 113° reggimento francese, contribuivano gloriosamente alla difesa di Danzica contro russi, prussiani, svedesi, ed elementi italiani erano alla difesa di Stettino, Thorn, Torgau.
La partecipazione degl'italiani alla guerra di Spagna, guerra aspra e diffcile, contro un popolo inferocito, in cui amore per la libertà e odio verso lo straniero giungevano al parossismo. Si segnalavno specialmente 2 divisioni del regno italico, combattendo in Catalogna prima, poi in Aragona e nella Navarra: dopo un anno di lotta, nel settembre 1809, la divisione Lechi da 7.000 uomini era ridotta a 317! Gl'italiani paretciparono ai famosi assedi di Gerona, di Tarragona (ove moriva eroicamente il granatiere piacentino Bianchini, il 29n giugno 1811, alla testa d'una schiera scelta di 30 granatieri francesi), di Sagunto, di Valenza; e nel frattempo e in seguito si trovarono entro le maglie di una guerriglia sempre più implacabile: truppe regolari spagnole, inglesi, popolazione cittadina pronta a tutti i sacrifici, e poi, nelle retrovie, sui fianchi, alle spalle, ovunque, le bande degli insorti. La situazione si faceva, col passare degli anni, sempre più difficile e grave; specialmente tremendi per i combattenti di Spagna gli anni 1812 e 1813, e tali da far poco rimpiangere la sorte di chi combatteva in Russia e in Germania; molte forze erano state richiamate appunto per la grande spedizione contro lo zar, e l'insorgenza spagnola, aiutata da inglesi, portoghesi, siciliani e delle forze regolari spagnole, vinte in otto battaglie ma non mai distrutte, si mostrava sempre più implacabile, rompendo i collegamenti, tagliando i viveri, massacrando distaccamenti isolati e in marcia; e le forze, che via via dovevano retrocedere verso il settentrione della penisola e verso i Pirenei, erano premute da tutte le parti, affamate, assetate, esauste. Gl'italiani si trovavano a lottare contro i più inesorabili capi dell'insoegenza, quali il Mina, l'Arzuelo, l'Empecinado, il Capillo, il Villacampa, per non ricordarne che alcuni. Gl'insorti ben di rado faccevano prigionieri, potevano non esserlo più in momenti di grave difficoltà, o erano destinati a morire di fame e di stenti, di sfinimento di rovinose marce, di sofferenze insomma e privazioni d'ogni sorta in una orrenda cattività.
Non solo truppe del Regno italico dellesercito napoletano, ma italiani nei reggimenti francesi combattevano la terribile guerra Il 31° di linea, si segnalava a Talavera nel Portogallo, il 21° all'assedio di Tarragona, ma i reggimenti impegnati nella dura lotta erano una decina. Quanto ai napoletani, su più di 32.000 spediti nella penisola iberica, ne tornarono 9.000! Gl'italiani avevano mostrato tenace fedeltà a Napoleone proprio nel 1813. Purtroppo, per strana ironia della sorte, s'erano battuti in Germania e in Spagna, contro la guerra di liberazione dei popoli, quella strana guerra in cui la reazione europea poteva eccitare il sentimento nazionale contro il despota d'Europa! Gl'italiani avevano ben affermato le loro capacità militari, e numerosi generali s'erano resi illustri: italiano lo stesso Napoleone, e il più illustre dei suoi generali, il Massena, e poi una lunga serie: i piemontesi Campana, Serras, Gifflenga, Rusca e Fresia, i lombardi Lahoz, Pino, i fratelli Lechi, Mazzucchelli, Bonfanti, Teilié, gli emiliani Fontanelli, Severoli, Zucchi, il toscano D'Ambrosio, i fratelli Florestano e Guglielmo Pepe, il Carascosa, e l'enumerazione potrebbe continuare. All'infuori di Massena, nessuno superò il grado d divisione, ma non era possibile andare oltre nell''esercito del Rego italico e in quello napoletano che non avevano corpi d'armata; e quelli chhe si trovarono nei reggimenti francesi, vi erano entrati troppo tardi per fare una grande carriera. Dopo Austerlitz, il trentasettesimo bollettino della Grande Armata diceva fra l'altro: <<L'Imperatore ha spessissime volte ripetuto "i miei popoli italiani ricompariranno gloriosamente sulla scena del mondo. Pieni di spirito e di passione, essi possiedono tutte le doti e le qualità necessarie per essere ottimi soldati". I cannonieri della Guardia Reale italiana, alla battaglia di Austerlitz, si sono coperti di gloria ed hanno meritato l'ammirazione dei più vecchi cannonieri francesi. La Guardia Reale ha sempre marciato colla Guardia Imperiale e si è mostrata dappertutto degna di lei>>. E il 1° novembre al generale Fontanelli, che s'accingeva a tornare in patria coi resti della sua divisione, cui s'erano aggiunti tutti gl'italiani superstiti della Grande Armata, diceva: <<La loro fedeltà intemerata... la loro intrepida condotta, la costanza dimostrata fra i rovesci e le sventure di ogni specie, mi hanno grandemente commosso. Tutt ciò mi ha confermato che bolle sempre nelle vostre vene il sangue dei dominatori del mondo... Io partecipavo al giudizio di distima verso le truppe napoletane: esse mi hanno colmato di meraviglia a Lutzen, a Bautzen, in Danzica, a Lipsia e a Hanau. I famosi Sanniti, loro avi, non avrebbero combattuto con valore>>. Il generale inglese Wilson, il quale nel 1814, in Mantova, ebbe a dire a un gruppo d'ufficiali italiani e austriaci: <<L'esercito italico a Malojaroslavec mi sorprese per suo eroismo: 16.000 di quei bravi ne batterono 80.000 dell'esercito di Kutusov>>.
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