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mercoledì 17 ottobre 2018

L'Inquisizione in Italia. La nuova organizzazione dell'ufficio inquisitoriale

L'INQUISIZIONE IN ITALIA 

L'eliminazione degli ultimi catari nel secondo Duecento

La lotta finale contro i catari

La nuova organizzazione dell'ufficio inquisitoriale



La nuova organizzazione della rete inquisitoriale in Italia fu stabilita da Innocenzo IV con la lettera Cum super inquisitione dell'8 giugno 1254. Vennero istituiti sotto grandi distretti: Lombardia e Regno di Napoli affidati ai domenicani; Marca trevigiana, Romagna, Tosccana, Umbria, Lazio affidati per la prima volta ai frati minori. I motivi di questa sostituzione dei domenicani con i francescani nella maggior parte delle sedi inquisitoriali non sono chiari: forse si cercava di avviare in questo modo alla ostilità che i primi avevano suscitato con il loro rigore, forse il papa voleva servirsi anche della popolarità e della competenza dei secondi nella lotta così importante contro i catari. Il <<progetto di persecuzione sistematica dell'eresia>> atuato da Innocenzo IV infati utilizzò le strutture provinciali degli ordini mendicanti, accomunando la responsabilità dei priori e ministri provinciali e degli inquisitori e determinando la fine pratica di quella poca collaborazione tre vescovi e inquisitori che pur c'era stata. Ora gli inquisitori venivno in genere nominati dai superiori provinciali e cominciavano a operare come titolari di una struttura istituzionale interna all'ordine. 
Nella Lombardia domenicana, che si estendeva da Bologna a Ferrara fino alla Marca di Genova e al Piemonte, oltre naturalmente alla odierna Lombrdia, all'inizio gli inquisitori erano quattro, ma nel 1256 con la bolla Olim presentientes felicis furono portati a otto e furono dotati di uuna maggiore autonomia nei confronti dei vescovi. Nel Regno di Napoli, Campania, Abruzzo, Puglia, Calabira e Sicilia, l'azione antiereticale fu proomossa da Carlo d'Angiò dopo la battaglia di Benvenuto nel 1268 con l'appoggio concesso a quattro inquissitori domenicani, seguendo le linee adottate nel Tolosano dal fratello Alfonso, conte di Potiers e Tolosa, ce aveva fatto riservare le entrate delle confische inquisitoriali alle cose regie. 
Nella Marca Trevigiana, che comprendeva tutto il Veneto e il Friuli, si ha notizia di due inquisitori nominati a Venezia nel 1251, ma in realtà l'innquisitore poté operare nella capitale della Serenissima Repubblica soltanto dal 1289. Il papa delegò i francescani per tutta la provincia nel 1254, ma solo dal 1262 si ha l'elenco dei loro nomi. 
Nella Romagna vi fu un solo inquisitore fino al 1259, poi due. Anche nelle Marche l'inquisitore fu unico fino al 1258, e in seguito i documenti pontifici si rivolgono agli inquisitori al plurale. In Toscana il papa nel 1254 autorizzò il provinciale a nominare due inquisitori, ma si conoscce il nome di uno di loro  solamente nel 1258. fra Giovanni Oliva, che fu molto attivo tr Siena, Montieti, San Gimignano, Firenze, altri inquisitori sono nti più che altro per i contrasti con i comuni di orientamento sia gibellino sia guelfo. Nel Lazio gli inquisitori furono due fin dall'inizio e in Umbria a partire dal 1258, talvolta avevano competenza sulle due province, come fra Andrea da Todi, attivo tra 1259 e 1262. Particolare rilievo ebbe l'attiva di fra Bartolomeo da Amelia e fra Benvenuto da Orvieto nel 1268-1269 a Orvieto: essi emisero sentenze contro 87 persone tra perfetti catari, credenti, fautori e ricercatori di eretici recidivi; le pene inflitte comprendevano inabilitazioni, confische di beni, multe, pellegrinaggi, distruzione delle cose, bando, carcere, ma nessuna condanna capitale. 
In generale si può rilevare una ritrosia iniziale dei francescani a impegnarsi nel nuovo compito: durante il generalato di fra Giovanni da Parma (1247-1257) presero parte all'attività inquisitoriale solo marginalmente, mentre vi furono pienamente implicati durante il generalato di fra Bonaventura (1257-1274), soprattutto a partire dal 1258. Alessandro IV nei due anni e mezzo che seguirono questa data rivolse oltre ottanta bolle agli inquisitori francescani, segno che solo allora questi sostituirono veramente i domenicani nei distretti loro assegnati. L'appoggio pieno dei francescani nella lotta contro i catari dipese probabilmente da più fattori: dalla volontà di cancellare ogni dubbio di eterodossia, dopo che lo stesso fra Giovanni da Parma era stato accusato di gioachinismo, dalla durezza con cui la Bonaventura trattava le questioni della fede e da una probabile ambizione ed emulazione nei confronti dell'altro ordine mendicante. Le scelte di fra Bonaventura furono condivise dall'ordine, che cercò a ogni modo di stabilire dei controlli sul potere degli inquisitori, come dimosrano le norme approvate nel capitolo generale di Lione del 1272: esse prevedevano che gli inquisitori rendessero conto delle entrate e delle spese dell'ufficio ai capitali provinciali, rafforzando così i legami istituzionali tra inquisitori e ordine. 
Non è facile delineare quale fosse in concreto l'atttività repressiva esercitata contro i catari e gli altri eretici. Nella generale carenza di studi sistematici sull'Inquisizione medievale in Italia, sembra accertato che i casi di grande attività come Orvieto o a Verona fossero sporadici, e che solo raramente i processi si concludessero con i roghi. Gli storici tuttavia oscilano tra il ritenere <<piuttosto modesta>> l'attività corrente degli inquisitori, punteggiate da scontri con le autoità secoolari, e il ritenerla sostenuta e decisa. L'opposto giudizio dipende da opzioni generali diverse, ma ance da una diversa valutazione degli stessi scarsi documenti. E' molto utile quindi entrare nel dettaglio per vedere direttamente quali sono i dati disponibili.

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