Storia militare d'Italia
Il risveglio guerresco italiano (1796-1815)
L'Italia nel 1815
Napoleone Bonaparte
Gli accordi e i patti del 1814-15 che coronavano la fine d'un periodo di ventidue anni di guerre quasi ininterrotte, sanzionando per l'Italia, fra la generale stanchezza, il triste tramonto d'una lunga serie di sacrifici e di speranze, ponevano i nostri patrioti nuovi e più gravi problemi. Le rosee speranze, del triennio 1796-98, d'un'Italia libera e unificata, seranze ancora alimmentate nel 1813-14 dai mendaci problemi degli alleati, erano svanite del tutto con lo scioglimento dell'esercito del Regno italico nell'estate del '14 e lo sfasciamento dell'esrcito napolteno nel maggio '15, dopo la battaglia di Tolentino. Sacrificata alla pace europea era stata, dopo la Polonia, proprio l'Italia. I diplomatici cui si dovevano i trattati del '15 avevano inteso d'assicurare la tranquillità del continente, interponendo tra Austria e Francia una lunga fascia di Stati cuscinetti del mare del Nord al Mediterraneo. L'Italia aveva più che mai fatto le spese, che l'Austria era stata compensata largamente nella nostra penisola della sua rinunzia definitva al Belgio. Al predominio spagnolo, era subentrato in Italia il pesante predominio austriaco. Per l'Italia la pace europea rappresentava l'inizio d'una più dura servitù, resa più grave e dolorosa dalla costatazione dell'inutilità dei passati sacrifici, e proprio allorquando il sentimento nazionale sembrava aver fatto tanti progressi, affermandosi in larghi strati della popolazione.
Nel trattato di Aquisgrana del 1748, nel periodo in cui si è soliti rilevare una rinnovata coscienza negl'italiani, una crescente insofferenza del dominio straniero, una brama d'autonomia, d'indipendenza, di liertà, un desiderio vivo di ricollegarsi al passato glorioso dopo altri due secoli di servitù, e di partecipare sempre più intensamente alla nuova vita spirituale europea: il sentimento di risorgere dopo la lunga prostrazione; e ciò anche se le nuove migliorri condizioni erano frutto, più che d'una straordinaria virtù, d'una serie di fortunate contingenze nello sviluppo della politica europea attraverso le sue guerre d'equilibrio. Nel 1748, le uniche parti d'Italia soggette allo straniero erano l'odierna Lombardia, meno le provincie di Bergamo e Brescia e la città di Crema, posseduta in gran parte dalla Svizzera; il Trentino e l'Alto Adige, appartenenti all'Impero o a Casa d'Austria, e la contea di Gorizia e di Trieste, domini di Casa d'Austria. La Svizzera possedeva ancora la parte del ducato di Milano occupata al principio del secolo XVI, durante la terribile crisi che aveva trascinato il florido Stato alla perdita dell'indipendenza; e la Casa d'Austria proseguiva nella sua lenta opera d'accerchiamento e di penetrazione ai danni della repubblica di Venezia. Lo Stato sabaudo si era venuto estendendo nella Lombardia austriaca fino al Ticino; e se l'Austria aveva indubbiamente una forte posizione in Italia gli italiani potevano compiaccersi nel rilevare che Francia e Spagna erano definitivamente escluse da ogni dominio diretto sul nostro paese; non solo, ma a uno Stato italiano, ossia a Venezia, appartenevano la Dalmazia le isole Jonie; e il Piemonte si estendeva oltre le Alpi nella Savoia; e a un altro Stato italiano, quello del papa, apparteneva al di là delle Alpi, in terra francese, la contea d'Avignone. La Toscana. aveva perso da non molto la sua dinastia, e si trovava sotto una reggenza che governava in nome dei nuovi sovrani stranieri; e Napoli e la Sicilia avevano sì il loro sovrano, ma il ramo dei Borboni di Spagna e pur sempre legato a questa potenza; non v'era però da dubitare che le dinastie impiantatesi da poco in Italia si sarebbero ben presto acclimatate; perdendo il loro carattere forestiero. S' iniziava intanto un lungoo periodo di pace benefica e di prosperità, di riforme e di progresso spirituale.
Coi trattati del 1815, gl'italiani, nonché vantare possessi oltremonte e oltremare, vedevano l'Inghilterra signora della Corsica, secolare dominio di Genova; ma, dovevano mirare dolenti e sgomenti quell'Austria che tante volte, sotto le bandiere francesi o del regno Italico o di quello di Napoli, avevano vinto, cresciuta straordinariamente, padrona di tutto il territorio dell'antica gloriosa repubblica di San Marco, con la Venezia, l'Istria e la Dalmazia; in possesso della Valtellina con Chiavenna, per tre secoli dei Grigioni; forte del diritto di guarnigipne al di là del Po. a Piacenza, a Ferrara e a Comacchio, e con principi austriaci a Parma, a Modena, in Francia. Era il funzioonamento medievale della penisola, proprio quando la tendenza generale portava alla formazione di grosse unità statali. Napoleone mai aveva voluto l'unità d'Italia, ma sotto il regime napoleonico l'Italia aveva pur ritrovato, dopo tanti secoli, una parvenza d'unità. All'infuori infatti della Sardegna, e della Sicilia, asilo dei Borboni e presidiata, insieme a Malta, dalla Gran Bretagna, tutta l'Italia era francese e divisa in sole tre parti: 1) le provincce annesse alla Francia (Piemonte, Liguria, Parma, Toscana, Umbria, Lazio), alle quali si potevano aggiungere le terre italiane facenti parte delle province illiriche, vera marca di confine del rinnovato impero di Carlo Magno (Gorizia, Trieste, Fiume e la Dalmazia); 2) il Regno Italico, unito per unione personale all'imperatore dei Francesi e governato dal vicerè suo figliastro (Lombardia con Alessandria, Novara e la Valtellina, Veneto, Trentino, Alto Adige fin poco sopra Bolzano e Merano, Modena, Legazioni, Marche); 3) il regno di Napoli dato al cognato di Napoleone, Gioacchino Murat. E, anche le parti in cui risultava divisa l'Italia erano fra loro ben poco separate; lo stesso sistema amministrativo: unità legislativa, uguaglianza di tuti i cittadini davanti alla legge, libertà privata, libertà di coscienza in questioni religiose, secolarizzazione dei beni ecclesiastici, queste caratteristiche del regimme francese erano comuni alle varie parti d'Italia e indubbiamente avevano preparato il terreno all'unità politica vera e propria.
Bisognava ricominciare da capo. Pure uno Stato usciva ingrandito e rafforzato dala guerra e dalla lotta diplomatica che l'aveva conclusa ed era il Piemonte, l'unico Stato militare della penisola, ingrandito di Genova e della Liguria. Esso aveva dovuto rinunziare alla Lombardia, la grande aspirazione di Savoia; e minacciato da vicino alla preoccupane espansioe austriaca, era porrtato ad essere il naturale avversario dell'Austria, non solo per desiderio d'espansione e per sentimento patriottico della parte migliore della sua classe dirigente, ma per elementare necessità di difesa. Il Piemonte assumeva ora la stessa psizione che la repubblica dii Venezia aveva naturalmente assunto di fronte alla Spaagna, dopo la pace di Cateau-Cambrésis nel 1559.I vent'anni di lotte trascorse avevano rivelato in larga misua le risorte virtù militari degl'italiani e la loro capacità insurrezionali.
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